In piena stagione natalizia, il 19 dicembre 1974 approda nelle sale italiane un film che sa di sole, sabbia e sale – e che diventa ben presto uno dei maggiori incassi dell’anno ‘74- ‘75: è Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto di Lina Wertmüller, già conosciuta al grande pubblico per le sue commedie amare grottesche. Un’opera che non verrà particolarmente amata dalla critica italiana che d’altronde fino ad ora ha sempre snobbato la regista romana.
Travolti esce però lo stesso anno della strage dell’Italicus, in un paese nel pieno degli anni di piombo (con i quali questo film sembra saper dialogare in modo straordinario), coniugando il discorso sull’attualità al genere sentimentale in maniera inedita e anticipando il grande successo dell’autrice all’estero.
Una regista talentuosa

Nel 1974 Lina Wertmüller operava dietro la macchina da presa già da più di dieci anni, formatasi come segretaria di edizione e facendo esperienza come aiuto regia di Fellini ne La dolce vita e in 8 ½. L’esordio alla regia arriva con I basilischi (1960), figlio di quella sorta di nouvelle vague italiana che prende vita dalle ceneri del neorealismo. Siamo negli anni del superspettacolo d’autore e della commedia all’italiana, un periodo florido per il cinema italiano e la sua esportazione all’estero: proprio da questo contesto si muove Wertmüller, dal musicarello con Rita la zanzara (1966), dove inizia la collaborazione con Giancarlo Giannini, alla co-regia dello spaghetti western al femminile Il mio corpo per un poker.
È però con Mimì metallurgico ferito nell’onore che Wertmüller si consolida come autrice: qui infatti vengono condensate tutte le caratteristiche che la renderanno riconoscibile nel tempo, a partire dai lunghi titoli, il gusto per la satira, la critica politica feroce, l’esplorazione dei rapporti di genere e soprattutto la solida collaborazione con Giannini e Mariangela Melato.
Travolti da un insolito compromesso storico

È indubbio che l’opera sia tra i film più celebri e di successo di Wertmüller nel mondo: a testimoniarlo è il poco fortunato remake statunitense diretto da Guy Ritchie con Madonna e Adriano Giannini. Questo trionfo, specialmente in America, proviene dall’inedita rappresentazione dei rapporti di genere e dei rapporti di potere in chiave politica. La convivenza forzata tra due personaggi dichiaratamente avversi si fa metafora: uno spettro che infesta la politica italiana del tempo, il cosiddetto compromesso storico citato letteralmente da Raffaella – quasi profetica: “Fanfani col cavolo che ve lo fa fare il compromesso storico!”.
Ai tempi sembrava quantomai necessario che comunisti e cattolici unissero le forze contro il seme del fascismo in un’epoca di disordini sociali e attentati. La borghese è scettica, critica il conservatorismo culturale di un certo comunismo restio alla legge sull’aborto, mentre in uno dei primi dialoghi l’amico interpretato da Eros Pagni critica invece il dominio a oltranza della DC e lo sfruttamento perpetuo della classe operaia. Un gioco di opposti: Raffaella/Gennarino, nord/sud, liberale/comunista, emancipazione/maschilismo, che trovano un punto comune nella lotta per la sopravvivenza e instaurano un rapporto di amore e di co-dipendenza. La critica politica e sociale, spietata e cristallina, si intreccia in Travolti a una sorta di commedia romantica degli opposti, dove i rapporti di potere si ribaltano e così (doppiamente) anche i ruoli di genere.
La riflessione sui rapporti di genere

Quello della regista è forse uno dei film più allegorici ed espliciti nella riflessione di genere. Il contesto storico in cui nasce il film è quello delle grandi lotte femministe e delle grandi conquiste del movimento – proprio nel 1974 arriva il referendum sul divorzio. Un momento di grande riflessione sulla condizione della donna, tema tanto caro alla Wertmüller che lo ha sempre messo in scena a modo proprio. Sfruttando la tensione dei rapporti di genere, l’autrice rivela le ipocrisie della sinistra dell’epoca, mostrando sempre attraverso il grottesco e l’esagerazione dei caratteri: un nord Italia ricco e benestante, governato dalla disinibizione e dal libertinaggio dei costumi sessuali, contro un sud Italia fortemente povero (quindi retrogrado) e alquanto misogino.
Questi due opposti certo stereotipati e semplificati a scopi comici servono per evidenziare le differenze di un Paese diviso e ancora arretrato nella visione della donna come soggetto libero. Sull’isola deserta inizia il ribaltamento dei ruoli (politici), dove la ricca Raffaella si trova costretta per sopravvivenza a sottomettersi al comunista Carunchio, che non appena capisce di detenere un potere (ancora politico) ricalcherà le dinamiche di oppressione subite dalla sua classe (facendosi chiamare “padrone” e “signore”, dispensando schiaffi in una sorta di “riparazione di guerra”).
È infatti molto difficile leggere il film senza tenere conto della metafora politica sulle tensioni di quegli anni, ma rimanendo su un piano di gender il film sembra alludere anche all’idea di un uomo moderno attratto dalla donna liberata ed emancipata (Gennarino è chiaramente fin da subito attratto da Raffaella, pur odiandola), ossessionato all’idea di possederla e di rinchiuderla in gabbia una volta “conquistata”.
Un fragile sogno d’amore

Come già accennato, il rapporto di dipendenza nato dalla necessità di sopravvivenza si fa metafora politica dell’alleanza tra liberali e comunisti contro la minaccia fascista che impera, negli anni di Piazza Fontana e Piazza della Loggia. Questo rapporto si fa poi anche presagio amaro di quello che accadrà per il resto del decennio tra vittorie effimere delle sinistre, il rapimento Moro e la strage di Bologna con la fine poi della grande ambizione. Tutto ciò serve a inquadrare il messaggio del film, che però si presta anche a una lettura sentimentale molto profonda: non è forse tipico degli amori importanti l’urgenza di unirsi?
Non è in fondo l’amore come la fame o la sete? In questo contesto Raffaella e Gennarino sono due star-crossed lovers, travolti da un amore tanto grande e profondo quanto destinato a estinguersi proprio come il sogno voluto da Berlinguer. Travolti si dipana come un film fortemente sensuale, disegnando con l’ironia due personaggi fuori dalle righe, obnubilati dalla passione, operando anche una riflessione sul potere in senso ampio. Due classi sociali diverse, due modi di vivere diversi e ancora opposti, due destini impossibili da coniugare realmente nell’Italia degli anni Settanta. Un amore che può generare solo sofferenza e disperazione.
Un capolavoro senza tempo

Il film di Wertmüller è la testimonianza unica di un cinema italiano che sapeva divertire e attirare le masse, ricalcando la contemporaneità con una satira tipica della commedia all’italiana. Un cinema che dialoga con l’attualità, tratteggiando un ritratto spietato delle ipocrisie di un’epoca – capacità ormai forse del tutto perduta. Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto è la voce di una donna che rilegge le contraddizioni di una società in evoluzione, dal politico al personale. L’epica di un modo di fare arte influente e complesso, anticipando di un anno il successo strabiliante di Pasqualino Settebellezze per il quale verrà candidata al premio Oscar, entrando nella storia.
In occasione del suo 50esimo anniversario il film è stato restaurato dal laboratorio Immagine Ritrovata della Cineteca di Bologna e presentato alla scorsa edizione della Mostra internazionale del Cinema di Venezia di fronte a un caloroso pubblico che (ri)vedendo il capolavoro ha potuto ancora apprezzare il talento e l’unicità di un’artista come Lina Wertmüller.