Sin dal suo esordio su grande schermo con Cado dalle Nubi, Checco Zalone ha saputo riscuotere un successo trasversale e dalle dimensioni impressionanti, diventando una figura di riferimento per tutto il mondo dell’intrattenimento italiano. Basti pensare che nelle prime sei posizioni della classifica dei maggiori incassi cinematografici in Italia, ben quattro sono occupate da film firmati da Zalone.
L’ultima fatica di Luca Medici, pur incassando più di 46 milioni di euro piazzandosi quinto nella suddetta classifica, ha diviso maggiormente il parere del pubblico e della critica, sollevando polemiche anche nel mondo della politica. Molto lo si deve, oltre alla natura stessa dell’opera che poi vedremo, agli ultimi minuti del lungometraggio. Per questo motivo oggi vi parleremo del significato del finale di Tolo Tolo.
Tolo Tolo: Checco Zalone che cambia
Il film arriva dopo la realizzazione di Quo vado?, titolo che ha incassato più di 65 milioni di euro diventando il secondo maggior incasso di sempre in Italia dopo Avatar e che, con i suoi 9 milioni di biglietti venduti, risulta essere il lungometraggio italiano più visto degli anni 2000.
Con Tolo Tolo Zalone sembra voler rispondere alle critiche che lo volevano troppo ancorato alla sua comfort zone, chiedendogli di assumersi più rischi.
La prima svolta arriva in cabina di regia dove non figura più il nome di Gennaro Nunziante, storico collaboratore e regista di tutti e quattro i film precedenti. Al suo posto lo stesso Zalone con il suo nome di battesimo Luca Medici.
Il secondo grande cambiamento riguarda la realizzazione della sceneggiatura. Oltre allo stesso attore (e ora regista), si aggiunge un nome nobile del cinema italiano contemporaneo come Paolo Virzì.
Il risultato è un film con ambizioni e valori produttivi non frequenti per il cinema di italiano e per ora unici in quello di Luca Medici. Viene mantenuto il consueto viaggio del personaggio di Zalone, immutabile nei modi e nei valori, che lo porta dalla sua provincia ad un altro luogo. Questa volta però il percorso del protagonista va a sovrapporsi e a coincidere con quello dei migranti africani.
La particolarità non risiede però esclusivamente nell’affrontare una tematica di stretta attualità e calda come quella dei fenomeni migratori. Zalone e Virzì infatti costruiscono il film senza perdere di vista le peculiarità del personaggio creato dal comico pugliese. Quindi nessuna santificazione, nessuno è esente da critiche e ironia. Non si salvano i migranti, presi in giro non per la loro condizione ma in quanto anch’essi umani e quindi non esenti da colpe e difetti. Ovviamente poi non vengono risparmiati i politici, i giornalisti con ambizioni da star, le associazioni umanitarie. Il bersaglio principale sono però gli italiani, con tutte le caratteristiche già presenti nei film precedenti e un’aggiunta di rigurgiti fascisti e ducisti che prendono corpo in vere e proprie riproposizioni di discorsi mussoliniani messi in scena dallo stesso Zalone.
Tolo Tolo è quindi un film sicuramente coraggioso ma non esente da difetti, i quali risiedono principalmente in una generale mancanza di equilibrio, in alcune ingenuità in cabina di regia e una gestione delle gag non sempre funzionale e un po’ ripetitiva. Un titolo che, al netto del successo al botteghino, si è portato dietro una lunga serie di polemiche, in parte dovute al tema centrale e in parte legate alla natura peculiare del finale del film.
Tolo Tolo: il discusso finale
Una volta suddivisi i migranti tra i vari stati europei tramite un vero e proprio sorteggio, scena che ironizza sulle discussioni europee nate in merito alla Convenzione di Dublino, Checco e alcuni suoi compagni di viaggio tra cui il piccolo Doudou sbarcano in Italia. La meta è Trieste, dove si tiene il Festival della Contaminazione e luogo in cui si trova il vero padre del bambino. Ci vengono mostrati vari stand della manifestazione, in molti dei quali ritroviamo personaggi precedentemente incontrati nel corso della storia. Finalmente poi Doudou si ricongiunge al padre e, dopo aver salutato e ringraziato Checco, il film pare giungere al termine. Subentra la voce fuori campo del protagonista a ricordare la sua natura di sognatore e simultaneamente vediamo arrivare in barca Idjaba vestita da sposa, pronta a un’ultima scena con tanto di dichiarazione d’amore, in una scena che pare evidentemente fuori contesto.
È questo il momento in cui cade il velo, sentiamo gridare stop e ci viene mostrato che il tutto non era altro che un film diretto dallo stesso Oumar, l’immigrato cinefilo che aveva accompagnato Checco durante buona parte del viaggio. Tra l’altro lo stesso Oumar bisbiglia alla sua assistente di regia che la scena con Idjaba vestita da sposa verrà tagliata, in un ulteriore dettaglio metacinematografico. Vediamo poi tornare in scena tutte le comparse viste fino a ora, in quello che assomiglia molto al saluto finale delle opere teatrali. Subentra poi Luigi Gramegna arrivato, al culmine della sua scalata di potere, al ruolo di Presidente della Commissione europea che insieme a Checco comunica a tutti gli immigrati che dovranno tornare al loro paese di origine. Gli animi si scaldano e qualcuno solleva una questione tanto banale quanto di difficile risposta: è una colpa nascere africani?
È qua che avviene l’ultima svolta finale di Tolo Tolo. Checco si fa carico di andare dai bambini a spiegare il perché sono nati in Africa e d’un tratto il film diviene un musical in tecnica mista (animazione e live action), dove il protagonista canta ai bambini, durante un viaggio in mongolfiera, la storia di questa cicogna strabica che porta i neonati in Africa un po’ per sbaglio un po’ per sua convenienza personale. La canzone termina con Checco che saluta i piccoli e gli dice che tornerà con i permessi di soggiorno per riportarli in Italia.
Un finale peculiare e coraggioso se si pensa la natura stessa di Tolo Tolo, ovvero un film nato per raggiungere incassi da record. Un titolo a suo modo unico, così come il suo autore.