Quello di Kelly Reichardt è un nome che forse conoscono in pochi, ma che all’interno dei circoli dei festival del cinema ha saputo imporsi per uno stile frizzantino e una costruzione degli archi narrativi e dei personaggi davvero invidiabile. L’interesse nei confronti della sua ultima opera era veramente alto, così come le aspettative – tant’è che, durante Il Festival del cinema di Cannes 2025, la fila per poter entrare in sala era tra le più lunghe di questa edizione. La visione è stata, quindi, all’altezza?
Spoiler: No. The Mastermind è un film troppo silenzioso e per larga parte sbagliato, con un incipit gradevole e delle ottime premesse, ma che si risolve con modalità infime, personaggi mal gestiti, un ritmo eccessivamente compassato e troppo poco da dire nell’ambito della tematica. Ma facciamo un passo indietro, così da spiegarvi il perché di questo flop.
Genere: Poliziesco, drammatico
Durata: 110 minuti
Uscita: tba (Cinema)
Cast: Josh O’Connor, Alana Haim
Un genio del male poco geniale

La prima mezz’ora di questa pellicola è davvero intrigante, con uno stile tutto suo (forse divisivo, ma decisamente curioso). Le musiche jazz\blues che ricordavano, per certi versi, quelle sentite in Twin Peaks di David Lynch facevano ben sperare per un prosieguo sempre più potente e, invece, è servito solo a rendere la visione ancor più soporifera. Non tutte le colonne sonore si adattano a ogni prodotto. La storia sfrutta ironicamente l’idea di un padre di famiglia che si reinventa ladro di quadri, ma che di Mastermind ha davvero poco – dato che si affida a due sgherri più ridicoli dei Gaspare e Orazio visti in La Carica dei 101.
Il film dovrebbe essere un neo noir thriller, ma non riesce a spiccare in nessuna di queste classificazioni. Per non parlare dell’arco narrativo del protagonista, che subisce una brusca interruzione già verso metà pellicola, facendo sì che la narrazione stessa risenta di questo deficit e, causa anche di un ritmo estremamente compassato (per non dire lento oltre ogni misura) porta inevitabilmente alla noia. Josh O’Connor è in parte e molto bravo, sebbene non troppo valorizzato, mentre la solitamente eccelsa Alana Haim è relegata a una particina di seconda categoria, la solita moglie funzione che parla poco e agisce ancora meno.
Tecnica confusa, contenuto bizzarro

Dal punto di vista tecnico, il film avrebbe tutte le carte in regola per brillare ma viene indebolito dagli eccessi di una regia a tratti più confusa che stravagante – tra movimenti improvvisi di macchina da presa e decisioni volutamente poco chiare nella messa in scena. Questo gioco di non detti, continuamente reiterato tra una sequenza e l’altra, risulta più straniante che coraggioso. Ma arriviamo al tasto più dolente di tutti: il perché di questo film. Generalmente ogni lungometraggio che arriva in sala, dalle produzioni d’autore ai grandi blockbuster, vuole raccontare qualcosa allo spettatore. Una tematica come il razzismo, il bullismo, l’autodeterminazione, la sanità mentale e tanti, tantissimi altri significati nascosti dietro ogni singola scena. O magari vuole evocare un sentimento, un’emozione o un pensiero. Sarebbe anche scontato aspettarsi un simile parallelismo nel momento in cui ci si approccia a un festival del cinema, in particolare uno importante come Cannes.
The Mastermind vuole sovvertire ogni schema, consegnando allo spettatore un frammento degli anni ’70 americani senza raccontare davvero nulla. Soltanto la storia di un uomo che mette a segno una rapina, fallimentare, e che si ritrova immerso in un’America in crisi. Nessuna tematica nascosta, anche ragionandoci sopra parecchio, nessun pensiero profondo, nessuna emozione. Soltanto un esercizio di stile (sebbene ci chiediamo quale) mettendo in scena un film vuoto e quasi inutile, con un ottimo incipit e poco altro. Decisamente tra le più grandi delusioni di questo Festival di Cannes.
Conclusioni
L'attesa per il film di Kelly Reichardt a Cannes 2025 era altissima, tant'è che la fila per entrare in sala era lunghissima. Purtroppo le aspettative non sono state mantenute. Nonostante un incipit molto interessante e uno stile accattivante, si perde troppo velocemente per diventare un film vuoto e inutile, con un casting mal sfruttato e una messa in scena tecnica senza senso.
Pro
- L'incipit è interessante
- Le musiche jazz donano una bella atmosfera
Contro
- Movimenti di macchina da presa insensati
- Ritmo troppo compassato dopo la prima mezz'ora
- Tematica alla base del film troppo poco chiara
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Voto ScreenWorld