The Blair Witch Project è un horror in stile found footage uscito nel 1999, scritto e diretto da Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez. I protagonisti – Heather Donahue, Joshua Leonard e Michael C. Williams – interpretano sé stessi. Si tratta di un finto documentario, il primo di questo genere, divenuto punto di riferimento per numerose opere successive, come la celebre saga di Paranormal Activity.
Scritto, diretto e montato da due cineasti esordienti – Myrick, trentacinquenne, e Sánchez, trentenne –, il film narra senza ironia, ma con un certo compiacimento autoreferenziale, la realizzazione di un documentario studentesco nei boschi del Maryland, dove secondo la leggenda vive una strega assassina.
Halloween nel bosco

Heather, studentessa e regista, è accompagnata dal cameraman Michael e dal fonico Joshua. Con zaini in spalla, si inoltrano nella foresta durante Halloween alla ricerca di riprese suggestive, in particolare di un cimitero che, secondo le storie locali, ospita le vittime della strega – per lo più bambini/e. Heather, ossessiva nel filmare, immortala ogni dettaglio: dai sacchetti di marshmallow acquistati per l’escursione, a un topo morto lungo il sentiero. La sua ostinazione irrita spesso i compagni, ma lei rivendica la serietà del progetto e l’importanza di documentare il più possibile. Custodisce una mappa, che consulta costantemente, mentre il gruppo si addentra sempre più nel bosco cupo e autunnale.
Ben presto i personaggi iniziano a notare segni inquietanti: mucchi di pietre e figure stilizzate appese agli alberi. Di notte, nella tenda, sentono grida indistinte provenire dalla foresta. Sebbene la fonte resti invisibile, la minaccia si insinua nelle loro menti. Heather minimizza: tutto ciò renderà il documentario ancora più avvincente. La tensione esplode quando Josh, esasperato dal carattere autoritario della regista, getta la mappa in un ruscello. I tre tentano di dirigersi verso sud, sperando di raggiungere una zona abitata, ma dopo sedici ore di cammino si ritrovano nello stesso punto. Quella notte, le urla nella foresta si fanno più vicine.
Il trio scompare

Alla fine, il trio soccombe alle oscure forze che lo circonda. Le uniche testimonianze della loro avventura sono le registrazioni ritrovate, montate per comporre il film. In linea con lo spirito del falso documentario, venne creato anche un sito web che presentava gli eventi come realmente accaduti.
Girato con un budget di circa 35.000 dollari, con interpreti sconosciuti e promosso come “storia vera”, The Blair Witch Project divenne, all’uscita nel 1999, un fenomeno culturale e commerciale. Il realismo è la chiave del suo successo: il film vive e muore nella capacità di convincere il pubblico che tutto ciò che vede sia autentico. Myrick e Sánchez lavorarono in due direzioni: da un lato, rendere plausibili le riprese; dall’altro, giustificare in modo logico ogni momento in cui la videocamera è accesa. I personaggi dovevano agire come persone reali, coerenti con sé stesse, evitando scelte artificiose. Sebbene questo possa sembrare scontato, qui la sfida era maggiore: in assenza di effetti speciali o sensazionalismi visivi, ogni incoerenza avrebbe spezzato l’illusione.
Per mantenere questa verosimiglianza, Donahue, Leonard e Williams furono effettivamente lasciati nei boschi a improvvisare, con indicazioni minime su dove andare e cosa fare. La spontaneità risultante è uno degli elementi più potenti del film. Inoltre, le riprese non sono mai gratuite: quando la telecamera è in funzione, c’è sempre una motivazione narrativa chiara. Molte altri casi di horror found footage hanno fallito proprio in questo aspetto.
L’immaginazione che riempie i vuoti

La struttura di montaggio è anch’essa cruciale: il film deve sembrare assemblato da una terza persona che ha ritrovato e unito le riprese. Alcuni dei momenti più inquietanti sono le ellissi, in cui intere ore non vengono mostrate, lasciando che l’immaginazione riempia i vuoti. Anche quando la videocamera è accesa, Heather continua a filmare in momenti di tensione, alimentando i conflitti tra i personaggi e contribuendo alla sensazione di autenticità.
Pur avendo una componente soprannaturale, l’orrore nasce soprattutto da suggestioni e atmosfere: non vediamo mai realmente nulla di esplicito. All’inizio sentiamo racconti degli abitanti del luogo e osserviamo segni enigmatici, ma la vera paura scaturisce dalla progressiva perdita di orientamento e di controllo. È proprio questa assenza di immagini dirette a generare un senso di terrore profondo e duraturo.
Benché il suo costo finale, dopo la postproduzione, salì a oltre 200.000 dollari, The Blair Witch Project ha incassato 48 milioni solo nella prima settimana, superando infine i 200 milioni e diventando uno dei film più redditizi nella storia del cinema americano, in proporzione al budget. Il suo successo, unito alla totale assenza di commento musicale, effetti speciali e star, ha suscitato un acceso dibattito critico. Cosa rappresenta per il cinema e cosa rivela, in particolare, dello stato d’animo dei/delle giovani che lo hanno decretato un cult?
La foresta viva e minacciosa

Non è un film di fantasmi, streghe o mostri nel senso tradizionale: parla di insicurezza e cattura con precisione la paura universale di perdersi nei boschi. Myrick stesso dichiarò: “Volevamo qualcosa con cui identificarsi… Vi siete mai persi nei boschi? Tutti conoscono quella paura”.
Molti/e studiosi/e hanno letto il film come riflesso delle ansie americane a cavallo del nuovo millennio, legandolo al clima di incertezza geopolitica. Secondo il professor Todd Boyd, l’assenza di un “nemico chiaro” dopo la Guerra Fredda rende più indefinito anche il concetto di male, spingendo verso un orrore intimo e personale. La scelta di uno stile grezzo e privo di scenografie tradizionali diventerebbe così un atto di riappropriazione della paura, riportandola “nelle nostre mani”.
Eppure, un elemento spesso trascurato è il ruolo della foresta stessa: non semplice sfondo, ma forza viva e minacciosa, come Moby Dick o lo squalo di Spielberg. La natura qui è un’entità ostile e indomabile, contrapposta alla civiltà. Engels ricordava che l’uomo non domina la natura come un conquistatore, ma ne è parte integrante, e il film sembra incarnare questa verità inquietante.
Forse le paure evocate dalla foresta in The Blair Witch Project riflettono inconsciamente timori reali, alimentati da una società segnata da squilibri ambientali e sociali. Il film, con la sua apparente semplicità e la complessità nascosta dietro di essa, rimane ancora oggi una lezione magistrale su come il cinema possa terrorizzare senza mostrare nulla.