Il 26 agosto 2020 debuttava nelle sale italiane, dopo alcuni necessari rinvii a causa dell’imperante pandemia, l’atteso Tenet, il nuovo film scritto, diretto e prodotto dal candidato all’Oscar Christopher Nolan; un autore dietro la macchina da presa che non ha bisogno di presentazioni e che in pochi anni è entrato di diritto nell’Olimpo dei cineasti più influenti nell’immaginario pop collettivo post-2000 grazie ad alcuni titoli come Il Cavaliere Oscuro, Inception ed Interstellar. Tenet di certo non è da meno.
Se Nolan è assurto nel tempo a maestro del cinema contemporaneo dell’inganno narrativo, dei meccanismi del plot twist e delle logiche non consequenziali dello spazio, del tempo e dell’intricata mente umana, Tenet ne è il titolo programmatico, proprio perché presenta al suo spettatore una struttura narrativa a tratti di grande complessità che non sempre risulta di facile comprensione, anche dopo innumerevoli visioni. Nella nostra spiegazione del finale di Tenet faremo un ripasso ed un’analisi del lungometraggio che risulta doverosa per quello che ad oggi è considerato tra i film più ambiziosi e criptici dell’intera carriera del regista britannico.
Di cosa parla Tenet?
Il film scritto e diretto da Christopher Nolan parte da premesse particolarmente stimolanti ed ambiziose, in pieno stile cinematografico del regista inglese: durante un attacco terroristico al Teatro dell’Opera di Kiev, un agente segreto semplicemente denominato “Il Protagonista” (John David Washington) partecipa ad una misteriosa missione di salvataggio e rinvenimento di un oggetto non identificato ma di grandissimo valore. La missione viene compiuta ma il nostro Protagonista si risveglia improvvisamente in mano ai russi per i quali lavorava sotto copertura, convinti di un suo tradimento. Pur di non morire torturato da questi ultimi, il Protagonista ingerisce una pillola avvelenata per suicidarsi, ma ciò non accade: improvvisamente si risveglia su una nave. Lì gli viene spiegato che la tortura era un test per avvalorare il grado di lealtà e fedeltà degli agenti sotto copertura e che presto avrebbe svolto una missione segreta a nome dell’organizzazione chiamata “Tenet”, nata per prevenire un’eventuale terza guerra mondiale causata da alcune armi e tecnologie che sembrano stranamente provenire dal futuro. Armi, come ad esempio i proiettili delle pistole, che riescono a muoversi letteralmente “all’indietro”, sfidando le leggi dell’entropia generale.
Proiettili che viaggiano nel tempo
L’organizzazione segreta si occupa di studiare ed analizzare la provenienza di queste armi altamente tecnologiche che sfruttano il plutonio 241 per invertire letteralmente il corso del tempo (in una scena, alcuni proiettili anziché cadere sul tavolo, tornano indietro nella mano di chi li ha lanciati, invertendo così la consecutio tra causa e conseguenza). L’inversione entropica è presto spiegata: oggetti e persone possono muoversi letteralmente nel senso opposto al tempo lineare, ma per l’invertito il tempo scorre normalmente, nonostante tutto. Una possibilità tecnologica questa, che nelle mani sbagliate potrebbe non soltanto far scoppiare una probabile terza guerra mondiale ma annientare l’umanità per sempre. Il Protagonista si alleerà con Neil (Robert Pattinson) per fermare l’oligarca russo Andrei Sator (Kenneth Branagh), l’uomo dietro al commercio di queste armi, e cercando allo stesso tempo l’appoggio di Kat (Elizabeth Debicki), infelice moglie del russo. Ma qual è esattamente il piano di Andrei Sator che deve essere fermato prima che sia troppo tardi?
Il piano di Sator
Più avanti nel film sarà lo stesso Andrei Sator a rivelare il perché della sua scelta di commerciare in armi dal futuro: l’uomo ha un cancro al pancreas in fase terminale e lavora segretamente con un misterioso imprenditore che vuole invertire l’entropia del mondo cancellando gli errori fatali del progresso umano prima che sia troppo tardi per l’ecosistema terrestre a venire. Per fare questo a Sator serve soltanto l’ultimo pezzo dell’Algoritmo, un dispositivo creato nel futuro da una scienziata capace di invertire il tempo a livello globale, e non solo individuale. Spaventata dalle possibilità della sua scoperta, la scienziata del futuro divide l’algoritmo in nove pezzi e li spedisce nel passato “invertiti” in alcuni luoghi sicuri; uno tra questi è un deposito di armi nucleari dismesso che sarà il palcoscenico dello scontro finale.
A Sator serve individuare solamente l’ultimo pezzo dell’Algoritmo per attivare il processo che porterà non solo alla sua morte “poetica” (“se devo morire, allora che tutta l’umanità mi segua!”), ma alla cancellazione dell’umanità causata dall’inversione del tempo a livello globale (nel tempo “invertito” l’essere umano non è capace di respirare l’ossigeno autonomamente, provocandogli morte istantanea). Nel momento in cui l’ultimo pezzo dell’Algoritrmo verrà ritrovato, il braccialetto che misura i battiti cardiaci di Sator si attiverà causandone la morte e con essa un processo di inversione entropica globale dagli effetti devastanti. I nostri tre “eroi” dovranno viaggiare nel futuro attraverso i “tornelli” di Sator (delle vere e proprie macchine del tempo che permettono a oggetti e persone di passare da una realtà con linea temporale lineare ad una invertita) e bloccare il piano di Sator prima che sia troppo tardi. Questa è la missione che l’organizzazione Tenet ha affidato al personaggio interpretato da Washington.
Riusciranno i nostri eroi a salvare il mondo?
Ed ecco arrivare finalmente la spiegazione del finale di Tenet. Alla fine, i tre protagonisti decidono di attraversare il “tornello” e di invertirsi per tornare a momenti del futuro specifici per fermare il piano di Sator: Kat raggiunge il suo marito in barca, posticipando il momento della sua morte, mentre Neil e il misterioso protagonista senza nome si dirigono nella città fantasma russa Stalask-12 per impossessarsi dell’ultimo pezzo dell’Algoritmo e frenare l’Apocalisse imminente. La Kat del passato riesce a raggiungere il Sator del futuro e ad ucciderlo con le sue stesse mani, mentre Neil e il suo collega riescono nella missione. Ma la grande rivelazione arriva proprio nel finale, grazie ad un discorso che Neil fa al Protagonista a missione compiuta. È stato lo stesso Protagonista nel futuro ad ingaggiarlo ed è stato proprio lui a creare l’organizzazione segreta Tenet: la struttura a palindromo del film ora si schiude allo spettatore.
Dopo questo vero e proprio plot twist, l’epilogo di Tenet si conclude con il Protagonista che salva la vita di Kat e di suo figlio Max prima che vengano uccisi da Pryia, una donna di Bombay che lavorava per Sator e che adesso vuole far fuori la ex-moglie dell’oligarca perché a conoscenza del mistero dietro ai viaggi nel tempo. Come afferma perentorio il personaggio interpretato da Washington dopo il compimento dell’assassinio di Pryia, “missione conclusa”.
Chi lavora per chi?
La domanda che vi stare tutti chiedendo è: ma quindi il Protagonista ha accettato la missione all’inizio del film da parte di chi? Chi è l’uomo dietro all’organizzazione segreta denominata Tenet? La risposta, a questo punto dell’analisi del film di Nolan, è molto più semplice di quanto non voglia farlo pensare l’eccessiva complessità narrativa del film: ad ingaggiare il Protagonista del passato è lo stesso Protagonista, ma dal futuro, lo stesso che aveva ingaggiato Neil e che aveva offerto le sue conoscenze scientifiche a Sator, lavorando nell’ombra. In poche parole, per tutta la durata della missione, a sua insaputa, il Protagonista ha lavorato per il se stesso del futuro. Una struttura narrativa circolare molto ingegnosa che Nolan ha preso in prestito giocandoci un po’ da svariati reperti archeologici che tutt’oggi pare nascondano dei misteri non del tutto risolti: stiamo parlando dei quadrati del Sator e della loro natura palindromica.
Il quadrato del Sator
A cappello della conclusione circolare ed “auto-generata” del film che risolve il trucchetto dell’inversione temporale con un vero e proprio dialogo tra presente della narrazione e futuro dell’azione, vale la pena fare il punto su una delle ispirazioni per la costruzione rompicapo di Tenet realizzata da Christopher Nolan: il quadrato del Sator.
Il cosiddetto quadrato del Sator è un reperto archeologico con iscrizione latina in cui sono presenti le seguenti parole: SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS. La precisa giustapposizione di queste quattro parole crea un palindromo, ovvero quello che in grammatica è considerato un sostantivo, un aggettivo oppure una frase intera che può essere letta da sinistra verso destra o viceversa e rimanere esattamente identica (ad esempio, la stessa parola “tenet”). Praticamente, è il caso delle sopracitate quattro paroline magiche giustapposte che formano il “quadrato magico” che oggi può essere ammirato in varie località attorno al mondo, tra cui Pompei, Siena e nei sotterranei della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Infatti, se guardate bene il quadrato del Sator in alto, avrete sicuramente notato che al centro la parola “tenet” crea una cosiddetta croce palindromica.
La parola “sator” che in latino può essere tradotta come “coltivatore, seminatore” ma anche “creatore, padre” sembra sposarsi perfettamente con il ruolo narrativo che svolge il personaggio dell’oligarca russo di Branagh, mentre per quanto riguarda le altre parole del quadrato possiamo affermare che “tenet” corrisponde probabilmente alla terza persona singolare del verbo latino per “reggere, tenere”, mentre “rotas” è il plurale femminile per la ruota; “opera” può fare invece riferimento al verbo per agire, fare, mentre “arepo” è quello più misterioso e dibattuto dagli archeologi e dai latinisti, al momento senza una vera traduzione precisa, ma che pare possa fare riferimento all’aratro del coltivatore, del seminatore per l’appunto.
Il film è un palindromo
Nel film di Christopher Nolan, che alla fine dei giochi sembra proprio risolvere la sua fin troppo complessa struttura narrativa con la croce palindromica del quadrato magico, alcune di queste parole ritornano giocosamente in alcuni punti della trama: “Arepo” è il nome del pittore spagnolo il cui dipinto è stato acquistato da Andrei Sator dalla gallerista d’arte Kat (poi sua futura moglie), che allo stesso tempo, se letto al contrario, equivale ad “Opera” (il riferimento al Teatro dell’Opera di Kiev non sembra casuale). Inoltre, la parola “Sator” è l’esatto contrario di “Rotas”, che nel film è anche il nome dell’organizzazione capitanata dallo stesso oligarca russo. Un’ulteriore conferma di quanto il Tenet di Christopher Nolan sia, a tutti gli effetti, un palindromo cinematografico di rara forza narrativa che nonostante la resistenza della critica e di molta parte del pubblico, continuerà a far discutere di sé e dei suoi molteplici misteri nascosti ancora per molti anni a venire.