Classe 1975, un papà maori, una mamma di origini ebraico-russe e un cuore tutto nerd che ha da sempre pulsato per la sua terra natia, la Nuova Zelanda, dove è nato il 16 agosto dello stesso anno. Stiamo parlando di Taika Waititi, prolifico regista, sceneggiatore, attore e comedian che negli ultimi anni è tornato alla ribalta grazie alle sue irriverenti “capatine” dietro e davanti la macchina da presa nel Marvel Cinematic Universe e per l’Oscar vinto allo script adattato nel 2019 per il suo commovente Jojo Rabbit.
Un regista che sembra avere un futuro molto florido dietro la macchina da presa. A fine anno è prevista l’uscita di Next Goal Wins, con Michael Fassbender, ispirato all’incredibile storia di come la squadra di calcio delle isole Samoa venne sconfitta dall’Australia 31-0 ai Mondiali di Calcio del 2001. Altri progetti in via di sviluppo sono Tower of Terror e The Incal (il primo ispirato alla celebre attrazione di Disneyland, il secondo adattamento del graphic novel di Moebius e Alejandro Jodorowsky, entrambi in pre-produzione). Senza contare che Waititi ha da poco annunciato la volontà di realizzare in veste di regista e sceneggiatore un nuovo film nell’universo narrativo di Star Wars (aveva già diretto un episodio della prima stagione di The Mandalorian).
In occasione dell’uscita nelle sale italiane di Thor: Love and Thunder mercoledì 6 luglio, ripercorriamo la carriera dietro la macchina da presa del regista neozelandese. Un modo di ricordare ancora una volta quanto il suo cinema, recentemente “sporcato” dalle varie collaborazioni con Disney, Marvel e Lucasfilm, sia in realtà più autoriale di quanto non sembri all’apparenza e quanto la composizione della sua famiglia e l’infanzia ed adolescenza trascorse nel paese del continente australiano abbiano fortemente influenzato la sua poetica dietro la macchina da presa. Facciamo questo viaggio “a ritroso” e vediamo tutti i film di Taika Waititi, classificati e analizzati dal peggiore al migliore.
7. Thor: Ragnarok (2017)
Il 2017 è l’anno della consacrazione pop del Taika Waititi dietro la macchina da presa; il cineasta neozelandese prende in mano una saga cinematografica “problematica” come quella di Thor (il primo capitolo da solista per il supereroe di Asgard era stato diretto da Kenneth Branagh, il secondo, dimenticabile, da Alan Taylor) e la rivoluziona, trasformando il suo protagonista in un un eroe dalla vena insospettabilmente ironica. Grazie a un duttile Chris Hemsworth, a un cast di comprimari come Tom Hiddleston, Mark Ruffalo e Tessa Thompson, e alla new entry Cate Blanchett come inedita cattiva dark, Thor: Ragnarok era il terzo capitolo di cui aveva bisogno il supereroe Marvel. L’originalità e la visione innovativa di Waititi donano nuovamente linfa vitale al Marvel Cinematic Universe dietro la macchina da presa, tanto che il regista neozelandese viene riconfermato anche per Thor: Love and Thunder.
6. Thor: Love and Thunder (2022)
Ancor più ambizioso ed irriverente del capitolo precedente, Thor: Love and Thunder non bissa la brillantezza di Ragnarok, impegnato com’è a infarcire la narrazione di dialoghi e battute in pieno stile Waititi, eppure le riflessioni sull’idea di eredità, di famiglia, di appartenenza e soprattutto di devozione religiosa di questa nuova incursione fumettosa per il cineasta neozelandese valgono da sole il prezzo del biglietto. Il cast, tra l’altro, mantiene la promessa di alta spettacolarità, su tutti un’inedita Natalie Portman nei panni di Lady Thor e Christian Bale in quelli del vampiresco Gorr, villain multi-sfaccettato di cui da tempo aveva bisogno il Marvel Cinematic Universe.
5. Eagle vs Shark (2006)
Primo lungometraggio cinematografico dietro la macchina da presa per Taika Waititi e grande successo al Sundance Film Festival del 2006 dove viene presentato. Questo piccolo gioiello low-budget già presenta in nuce tutti i crismi del cinema di Waititi e ciò che gli è più caro raccontare: la Nuova Zelanda di provincia, due protagonisti (tra cui il sodale Jemaine Clement, che comparirà anche in innumerevoli progetti successivi del regista) spiccatamente nerd, asociali e incompresi. Impossibile non riconoscere un giovanissimo Taika Waititi alla ricerca di se stesso e di una sua voce nel mondo nelle vicende dei due teneri protagonisti. Il buon successo del film gli permette di realizzare nel 2010 un film da record di incassi.
4. Boy (2010)
Il suo secondo lungometraggio dietro la macchina da presa (e come interprete in un ruolo di rilievo) è Boy, presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival del 2010 con grandissimo successo di pubblico e critica. All’uscita nelle sale neozelandesi, Boy raggiunge la vetta massima degli incassi e lì diventa il più grande successo al botteghino di sempre. In Boy, Taika Waititi interpreta un padre spiantato e poco presente che torna a casa dopo tempo e che invece di prendersi cura di suo figlio Boy va alla sgangherata ricerca di un tesoro nascosto sotterrato da lui stesso moltissimi anni prima. Decisamente, il film della maturità artistica per Taika Waititi.
3. Jojo Rabbit (2019)
Il successo del 2017 ottenuto da Thor: Ragnarok permette a Waititi di realizzare il suo secondo lungometraggio con finanziamenti statunitensi grazie a Searchlight Pictures. Il film in questione è Jojo Rabbit, adattamento cinematografico del romanzo “Il cielo in gabbia” di Christine Leunens, presentato con enorme successo di pubblico al Toronto International Film Festival del 2019 e vincitore dell’ambito Premio del Pubblico; da lì si sono susseguiti moltissimi riconoscimenti, tra cui il Bafta e l’Oscar alla miglior sceneggiatura non originale. In questa divertente e commovente satira sul nazismo e l’indottrinamento dei totalitarismi sul pubblico più giovane, Taika Waititi veste gli esilaranti panni di un immaginario Adolf Hitler, miglior amico del piccolo Johannes (detto Jojo), nazista in erba che dovrà però rivedere le sue infantili convinzioni quando scopre che la madre nasconde da tempo in casa una ragazza ebrea. Nel nutrito cast, anche Scarlett Johansson, Sam Rockwell, Rebel Wilson e Thomasin McKenzie.
2. Vita da vampiro – What We Do in the Shadows (2014)
Il successo inaspettato di Boy nel 2010 e i record di incassi battuti al botteghino neozelandese di quell’anno spingono Taika Waititi a realizzare, quattro anni dopo, quello che ad oggi rimane uno dei suoi film più emblematici e compiuti: Vita da vampiro – What We Do in the Shadows. Assieme al suo sodale Jemaine Clemet, Waititi scrive e dirige un falso e ironico mockumentary ambientato a Wellington, capitale neozelandese, dove una fittizia troupe televisiva segue per una settimana la vita di un trio di vampiri della periferia cittadina: Viago, Vladislav e Deacon, tra vita notturna scatenata e imprevisti del “mestiere”. Un film sorprendente e vivace che ancora una volta viene presentato con enorme successo al Sundance Film Festival di quell’anno e che col tempo è diventato un vero e proprio oggetto di culto. Il trio di vampiri neozelandesi interpretati da Waititi, Clement e Jonathan Brugh hanno dato vita a due spinoff televisivi: Wellington Paranormal (2018) e la serie ancora in onda What We Do in the Shadows (2019-).
1. Selvaggi in fuga (2016)
Il 2016 è l’anno del più bel film scritto, diretto e anche interpretato da Taika Waititi, il sottovalutatissimo Selvaggi in fuga (Hunt for the Wilderpeople), storia quintessenziale per la poetica dietro la macchina da presa del cineasta neozelandese. In questo tenero e divertente film con protagonisti Sam Neill e il piccolo Julian Dennison, un bambino di città viene dato in affido a una famiglia di campagna, dove lega di più con la nuova madre che con il burbero marito della donna. Quando però un evento drammatico rischia di allontanare il piccolo Ricky dalla sua nuova famiglia, lui e il burbero Hector fuggono attraverso i boschi della Nuova Zelanda per non farsi prendere dai servizi sociali prima, e dagli agenti della sicurezza poi. Inaspettatamente, quest’avventura porterà il ragazzino e l’uomo a legare come non avrebbero mai immaginato. Un commovente gioiellino ancora fin troppo sottovalutato, ma che riesce mirabilmente a racchiudere molti degli stilemi e della poetica del cinema di Taika Waititi, con una scrittura dei personaggi precisa, onesta e particolarmente sentita, un cinema “semplice” dei sentimenti che oggi pare sempre più raro.