Dal 12 febbraio ritorna nelle sale italiane a quasi cinquant’anni dal suo debutto il capolavoro di Dario Argento Suspiria. Dopo Profondo Rosso, Cat People riporta al cinema un altro cult del maestro del brivido grazie al restauro in 4k della Synapse Film supervisionato dal grande direttore della fotografia Luciano Tovoli.
Suspiria è il film di Argento più famoso e amato nel mondo nonché uno dei più grandi film horror italiani. Ma a cosa deve questo successo? E perché è un film così rilevante ancora oggi?
Suspiria e il cinema italiano
Quando esce Suspiria il cinema italiano di genere è nel suo periodo di massimo splendore: gli anni Sessanta e Settanta danno la spinta al cinema di consumo, dove un riacquisito benessere sociale e una conseguente crescita degli spettatori richiedevano spettacoli più fruibili, lontani dal cinema d’autore che imperava in quegli anni. In questo contesto, le sale di seconda visione incassavano cifre stratosferiche e questo portava a una produzione massiccia di film di genere che erano quelli che attiravano maggiormente gli spettatori.
L’allentamento della censura cinematografica, l’evoluzione del gotico nel giallo e la sua contaminazione con le forme del fumetto e del cineromanzo portano con il tempo ad approdare all’horror più puro. A trent’anni Dario Argento cambia per sempre la storia del cinema con il suo debutto L’uccello dalle piume di cristallo (1970) che con la lezione di Mario Bava getta le basi del giallo che vira verso il thriller e addirittura lo slasher, in un momento in cui poi anche gli autori più impegnati come Elio Petri e Dino Risi si aprivano alla sperimentazione. Nasce quindi una fitta schiera di registi come Lucio Fulci e Sergio Martino che oggi sono autori horror a tutti gli effetti, ma che allora erano artigiani puri del genere destinati alle sale di seconda visione.
Tra mito e leggenda
Il cinema come macchina dei sogni si nutre spesso e volentieri dei suoi miti e delle sue leggende suscitati dalla sua forte capacità di suggestione. L’alone di mistero dietro il primo film horror vero e proprio di Dario Argento aleggia su una genesi alquanto tormentata: la sceneggiatura a quattro mani è scritta con la compagna attrice e autrice Daria Nicolodi, esperta di esoterismo, la quale condusse insieme al regista una lunga serie di ricerche basandosi com’è noto anche sul Suspiria de Profundis di Thomas De Quincey.
Le cronache riportano che nelle prime settimane di riprese iniziarono ad esserci problemi con le attrezzature e le pellicole, in alcuni giorni gli orologi della troupe si fermarono di colpo e sembra addirittura che a Monaco Luciano Tovoli, Argento e il direttore di produzione Lucio Trentini siano sfuggiti per un pelo a un attentato della Rote Armee Fraktion. Inoltre è celebre il racconto del regista riguardo gli anni tra il 1976 e 1977, un periodo di profonda depressione caratterizzato da frequenti meditazioni sul suicidio. Dunque come ogni horror di culto che si rispetti, Suspiria è entrato nel mito grazie anche a un autore che ha saputo portare avanti una narrazione leggendaria, un’intuizione anche di marketing che non aveva precedenti in Italia e che tuttora rimane praticamente un unicum per il nostro paese.
Luciano Tovoli e i Goblin
Con Suspiria Dario Argento dà vita a un’opera totale, maestosa, di quella grandiosità da kolossal statunitense ma con il Male a fare da padrone assoluto. Questo spettacolo monumentale è decisamente possibile solamente grazie a due elementi fondamentali, cioè la fotografia di Luciano Tovoli e la colonna sonora dei Goblin. Tovoli, che aveva lavorato già con Buñuel e Antonioni, sperimenta totalmente con il colore e con la pellicola a bassissima sensibilità, che nella fase di sviluppo poteva essere dipinta a piacimento dando forte risalto ai cromatismi del rosso, blu e verde, giocando anche con la percettività oculare umana. Il Technicolor di Suspiria, ispirato fortemente a Biancaneve, ha contribuito dunque all’atmosfera sensoriale corporea e materiale del film, supportata dalla colonna sonora stereofonica della band di Claudio Simonetti. Il sovraccarico sensoriale che ne deriva avvolge lo spettatore in un’esperienza conturbante che ha fatto sì che molti studiosi abbiano accostato il film alla poetica e all’estetica postmoderne, dove l’esperienza fisica e tangibile dello spettatore creando uno spettacolo che è il punto massimo dell’horror italiano degli anni Settanta.
Il mostruoso femminile in Suspiria
Tra Wiene a Torneur, passando per le opere di Escher, Suspiria è il primo film della trilogia delle Tre Madri dove l’elemento del mostruoso femminile è centrale in un’esperienza perturbante di eredità grandguignolesca. Il concetto della figura della strega abietta per eccellenza è qui di potenza assoluta. Le streghe, come anche confessa lo psichiatra alla protagonista del film, non fanno nient’altro che il male, è la loro stessa natura che è così legata all’abiezione e così raccontava anche Thomas De Quincey, il quale descriveva le tre madri come tre sorelle responsabili e custodi di tutto il male e il dolore presente sulla terra.
La scuola di danza è capeggiata effettivamente da tre madri, madame Blanch, miss Tanner e dalla Direttrice che non è altro che Helena Markos, la fondatrice originale della scuola di danza in realtà una setta dove si praticava magia nera. La figura della strega anziana quindi, qui moltiplicata per tre, è terrificante anche per il suo grembo mostruoso ormai infertile, ma che produce e genera ulteriore dolore. È quindi assolutamente interessante analizzare il film attraverso gli studi di genere sul cinema horror, in quanto Suspiria non ci fornisce appunto solamente figure femminili abiette, ma ci restituisce vittime comunque dotate di agency, spaventate ma coraggiose, e una final girl protagonista del tutto contemporanea.
Suspiria si configura quindi come capolavoro totale della storia del cinema horror italiano e mondiale grazie alla sua innovativa spettacolarità e alla narrazione fortemente sinestetica: lo stile, la forma registica, la fotografia, la colonna sonora sono solo piccoli tasselli di un’opera maestosa leggibile da infiniti punti di vista. La sua squisita contemporaneità ne fa un monumento del terrore senza tempo e anche un’occasione per riflettere sul passato glorioso del genere italiano che ha ancora tantissimo da insegnarci.
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