Correva l’anno 2019, e la collaborazione tra Marvel Studios e Sony Pictures per l’uso di Spider-Man – l’unico personaggio, a oggi, i cui diritti cinematografici sono ancora completamente in mano a terzi – rischiava di cessare dopo appena cinque film, nei quali l’amichevole Uomo Ragno di quartiere, interpretato da Tom Holland, aveva interagito con gli Avengers e compagnia bella. I fan si sono ribellati, e così ha fatto anche lo stesso Holland, portando i due colossi dell’intrattenimento a riaprire le trattative.
Il primo risultato del nuovo accordo è il film di cui potete leggere in questa recensione di Spider-Man: No Way Home, quarto capitolo per il grande schermo della Fase Quattro e terzo di una prima trilogia dedicata al personaggio all’interno del Marvel Cinematic Universe, ma anche parte di un progetto più ampio in casa Sony che dal 2018 porta avanti anche un proprio universo, anzi, un Multiverso che ruota intorno ai cattivi (vedi alla voce Venom) e alle infinite possibilità dell’animazione.
Spider-Man: No Way Home (2021)
Genere: Azione, Avventura
Durata: 148 minuti
Uscita: 15 dicembre 2021 (Cinema)
Cast: Tom Holland, Zendaya, Benedict Cumberbatch, Alfred Molina
Crisi d’identità
Avevamo lasciato Peter Parker (Tom Holland) nella peggiore situazione immaginabile: incastrato e smascherato da Mysterio, è ora considerato il nemico pubblico no. 1, esposto alla gogna mediatica anche quando emerge che le accuse non reggono sul piano strettamente giuridico. La sua vita privata è andata a farsi benedire, e non se la vedono molto meglio né MJ (Zendaya) né Ned Leeds (Jacob Batalon), ostracizzati in più ambiti a causa del loro legame con Spider-Man. E così, Peter si rivolge a Doctor Strange (Benedict Cumberbatch) con una richiesta: sarebbe possibile annullare gli effetti delle azioni di Mysterio? Il viaggio nel tempo è escluso, dato che Strange non ha più l’apposita Gemma, ma esiste un incantesimo capace di cancellare i ricordi. Detto, fatto, o almeno così credono i nostri amici: qualcosa va storto, complice la recente riapertura del Multiverso, e da altri mondi cominciano a emergere loschi figuri che sanno fin troppo bene del nesso tra Peter Parker e Spider-Man. Figuri che noi già conosciamo, trattandosi di gente come Otto Octavius (Alfred Molina), Max Dillon (Jamie Foxx) e Norman Osborn (Willem Dafoe)…
Uno e trino
Diretto ancora una volta da Jon Watts, prossimamente alle prese con i Fantastici Quattro, Spider-Man: No Way Home ha il compito di assolvere almeno tre funzioni: chiudere la prima fase dell’evoluzione di Peter Parker all’interno del MCU, ponendo fine agli anni liceali; alimentare le trame orizzontali del franchise Marvel (il Multiverso è parte integrante dei piani attuali) e di quello della Sony; e omaggiare quasi due decenni di Uomo Ragno al cinema, poiché è dal 3 maggio 2002 che il più famoso eroe della Casa delle Idee è un’icona del grande schermo (e guarda caso, il regista Sam Raimi è stato ingaggiato per il prossimo episodio delle avventure in solitario di Doctor Strange). Un equilibrio delicato che non sempre è mantenuto, e si percepisce un minimo di compromesso tra i due studios per preservare l’uso congiunto del personaggio: se da un lato è ragionevole supporre che la premessa fosse sempre parte del piano (e il ruolo di Strange, che ebbe una parte simile nei fumetti per ridare a Parker la sua identità segreta), dall’altro è facilmente intuibile come l’idea di far interagire il Marvel Cinematic Universe con i mondi di Raimi e Marc Webb possa essere stata una conditio sine qua non della Sony (vedi anche la presenza nei credits del produttore Avi Arad, estromesso dal franchise Marvel da anni).
È un inarrestabile giocattolone (in senso buono) che, tra alti e bassi, riesce a centrare l’obiettivo principale del divertimento grazie a un apparato action che, come nelle altre incarnazioni cinematografiche del Tessiragnatele, unisce in modo efficace pathos e humour. E al netto delle considerazioni di cui sopra sul compromesso, l’entrata in scena delle vecchie glorie ha un suo perché che trascende il fan service: ne trae beneficio soprattutto Foxx, che ai tempi di The Amazing Spider-Man 2 era penalizzato da una sceneggiatura altalenante e qui riesce a dare il giusto spessore ad Electro, ma anche Molina e Dafoe contribuiscono in modo importante alla componente introspettiva. È la seconda volta in altrettanti mesi che la Sony punta sull’effetto nostalgia, dopo il ritorno dei Ghostbusters, ma l’effetto è decisamente meno straniante in questa sede perché, a differenza di Jason Reitman, Watts e i suoi collaboratori non trattano ciò che è venuto prima come qualcosa che non è. Il rispetto per il passato c’è, ma la venerazione quasi mistica è accantonata, perché il film non perde mai di vista l’essenza drammatica di ciò che significa essere Spider-Man. Anzi, Peter Parker.
Giovani eroi crescono
Per i film precedenti la critica principale da parte di sedicenti fan del personaggio riguardava la presenza di altri eroi Marvel al suo fianco, in particolare Tony Stark (nonostante Spider-Man sia storicamente quello che più di tutti fa squadra con chiunque, al punto da avere per anni un mensile intitolato Marvel Team-Up), anche se entrambi i lungometraggi mettevano in evidenza le doti in solitario di Peter. Qui la cosa viene ribadita ancora di più, con la crisi di identità che consente agli autori di affrontare l’evoluzione psicologica dell’eroe in modo del tutto inedito sullo schermo, dandogli un arco narrativo che ribadisce, ancora una volta, l’importanza dei singoli eroi all’interno di quel grande progetto interconnesso che è il Marvel Cinematic Universe. E da quel punto di vista, nonostante lo zampino del Multiverso, questo è un episodio che pensa più in piccolo, concentrandosi non tanto su presente e futuro del grande franchise, quanto sullo status quo di Peter Parker e del suo alter ego nel momento presente e in vista di avventure future (sappiamo già che Holland dovrebbe avere una nuova trilogia tutta sua prossimamente). E con coraggio ribadisce ciò che era chiaro già nel 2017: il mondo Marvel può esplorare nuovi universi in assoluta libertà, ma il diretto interessato sarà sempre, innanzitutto e soprattutto, l’amichevole Uomo Ragno di quartiere.
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Conclusioni
Spider-Man: No Way Home chiude in modo inatteso e interessante la prima fase dell'esistenza di Peter Parker nel Marvel Cinematic Universe, con un'avventura che è anche un sincero omaggio a quasi vent'anni di storie dell'Uomo Ragno sullo schermo.
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Voto ScreenWorld