In Chi ha incastrato Roger Rabbit il coniglio che dà il titolo al film recita una delle battute più conosciute della storia del cinema, in cui asserisce che “una risata può essere una cosa molto potente. A volte, nella vita, è l’unica arma che ci rimane.”
Ridere ci mette di buon umore, naturalmente, ma a volte può permetterci anche di scaricare la tensione, di scacciare via la paura, di accompagnare un inatteso quanto fondamentale senso di sollievo. La risata, però, può diventare anche una sorta di dipendenza: qualcosa che vogliamo far nascere negli altri e il cui suono può lenire traumi mai davvero superati. Per Robin Williams la risata era entrambe le cose: un bisogno e una droga, un talento e una maledizione.
Far felici gli altri
Nel libro Robin Williams – Storia di una vita, scritto da Dave Itzkoff viene riportata una frase che forse ben si sposa con quello che Robin William è stato per il mondo del cinema. L’interprete di classici come L’attimo fuggente e Mrs. Doubtfire ricordava come “divertire gli altri ti aiuta a stabilire una connessione con loro”. Ed è quello che Robin Williams ha sempre fatto con il suo pubblico: quando improvvisava durante i suoi film, quando improvvisava nelle interviste o quando scherzava mentre riceveva un premio, l’attore ha sempre cercato di far ridere il proprio pubblico, di accendere nella loro anima quel guizzo di un buon umore destinato a durare a lungo, capace di isolarti dai problemi della quotidianità. Con la sua faccia pulita e buona, con quella sua intenzione a voler divertire anche quando dentro di sé affrontava i demoni della depressione e dell’alcolismo, Robin Williams è riuscito davvero a creare una connessione col suo pubblico, che non ha mai smesso di rivedere i suoi film o di sentire la sua mancanza.
E forse non è un caso che sia stato proprio Robin Williams a interpretare sullo schermo Patch Adams, un altro grande uomo che imparò il potere catartico della risata, utilizzata come medicine per lo spirito non solo per gli ammalati, ma anche per coloro che erano loro vicini. Perché quando vediamo coloro a cui vogliamo bene e che stanno soffrendo aprirsi in una risata sincera, allora anche noi ci sentiamo meglio. Anche noi ci sentiamo più leggeri. Con la sua arte Robin Williams ha “curato” il cattivo umore di milioni di persone che non conosceva, ma che cercavano proprio i suoi film per inseguire quel potere catartico della risata che si accompagna anche al più nobile degli intenti: far felici gli altri.
Proteggere il nostro bambino interiore
Quando ci immaginiamo una risata prorompente, rumorosa e quasi senza controllo, siamo propensi a credere che si tratti di una risata che solo i bambini, con la loro innocenza, possono raggiungere. Secondo gli studi riportati dalla National Library of Medicine, i bambini ridono circa 400 volte al giorno, mentre la media di una persona adulta e in salute si aggira intorno alle 15 volte. Un divario così ampio da essere quasi spaventoso e che ben simboleggia come l’entrata nella vita adulta, con le sue aspettative e le sue responsabilità, tende a divorare il nostro bambino interiore e la nostra capacità di provare gioia anche per le cose più piccole. E se questo discorso da un lato può condurci verso il nuovo Inside Out 2 e l’idea di una gioia che cambia con l’avanzare dell’età anagrafica, dall’altra suggerisce quanto sia importante se non proprio fondamentale il lavoro di comici come Robin Williams, capaci di entrare in empatia col pubblico, di creare un rapporto di fiducia e di far ridere anche quando intorno a noi il mondo sembra cadere a pezzi.
Soprattutto in una società come quella attuale, fatta di produttività tossica e capitalismo, dove molti adulti sono in uno stato di burn out, individuare, proteggere e far sfogare il nostro “bambino interiore” è qualcosa che può aiutarci a stare meglio. Robin Williams questo lo sapeva: e ha cominciato a fare battute e scherzi perché voleva difendere il se stesso bambino, quello che veniva “abbandonato” dai genitori e che voleva assicurarsi sempre di avere l’affetto e la simpatia di coloro che lo circondavano. Proprio perché sapeva che la risata, come si diceva in apertura, può essere una cosa molto potente. Ancora una volta, dunque, non è un caso che Robin Williams abbia interpretato Peter Bunny/Peter Pan in Hook – Capitan Uncino: un adulto che ha provato a “giocare” secondo gli standard degli adulti, salvo trovarsi poi incapace di ridere o di godersi il Natale a Londra, finché non ritrova la spensieratezza fanciullesca.
I benefici della risata
In Will Hunting – Genio ribelle, Robin Williams interpreta uno psicologo che è chiamato a farsi largo tra i tanti traumi muti del protagonista interpretato da Matt Damon. In una scena alquanto iconica del film, il personaggio di Williams comincia a raccontare storie sulla sua defunta moglie e, in particolare, della sua propensione ad emettere peti. Si tratta di un monologo completamente improvvisato dall’attore che fece scoppiare tutti a ridere – se fate attenzione in quella scena si vede l’inquadratura ballare un po’, perché anche l’operatore non era riuscito a trattenersi -. E se da una parte questa “improvvisazione” portò il buon umore sul set, dall’altro, all’interno della narrazione, dimostrava come la risata poteva essere davvero una medicina. Will è un personaggio che si ribella a tutti gli psicologi che gli vengono proposti, esperti e studiosi che hanno però il difetto di prendersi troppo sul serio.
Le sue barriere, invece, crollano insieme a un uomo tranquillo e sereno, che fa battute da quinta liceo e che è ben disposto a farsi una risata. Questo perché ridere, a livello scientifico, ha dei benefici assodati. Innanzitutto crea una connessione: grazie ai famosi neuroni a specchio (quelli che ci fanno sbadigliare se vediamo qualcuno fare lo stesso) quando vediamo qualcuno che ci sorride siamo portati a fare lo stesso e questo fa sì che si sposti anche l’asse del nostro umore, anche se in modo impercettibile. Noi guardiamo Robin Williams che ride e il buon umore travolge anche noi. Ma una buona risata ha un potere catartico perché aiuta a incanalare ossigeno, stimola il cuore e i polmoni, libera le endorfine e soprattutto calma e “raffredda” il nostro stress, come se lo mettesse in stand-by. Ecco perché, nonostante siano passati dieci anni dalla sua scomparsa, Robin Williams continua ad essere un attore a cui siamo affezionati. Non solo per il suo talento ma perché guardarlo ci fa stare bene. Letteralmente.
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