C’erano una volta i sequel dei classici d’animazione Disney, realizzati da un apposito reparto (DisneyToon Studios) e con mezzi inferiori rispetto alle uscite cinematografiche – sfruttando la popolarità del VHS prima e del DVD poi. Un fenomeno durato dal 1994 al 2007 e che, in alcuni casi, produceva lungometraggi che nascevano da serie televisive mai andate in onda: un escamotage raffazzonato per mettere insieme i 2-3 episodi già completati e spacciarli per film veri e propri (tale fu il caso, ad esempio, di Atlantis II). Il filone si interruppe con l’arrivo di John Lasseter a capo dell’animazione, poiché riteneva che questi seguiti al risparmio stessero danneggiando la reputazione dello studio.
Quel periodo è sicuramente tornato alla mente dei fan Disney quando è emerso che l’annunciato spin-off seriale di Oceania (progettato per Disney+) era stato rimaneggiato per diventare un lungometraggio per le sale, figlio della nuova mentalità aziendale che non vuole più puntare sullo streaming a tutti i costi. Si torna così nel mondo dei miti della Polinesia, quel mondo che aveva già conquistato il pubblico nel 2016 con un incasso di quasi 700 milioni di dollari su scala globale (il primo film è da diverso tempo il più visto dei classici Disney sulla piattaforma dello studio) e che riesce a farlo ancora oggi.
Oceania 2
Genere: Animazione, avventura
Durata: 100 minuti
Uscita: 27 novembre 2024 (Cinema)
Cast: Auli’i Cravalho, Dwayne Johnson, Temuera Morrison, Alan Tudyk
Un nuovo viaggio
Tre anni dopo gli eventi del primo film, Moana (Vaiana nelle varie edizioni europee) è costantemente alla ricerca di altre tribù in giro per l’oceano – senza successo. Una sera la giovane scopre però dell’esistenza di un’isola che faceva da luogo di congiunzione per tutti i popoli dell’oceano, un luogo che stando alle leggende è sparito senza lasciare traccia.
Accompagnata da un equipaggio di esperti in vari ambiti, oltre che dagli immancabili animali domestici Hei-Hei e Pua, la nostra eroina parte in missione per ripristinare la sinergia fra le tribù che è andata persa nel corso del tempo. A dare manforte al gruppo c’è anche il semidio Maui, a sua volta alle prese con una minaccia che potrebbe essere legata al viaggio di Vaiana.
Di nuovo insieme
Uno dei principali indizi circa la forma originaria del progetto (nonostante il film sia perfettamente scorrevole e non palesemente assemblato da episodi a caso come capitava con i progetti Disney di due decenni fa) è la presenza ridotta di Maui, forse perché nelle prime fasi non era garantita la partecipazione vocale di Dwayne Johnson, che come sempre ci mette il suo al fianco di Auli’i Cravalho (nell’edizione italiana Fabrizio Vidale ed Emanuela Ionica, con Chiara Grispo per le parti cantate di Vaiana).
Come nel primo film, cast di contorno ammirevole e di origine polinesiana (con alcuni attori che si ridoppiano per le versioni in lingua hawaiana e Maori), ma a rubare la scena a tutti ancora una volta è Alan Tudyk, presenza fissa nei lungometraggi animati Disney dal 2012 che ritorna nei panni del poco intelligente ma molto espressivo Hei-Hei, il gallo le cui reazioni a qualsiasi problema sono tra le vette comiche di entrambi i lungometraggi.
Cambio di rotta
Se la struttura è sostanzialmente solida, con un ritorno alle atmosfere vintage dei classici Disney e un vero cattivo dopo che nel primo film era stato inaugurato il breve filone dei titoli senza un antagonista tradizionale, c’è un’altra principale indicazione di come il progetto sia mutato in corso d’opera. Quando era ancora una serie per Disney+, l’animazione era in mano alla filiale canadese con sede a Vancouver e solo in un secondo momento, con la decisione di trasformare il tutto in titolo cinematografico, è avvenuto il passaggio di consegne con il ritorno allo studio principale di Burbank.
Questo scambio ha provocato un sottile (ma evidente) scarto visivo da una sequenza all’altra, con un apparato estetico meno curato rispetto al capostipite – anche perché nel primo capitolo dominava la cura di due veterani come John Musker e Ron Clements, mentre il sequel è diretto da tre esordienti. In compenso, però, l’attenzione per la slapstick rimane pressoché intatta, così come la componente musicale che, pur risentendo della mancanza di Lin-Manuel Miranda, è per lo più all’altezza di quanto udito otto anni fa. E così il viaggio, pur non sfiorando gli apici della prima iterazione, rimane una piacevole incursione in uno dei più affascinanti mondi magici dell’animazione americana contemporanea.
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La recensione in breve
Oceania 2 segna un passo indietro rispetto al suo prototipo formale, probabilmente a causa dei cambiamenti che hanno avuto luogo durante la lavorazione, ma lo spirito è quello giusto, a suon di avventura, humour e musica.
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Voto ScreenWorld