Nel folclore, le streghe tendono a essere caratterizzate come outsider, autoesiliate o espulse da comunità che hanno lasciato con disprezzo o invidia. Come vedremo nella nostra recensione di Non sarai sola, disponibile nelle sale italiane da oggi, il film di Goran Stolevski ricalibra la mitografia della strega non lasciandola mai sola, inserendola nelle difficoltà di legami sociali primordiali, mentre tenta di assemblare lentamente la sua comprensione dell’umanità, vissuta attraverso la lente dello stupore.
Non sarai sola
Genere: Horror
Durata: 108 minuti
Uscita: 7 luglio 2022 (Cinema)
Cast: Sara Klimoska, Anamaria Marinca, Alice Englert
Tra folclore horror ed esistenzialismo
La trama di Non sarai sola ci racconta la storia di Nevena (Sara Klimoska), una ragazza che è stata rinchiusa in una grotta isolata per tutta la vita, in uno sforzo protettivo della madre, che l’ha promessa alla famelica Old Maid Maria (Anamaria Marinca) quando era piccola. È così che ci viene introdotta la prima strega del film; Maria è una vampira mutaforma, conosciuta anche come “wolf-eateress” (mangiatrice di lupi), una delle minacce più temute dal villaggio, che rapisce i bambini e prosciuga il sangue del bestiame. Anni dopo, nella Macedonia del XIX secolo, Maria riesce a rapire Nevena e a trasformarla in una strega. La giovane sviluppa un’avversione nei confronti dell’ideologia brutale della sua matrigna, e decide di intraprendere un viaggio che ha a che fare con la trasmigrazione e la trasfigurazione continua per fuggire dalla condizione di entità malefica che le è stata attribuita.
Mentre Nevena scopre di poter sfruttare il suo istinto animalesco per vivere con gli umani e nel loro corpo, si scontra con il grande tema del film, a cui siamo introdotti fin dal titolo: la solitudine. Nei villaggi macedoni c’è poco spazio per l’individualità e la diversità di Nevena, che è costantemente sottolineata dalla sua incapacità di conformarsi socialmente e dal dettaglio fisico delle unghie nere e affilate che la caratterizzano come strega. Lo spettatore è continuamente connesso con Nevena grazie alla narrazione ipnotica e rauca di Klimoska, ma si rende immediatamente conto che gli inserti narrati sono l’estensione di pensieri e sentimenti che la giovane non è in grado di articolare ed esprimere al mondo esterno. Nevena tenta disperatamente di comunicare con noi, di farci capire che anche con frasi scomposte e una sintassi completamente disfatta, possiede una propria individualità linguistica.
L’umanità di Nevena
Nevena muta continuamente forma e “abito”, ma non perde mai la propria voce. È sola nell’ostracizzazione dettata dalla società, ma abita le paure e le passioni di una moltitudine di individui. Cerca di aggrapparsi alla cordialità del rapporto tra donne, allo sbocciare del primo amore, ma dovrà scontrarsi coi limiti della condizione umana, che non sono poi così diversi dai dettami della stregoneria. L’innata curiosità di Nevena può esistere solo nella sua limitata percezione del mondo; al di là di questi confini, ci sono i banali doveri dell’uomo, la violenza, le invocazioni angoscianti di chi ci reclama come proprio figlio.
I modi e i comportamenti di Nevena ricevono risposte molto diverse dagli abitanti del villaggio. La giovane si mette spesso involontariamente in mostra, imita goffamente gli altri e si distanzia ampiamente dalle norme sociali, indipendentemente dal corpo che occupa, senza attuare distinzioni di alcun tipo. Tuttavia, imparerà presto che, agli occhi degli altri, la fisicità e il genere vengono valutati in maniera completamente opposta: come uomo, verrà accolta con pietà e trattata con gentilezza nella condizione di una presunta “malattia”. Come donna, capirà che il proprio destino è votato alla tristezza e al dolore.
(Non) saremo soli
La regia di Stolevski ricalca il filtro degli occhi di Nevena, non ha paura a seguirla nella sua condizione di ingenuità infantile, a concederle una totale unione corporale con chi incontra lungo il cammino e che non conosce confini fisici, demografici e morali. Gli occhi di Nevena non sono solo un paio: la giovane vede il mondo attraverso gli occhi degli altri. Siamo prosciugati nelle emozioni lungo questo cammino in cui l’orrore non è così visibile, è un terrore esistenziale, estrapolabile dalle sfaccettature di ogni emozione umana e dai cadaveri di chi abbiamo ucciso lungo la strada.
La magia trasformativa che permea la narrazione di Non sarai sola è viscerale, coinvolge la colonna sonora quanto la fotografia, per restituirci un unicuum gender-fluid, una cupa e affilatissima disamina dell’umanità avvolta dal folclore horror. Inciampiamo con la stessa aria stupefatta di Nevena nel seguire la sottile linea registica imbastita da Klimoska, sospesa tra la repulsione e la curiosità per i suoi poteri stregoneschi. Un uomo, una donna, un corvo: Nevena può diventare qualsiasi cosa e la sua trasformazione, anche dal punto di vista visivo, viene evidenziata nel paradosso della sua natura raccapricciante e della facilità ultraterrena con cui avviene.
Così come Nevena può capire veramente solo in prima persona queste diverse interpretazioni del mondo, Non sarai sola è destinato alla visione individuale e intimista. L’ironia del titolo stesso, che suggerisce un senso generale di cameratismo umano, e vive della collettività di esperienze differenti, gioca con il vero intento dell’opera: invogliarci all’ascolto contemplativo, al racconto di una fiaba in cui è il villain a racchiudere il segreto della condizione umana.
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La recensione in breve
Non sarai sola è un viaggio nella psicologica di un villain mutaforma, ma dalla voce decisa. Il primo lungometraggio di Goran Stolevski rielabora la tradizione folkloristica della strega, affidando agli orrori esistenziali il compito di trascrivere un'esperienza contemporaneamente universale e intimista.
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Voto ScreenWorld