Liam Neeson, come pure Nicolas Cage, è ormai egli stesso un genere, simbolo in carne e ossa di un action che, da Taken in poi, si è andato declinando in mille rivoli e varianti dello stesso personaggio, ovvero un uomo apparentemente tranquillo, dal passato oscuro, che, messo alle strette, dopo aver subito un torto, scatena la sua furia e fa strage di cattivoni, grazie soprattutto alle sue particolari caratteristiche psico-fisiche. In effetti non ci discostiamo molto da certi action anni’80 con Stallone e Schwarzenegger, con la differenza che adesso abbiamo uccisioni più efferate, scene d’azioni impeccabili e sofisticate, nonché una consapevolezza meta-narrativa che all’epoca macava. All’interno del Liam Neeson-Movie si oscilla poi in un range che va da ottimi B-movie (si veda per esempio il tesissimo e innevato The Grey) ad esempi meno riusciti e piuttosto ripetitivi. Andiamo dunque a scoprire, con questa nostra recensione di Memory, remake del belga De zaak Alzheimer, in quale sfumatura del Neeson-Movie ci troviamo.
Memory
Genere: Azione
Durata: 114 minuti
Uscita: 15 settembre 2022 (Cinema)
Cast: Liam Neeson, Guy Pearce, Monica Bellucci
La trama: questa volta manca la memoria
Il sicario su commissione Alex Lewis ha un problema di salute che tiene segreto: soffre di una forma iniziale di Alzheimer, cosa che ovviamente inizia a procurargli non poche difficoltà sul lavoro. Sebbene Alex uccida le persone per denaro, ha le sue regole morali e tra queste rientra quella di non uccidere bambini e ragazzine. Proprio una ragazzina, costretta dal padre a prostituirsi, sarà il suo nuovo lavoro, ovvero il nuovo bersaglio da eliminare, in quanto testimone cruciale. Quando Alex si rifiuta, un collega completerà comunque il lavoro rimasto in sospeso. Per vendicare la ragazzina, il nostro scatenerà una guerra personale contro l’organizzazione di narcotrafficanti che aveva commissionato l’omicidio e che gestiva un giro di prostituzione minorile, dietro cui si nasconde l’apparentemente insospettabile e filantropa Davana Sealman, interpretata da Monica Bellucci. Nessuno spoiler: la responsabilità della Sealman è chiara fin dall’inizio. Nella vicenda sono coinvolti anche alcuni onesti agenti dell’FBI, tra cui il veterano Vincent Serra (Guy Pearce), che cercano in tutti i modi di smascherare quei terribili traffici, nonostante l’ignavia dei loro superiori.
Come in Memento
La presenza di Guy Pearce nel cast di un film il cui protagonista ha problemi ha problemi di memoria, è un cortocircuito filmico troppo irresistibile per poterlo ignorare. Forse molti ricorderanno il cult del 2000 di Christopher Nolan, Memento, in cui Pearce interpretava un detective che, a seguito di un trauma, aveva perso la memoria a breve termine e che, per non dimenticare persone ed eventi, se li scriveva sulla sua pelle, arrivando perfino a tatuarseli. Se però nel film di Nolan, la disabilità del protagonista veniva usata dal cineasta inglese per innescare una geniale frammentazione temporale del racconto, basata sull’andare a ritroso nel tempo (cifra narrativa che sarà portata alle estreme conseguenze in Tenet), in Memory invece diventa solo il pretesto per aumentare le difficoltà del protagonista, che dimentica dove ha messo le chiavi dell’auto, oppure, più grave, non ricorda dove ha nascosto alcune prove importanti contenute in una chiavetta USB. Se da un lato dunque la patologia dell’Alzheimer dona certamente maggiori vulnerabilità e fragilità al personaggio di Alex, dall’altro rimane come un surplus narrativo inespresso, che poteva essere sviluppato sicuramente in modi più intriganti e organici alla trama.
Neeson fa Neeson
Per il resto Neeson fa quel che ci aspetta da lui: fa fuori i cattivi nei modi più efferati e fantasiosi, piombando su di loro quando meno se lo aspettano. Come per esempio nella riuscita scena della palestra, in cui il malcapitato corre su un tapis roulant mentre dalla parete a vetri vede arrivare l’auto di Alex che parcheggia proprio di fronte a lui, la sagoma incappucciata di Neeson esce fuori dalla macchina per stagliarsi nella notte come un angelo vendicatore prima di sparargli attraverso il vetro. Come sempre il fascino di giustiziere del protagonista rimane intatto, senza perdere in credibilità, grazie anche all’umanità che infonde sempre nei suoi personaggi.
Poliziotti onesti e un cattivo non all’altezza
Il detective Serra di Guy Pearce funziona come poliziotto onesto ma stanco e disilluso, che sa come funzionano le cose in un mondo corrotto, dove la giustizia è solo una parola astratta. Abbiamo però da ridire sulla sua improbabile capigliatura “leccata” che vorrebbe suggerire un personaggio dimesso, ma risulta invece fuori tempo massimo. Monica Bellucci, avendo recitato in inglese, ha dovuto doppiare sé stessa, e i risultati non sono purtroppo dei migliori, complice anche la scrittura sciatta di una villain poco minacciosa e poco interessante.
Ci sembra che Martin Campbell, regista di ben altre prove, come il bellissimo Casino Royale, primo Bond con Craig, abbia affrontato questo lavoro senza troppa convinzione, lasciando fare tutto all’indiscutibile carisma del divo Neeson che anche qui non si smentisce, risultando comunque sempre convincente, con la sua tipica aria dolente, anche in una storia piuttosto debole e, tutto sommato, già vista.
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La recensione in breve
Un film che non deluderà i fan di Liam Neeson ma che non sfrutta fino in fondo le potenzialità narrative di un sicario con una patologia grave come l’Alzheimer, rimanendo in territori già visti, tra l’altro con un villain non all’altezza. Ci aspettavamo di più dal regista di Casino Royale.
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Voto ScreenWorld