Spesso, nel parlare di un film, ci si sofferma sulla trama dell’opera, sulle interpretazioni del cast e sul talento tecnico del regista, sottolineando i motivi per cui il film si dimostra valido sotto diversi punti di vista. Potremmo farlo anche in questa nostra recensione di Licorice Pizza, il nuovo bellissimo film di Paul Thomas Anderson, esaltando la performance dei due protagonisti e tessendo ancora una volta le lodi verso un autore che sembra incapace di sbagliare un film. Sarebbe corretto, ma non abbastanza.
Perché un film come Licorice Pizza sembra rivolgersi a una dimensione più emotiva e sfuggente, più complessa da descrivere e racchiudere a parole. È in questo che si trova il cuore dell’opera. Un cuore pulsante e umano (di conseguenza, anche imperfetto), caloroso e vitale. Ecco, se dovessimo descrivere con una sola parola le due ore e un quarto della nona fatica di Paul Thomas Anderson, “vitale” sarebbe il termine migliore.
Licorice Pizza
Genere: Commedia/Drammatico
Durata: 133 minuti
Uscita: 17 marzo 2022 (Cinema)
Cast: Cooper Hoffman, Alana Haim, Bradley Cooper
Gary Valentine e Alana Kane
Prendete un vinile, appoggiatelo sul giradischi, lasciatelo girare il tempo necessario per posare la puntina sul disco. Aspettate qualche secondo di rumore bianco, in attesa della prima nota. La musica risuonerà improvvisamente.
Usiamo questa metafora con gli LP (chiamati, per l’appunto, pizze di liquirizia data la forma e il colore) perché il film compie lo stesso identico processo. Qualche secondo dedicato ai titoli di testa, qualche conversazione poco importante e, a poco meno di un minuto dall’inizio, subito siamo nella San Ferdinando Valley del 1973, dove avviene il primo incontro tra i due protagonisti assoluti della storia.
Lui è Gary Valentine, quindicenne con un forte fiuto per gli affari, attore spigliato e sicuro di sé che sembra avere già un’idea ben precisa del proprio futuro. Lei è Alana Kane, venticinquenne che ancora vive con la propria famiglia, senza un lavoro stabile e con un carattere che non riesce a nascondere una nota di disillusione. Si conoscono per puro caso: il ragazzo è in fila per farsi scattare una foto per l’annuario scolastico e lei è l’assistente del fotografo. Lui la vede e dà avvio a un rapido flirt. Tanto basta perché Alana dimostri un minimo interesse verso questo ragazzino che sembra più maturo della media. E tanto basta a Paul Thomas Anderson per inserirci nel contesto della storia, un racconto di stampo coming of age che mette in scena il labile confine tra amore e amicizia.
Licorice Pizza è tutto qui. Un film all’apparenza semplice, come la musica pop, che nasconde molto altro. Gary e Alana sono immersi in quel contesto socio-culturale, fatto di cambiamenti come quello americano degli anni Settanta, perfettamente ricreato, non solo attraverso le scenografie e i costumi, ma anche nello stesso look fotografico del film. Agiscono in base a ciò che li circonda, a loro modo si sentono spaesati e a proprio agio, costretti a rimanere al passo.
Una corsa vitale
In questo disco-mondo che gira, Gary e Alana sono costretti a correre. Devono farlo per poter crescere, ma anche per esprimere la loro giovinezza, la loro fame, la loro presenza. E questa corsa contagiosa fuoriesce dallo schermo, penetrando nei muscoli dello spettatore.
Licorice Pizza fa venire voglia di correre. E ritrovare quella vitalità che oggi sembra un po’ soffocata. Per certi versi, si tratta del film più accessibile e destinato al grande pubblico di Paul Thomas Anderson, grazie ai toni da commedia romantica e una certa leggerezza di fondo.
Sarebbe, però, errato considerare questo nuovo lavoro come un’opera a sé stante nella filmografia del regista. Quasi come fosse una sorta di greatest hits della sua carriera, Licorice Pizza avvolge intorno a sé molti degli stilemi di Anderson: una certa attenzione verso il non detto e l’assenza di eccessiva esposizione sugli eventi (il che, per qualche spettatore, potrebbe rendere alcuni snodi narrativi poco chiari), una certa fluidità nella narrazione (similmente a quanto accadeva in Vizio di forma, a volte si ha l’impressione che il film giri un po’ a vuoto), una messa in scena così chirurgica da risultare, nel peggiore dei casi, un po’ fredda. Sono tutti limiti che variano in base alla percezione soggettiva del pubblico, che potrebbe vederli o meno come tali in base alla propria sensibilità.
Proprio sulla sensibilità Paul Thomas Anderson scommette tutto. Se i protagonisti non possono fare a meno di correre e rincorrersi, lo spettatore deve quantomeno cercare di stare al loro passo. Il risultato è una storia che risulta superficiale e semplice solo all’apparenza, ma che descrive attraverso il passato anche la generazione dei giovani d’oggi, obbligati a correre (stavolta senza piacere) per cercare di dare un senso alla propria esistenza. Soprattutto, Licorice Pizza è intriso di una nostalgia tipicamente cinematografica che rende il tutto ancora più fiabesco e magico. Come i migliori dischi, che si ascoltano non tanto per la musica in sé, ma per quello che sprigionano dentro l’ascoltatore.
Un cast meraviglioso
Il talento dietro la macchina da presa di Paul Thomas Anderson, anche direttore della fotografia – come nel precedente Il filo nascosto – si riconferma per l’ennesima volta: in grado di spostare il tono del racconto tra commedia e dramma, tra risate e malinconia, Anderson regala anche alcuni dei momenti più forti della stagione. Ma è grazie a un cast davvero in stato di grazia che il film decolla davvero. Cooper Hoffman, figlio del compianto Phillip Seymour (uno degli attori feticcio di Anderson) e Alana Haim sono due esordienti che padroneggiano l’arte recitativa in maniera sconvolgente. Non presenti nelle cinquine attoriali degli Oscar 2022 (dove invece il film è candidato per miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura originale), i due protagonisti sono il cuore del film. Ci si innamora a prima vista di entrambi, grazie alla loro naturalezza, riuscendo a costruire personaggi a metà strada tra la giovinezza e il mondo degli adulti che non possono non restare impressi.
Si uniscono a loro una serie di guest star come Sean Penn e Tom Waits, in due ruoli che mettono in scena una parodia dell’industria hollywoodiana, così come Benny Safdie nel ruolo di un politico in piena campagna elettorale. Ruba la scena, seppur per un segmento minore, Bradley Cooper. Il suo Jon Peters regala uno dei momenti migliori del film. Difficile, però, raccontare le singole personalità che costruiscono quest’opera-mondo dall’indubbia potenza emotiva. D’altronde, a Paul Thomas Anderson basta pochissimo. Una canzone al momento giusto, un’inquadratura precisa, una persona che corre. Se non è questo il cinema migliore…
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Conclusioni
L'ennesimo centro per Paul Thomas Anderson. Un coming of age sull'amicizia e sull'amore, velato da una nostalgia cinematografica che immerge lo spettatore nell'America anni Settanta e scalda il cuore. Cooper Hoffman e Alana Haim sono due esordienti che hanno già il talento dei veterani.
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Voto ScreenWorld