È una grande sfida quella lanciata, negli ultimi anni, alle piccole produzioni cinematografiche. La pandemia ha reso difficile il lavoro sui set, e la realizzazione di un film, specie se a basso budget, è divenuta una questione di fortuna, sacrificio e spirito di adattamento. Se si aggiunge poi la crisi del settore, l’impresa sembra essere ormai impossibile. Vince, insomma, chi riesce a farsi furbo e si adegua alla situazione.
Parliamo anche di questo nella recensione di Le voci sole, primo lungometraggio della coppia di registi Andrea Brusa e Marco Scotuzzi. Il film, realizzato in piena emergenza Covid, testimonia la grande creatività dei suoi autori, la loro capacità di abbracciare le limitazioni produttive e usarle a proprio favore: la dimostrazione che con poco si può realizzare molto.
Le voci sole
Genere: Commedia/Drammatico
Durata: 80 minuti
Uscita: 4-6 luglio 2022 (Cinema)
Cast: Giovanni Storti, Alessandra Faiella, Davide Calgaro
Matrimonio a distanza
Proprio di limiti e separazioni si discute nella trama del film, ambientato all’inizio della pandemia. A subire le conseguenze di quel momento di crisi sono Giovanni (Giovanni Storti di Aldo, Giovanni e Giacomo) e Rita (Alessandra Faiella), due sposi affiatatissimi, costretti a separarsi a causa della loro difficile situazione economica: Giovanni ha da poco perso il lavoro, e deve trasferirsi in Polonia, dove trova impiego in una fonderia, per mantenere la propria famiglia.
Comincia così una relazione a distanza come ce ne sono tante, fatta di messaggi audio e videochiamate notturne. Poi l’intuizione del figlio Pietro (Davide Calgaro), rimasto a casa con la madre: il ragazzo carica in rete una delle loro videocall, durante la quale Rita impartisce al marito una lezione di cucina. La clip diventa virale, e i due si trasformano rapidamente in delle web celebrities: un’occasione imperdibile per racimolare un bel gruzzoletto. Ma qual è il costo umano della loro impresa?
Le voci sole è dunque la storia di un finto miracolo virtuale, di un nucleo familiare che pensa di salvarsi grazie a internet ma che rischia di perdersi nei suoi meandri, sprofondando nel gioco del consumo schizofrenico e della solitudine digitale. Un film sull’oggi, raccontato con i mezzi di oggi: scritto prima della pandemia, Le voci sole ha integrato il virus all’interno della storia dopo che la seconda ondata ha bloccato la produzione, costringendo gli autori a rivedere la struttura del racconto.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere: visto adesso, in effetti, l’uso limitato degli spazi e dei mezzi rende il film più attuale, immediato, comprensibile. E sono molto bravi i tre attori principali (specie Giovanni Storti, in un altro ruolo drammatico dopo il bellissimo corto Magic Alps, sempre di Brusa e Scotuzzi) nel prestare le loro capacità recitative a un lavoro così intimo e ridimensionato.
Dramedy in interni
Proprio da questi spazi ristretti emergono lo spessore e l’intelligenza dei registi. Ogni elemento filmico viene calibrato con sapienza e caricato di significato: il montaggio, la gestualità dei protagonisti, l’uso degli oggetti di scena. Nella sua economia produttiva, l’opera di Brusa e Scotuzzi racchiude tutto l’essenziale all’interno degli ambienti angusti dove il racconto si svolge: Le voci sole è un film che risulta bello e coinvolgente proprio in virtù della sua semplicità.
Raccontando il limbo comunicativo di Giovanni e Rita, i due registi sfruttano la forza delle immagini per costruire la dialettica fra reale e digitale, umano e tecnologico. Le inquadrature observational della fabbrica, disseminate nel corso del film, sono un contrappunto asettico alla parabola dei due protagonisti, annichiliti dalla propria crescente “digitalizzazione”. Allo stesso modo le scene delle videochiamate, che alternano le riprese “virtuali” del cellulare con quelle “reali” dei personaggi fuori dallo schermo telefonico, raccontano sapientemente il contrasto fra il mondo vero dei protagonisti e quello della rete, ammaliante e ingannatore. Lavorando su queste giustapposizioni, i registi riescono così ad astrarre il racconto fino a renderlo rarefatto, grottesco, quasi (anti)favolistico.
Senza perdere di vista, però, il cuore sentimentale della vicenda. È soprattutto questo, Le voci sole: una parabola digitale che, lavorando per sottrazione, afferma l’imperfetta umanità dei suoi personaggi. Un film che, nel raccontare il nostro presente, riesce a farsi universale grazie alla sensibilità di Brusa e Scotuzzi, del loro sguardo disilluso ma comprensivo nei confronti dei protagonisti. In questo senso, Le voci sole è un’opera cristallina e, a suo modo, senza tempo. Per un film a basso budget, girato durante la pandemia fra mille difficoltà, non è assolutamente poco.
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La recensione in breve
Le Voci Sole riesce a sfruttare sapientemente le limitazioni produttive con cui è stato realizzato: il risultato è un film coinvolgente, attuale, che racconta con immediatezza e semplicità la grande crisi comunicativa causata dalla pandemia.
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Voto ScreenWorld