Poteva essere un disastro su tutti i fronti, eppure così non è stato. Quando fu annunciata la volontà della Walt Disney Pictures di cimentarsi in una versione live action dell’intramontabile classico d’animazione La Sirenetta, i nostalgici degli anni ’90 e il furioso popolo del web si sono ribellati. Un fumo di polemiche che si è ulteriormente sollevato quando la Casa del Topo ha annunciato che a dare un volto alla sirena Ariel sarabbe stata la giovanissima Halle Bailey, un’attrice e cantante statunitense di etnia e colore della pelle antitetici a quelli che avevano caratterizzato la principessa marina del ventottesimo classico d’animazione. Eppure, nel remake in carne ed ossa diretto da Rob Marshall, la nuova sirena cinematografica cattura e convince nonostante tutto e tutti.
Nella nostra recensione de La Sirenetta scenderemo insieme a voi nelle profondità del mare per catturare la magia che si cela dietro alla realizzazione del live action in arrivo nelle nostre sale da mercoledì 24 maggio. Perché un conto è affermare che il cartoon del 1989 sia un irraggiungibile capolavoro di maestria d’animazione e narrazione femminista, un altro è invece confrontarsi con il modello cinematografico diretto da John Musker e Ron Clements ed uscirne tutto sommato vittoriosi con una nuovissima versione affine alle sensibilità contemporanee, senza però snaturarsi o perdere fascino e umanità.
La Sirenetta
Genere: Fantasy, Musical
Durata: 135 minuti
Uscita: 24 maggio 2023 (Cinema)
Cast: Halle Bailey, Melissa McCarthy, Jonah Hauer-King, Awkwafina, Jacob Tremblay, Daveed Diggs, Javier Bardem
La trama: c’era una volta in fondo al mar
Ariel (Halle Bailey), la figlia più giovane del sovrano del regno di Atlantica, Re Tritone (Javier Bardem), è affascinata dal mondo umano, ma alle sirene come lei è proibito esplorarlo. Dopo aver salvato il principe Eric (Jonah Hauer-King) da un naufragio ed essersene innamorata, è determinata a stare con lui nel mondo sopra l’acqua. Le sue azioni portano ad un confronto con suo padre e ad un incontro con la subdola strega del mare Ursula (Melissa McCarthy), con cui Ariel stringe un accordo per scambiare la sua bella voce con delle gambe umane, in modo che possa raggiungere Eric. Tuttavia, Ariel finisce per mettere in pericolo la sua vita e la corona di suo padre.
Più che un adattamento in carne ed ossa dell’affascinante ed ancestrale fiaba omonima di Hans Christian Andersen (di cui però il film di Marshall si fa carico con una citazione dello scrittore danese nei titoli di testa), la versione live action de La Sirenetta prende a piè pari la trama del lungometraggio d’animazione del 1989 espandendone temi, situazioni, sequenze d’azione e canzoni (alcune di esse, inedite). Il risultato è, contro ogni funerea aspettativa, un omaggio rispettoso, seppur a tratti poco inventivo, al capolavoro animato che diede inizio al fulgido Rinascimento Disney negli anni ’90.
Un remake in carne ed ossa commovente e rispettoso
Il nuovo lungometraggio dietro la macchina da presa per Rob Marshall (che pure con Disney aveva diretto con risultati altalenanti il quarto capitolo di Pirati dei Caraibi e il musical di Sondheim Into The Woods) non si discosta di certo dall’anonimità artistica che pare caratterizzare la sfilza di progetti live action ispirati ai grandi classici animati di Topolino: sceneggiatura (stavolta affidata a David Magee) funzionale ed apparentemente pedissequa, regia priva di guizzi e diametralmente opposta al gusto coreografico che Marshall aveva affinato con ottimi risultati nei musical Chicago e Nine. Sulla carta tutto secondo copione, quindi, per la versione 2023 de La Sirenetta, tanto che c’è da chiedersi a conti fatti se il film con Halle Bailey e Melissa McCarthy riesca a salire in superficie con le sue pinne vincendo il duro confronto con la pellicola originale. La risposta, però, è sostanzialmente positiva.
La Sirenetta di Rob Marshall è innanzitutto un remake rispettoso del capolavoro animato dell’89 e sorprendentemente commovente: merito di uno script affidato al candidato all’Oscar David Magee che sfrutta al massimo la durata espansa del lungometraggio (135 minuti contro i “soli” 83 del cartoon di Musker e Clements) per dare voce e corpo alle inquietudini di due adolescenti appartenenti a mondi diversi ma paralleli, che sognano una vita lontana dai legacci asfissianti del volere dei propri genitori e dalle responsabilità di una corona che proprio non vogliono indossare. E proprio nel rapporto che si instaura tra la principessa Ariel e il giovane principe Eric sta forse la magia più grande di questo live action.
Halle Bailey, è nata una stella?
Andando difatti controcorrente rispetto alla pellicola animata di fine anni ’80, Marshall e Magee non solo donano maggior respiro cinematografico ai dialoghi tra i vari personaggi, non solo mettono sotto la luce dei riflettori quattro nuove canzoni scritte appositamente per il film (musiche di Alan Menken e testi di Lin-Manuel Miranda) ampliando allo stesso tempo la spettacolarità delle sequenze d’azione, ma regalano al nuovo spettatore due protagonisti nel fiore della loro ribelle adolescenza: complessi, sfaccettati e perfettamente funzionali al racconto 2.0. Merito che va all’azzeccatissimo casting, su tutti quello affidato non solo all’ottimo Jonah Hauer-King nei panni dell’inquieto e romantico Eric, ma soprattutto ad Halle Bailey nel ruolo della vita.
Nei panni di Ariel, la giovanissima cantante/attrice dona tutta se stessa per consegnare alle nuove sensibilità contemporanee una sirenetta umanissima e commovente, diametralmente opposta alle maligne aspettative al ribasso che molti dei più grandi fan, tra nostalgici del cartoon e leoni da tastiera del web, imputavano alla scelta del colore della pelle per propagandismo “woke”. Un casting invece che sorprende, delizia e mette a tacere le polemiche più becere degli ultimi anni, consegnando la Bailey nell’Olimpo delle star in erba da tenere d’occhio nell’immediato futuro.
Il miglior live-action Disney di sempre?
Pur nei suoi evidenti limiti e nel vuoto pneumatico di visione artistica precedentemente accennato, La Sirenetta di Rob Marshall convince perché riesce a raccontare meglio delle tante sequenze in CGI e nella profusione di effetti visivi, il cuore umanissimo dei suoi giovani protagonisti, avvicinandosi con premura e totale rispetto alla fiaba di Andersen e agli intramontabili personaggi colorati del capolavoro del 1989. Un modo di dialogare con una vasta platea di spettatori del passato, presente e futuro che latitava in alcuni degli ultimi tentativi “in carne ed ossa” targati Walt Disney Pictures.
Che sia sufficiente questo per renderlo alla fine dei giochi il miglior tentativo di live action della major hollywoodiana dai tempi di Alice in Wonderland di Tim Burton? Per le medaglie e i podi il tempo sarà certamente più galantuomo di noi, ma è praticamente impossibile nascondere un certo grado di soddisfazione quando un disastro preventivamente annunciato si risolve come trasposizione multimediale onesta, narrativamente coerente e sorprendentemente umana.
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La recensione in breve
Il live action targato Disney tratto dalla fiaba di Andersen e dal classico d'animazione del 1989 poteva essere un disastro su tutti i fronti, eppure così non è stato. Merito di un'ottima scelta di casting (su tutti, una bravissima Halle Bailey) e di un rispetto del film animato che lo ispira che hanno dato vita ad un remake in carne ed ossa pronto a sbancare i botteghini cinematografici di tutto il mondo. Nel bene e nel male.
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Voto ScreenWorld