Bastano meno di una decina di minuti per sentire provenire dal petto un piacevole tepore che sa di casa. E bastano poche note di orchestra per sentirci incapaci di trattenere un enorme sorriso, mentre il famoso tema musicale di John Williams risuona tra le pareti del Grand Théàtre Lumière, dove abbiamo visto il quinto (e ultimo) capitolo della saga di Indiana Jones.
Un capitolo dove il concetto di tempo appare preponderante, a partire da leggeri ticchettii di un orologio che risuonano, appena conclusi i loghi di Disney e Lucasfilm. Perché, ammettiamolo, forse non avevamo bisogno di un nuovo film di Indiana Jones, con un attore protagonista ormai ottantenne e a quindici anni dal precedente – bistrattato – capitolo (che già profumava di addio). Eppure era solo questione di tempo, forse. Lo stesso con cui il professore e archeologo più famoso della storia del cinema si dovrà confrontare. E noi con lui.
Come vedremo nella nostra recensione di Indiana Jones e il Quadrante del Destino, il film di James Mangold è un treno si scontra con il passare del tempo, cerca di togliere la polvere da un reperto prezioso, intende restaurare un cimelio del passato. E nel farlo dona nuova brillantezza e pulizia a un oggetto che traeva il suo maggior fascino proprio dall’essere lontano dal nostro tempo. Dall’essere legato al passato, ma senza quel sentimento di nostalgia legato ai “bei vecchi tempi”.
L’orologio ticchetta, il tempo scorre. E forse quel treno sarebbe risultato più avventuroso partendo in orario, anziché in ritardo.
Indiana Jones e il Quadrante del Destino
Genere: Avventura, azione
Durata: 154 minuti
Uscita: 18 maggio 2023 (Cannes 2023), 28 giugno 2023 (Cinema)
Cast: Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge, Mads Mikkelsen, Antonio Banderas
Un’ultima avventura
La trama di Indiana Jones e il Quadrante del Destino si svolge alla fine degli anni Sessanta. Il professor Jones ormai è prossimo alla pensione, per niente a suo agio con la nuova generazione di studenti sessantottini ben distanti da quelli interessati a vecchie diapositive e reperti storici. La libertà e la vita, per loro, avvengono ora. Per il nostro Indy, invece, sono il passato. Il tempo è stato crudele con lui: il figlio è morto, Marion vuole divorziare e, senza lo studio e l’avventura, Henry Jones attende, in compagnia dell’alcol, la sua fine.
Le cose cambieranno con la conoscenza di Helena Shaw (Phoebe Waller-Bridge), figlia di uno dei suoi migliori amici, che intende avvalersi dell’aiuto del celebre professore per ritrovare un antico cimelio di Archimede, che dà titolo al film: un congegno capace di poter viaggiare attraverso lo spazio e il tempo, diviso in due metà, di cui una in un luogo sconosciuto tutto da scoprire. Ma sulle tracce di questo oggetto c’è anche il nazista Jürgen Voller (Mads Mikkeksen), già sconfitto in passato da Jones, che intende tornare indietro nel 1939 e far prevalere il Terzo Reich, cambiando il corso della storia.
Indy ed Helena, con l’aiuto di un ragazzino, aiutante di lei, di nome Teddy partiranno, quindi, per un’avventura che li porterà in diverse parti del mondo, affrontando insidie, pericoli, sicari pronti a ucciderli, inseguimenti di ogni tipo e qualche peripezia di troppo, mentre cercano di recuperare il Quadrante prima che ci arrivi Voller.
Mangold non è Spielberg
Il tempo di lavorazione di questo quinto capitolo ha fatto in modo di non avere Steven Spielberg, co-autore e regista di tutta la saga, dietro la macchina da presa di questo film. Al suo posto James Mangold, regista ben capace di approcciarsi a film diversi con una certa solidità di tecnica. Qualità, questa, che dimostra in più di un’occasione lungo le due ore e mezza di film, a partire dalla sequenza iniziale che fa respirare pienamente il clima e il tono dei vecchi Indiana Jones.
Più il film procede, però, più Mangold dimostra di non avere una visione personale che possa permettere una marcia in più nella messa in scena. Indiana Jones e il Quadrante del Destino raramente fa vivere l’emozione di essere coinvolti e quasi mai sceglie un approccio creativo. Se la maestria di Spielberg permetteva a film di avventura la cui trama ingenua e semplice di elevarsi e diventare grande cinema, Mangold non riesce a replicare la formula (il che è comprensibile, dato che Spielberg è un vero fuoriclasse), appiattendo quello che doveva essere un evento speciale (per diverse ragioni: affettive, nostalgiche, di puro e semplice divertimento) in un tipico blockbuster contemporaneo.
Non sei più l’uomo che ho conosciuto anni fa
Sia chiaro: Indiana Jones e il Quadrante del Destino non è un brutto film. Casomai è un film davvero imperfetto, dove si scontrano due anime temporali: quella del passato, ingenua e semplice che dovrebbe richiamare un “vecchio” modo di creare intrattenimento in sala e quella del presente, dove il digitale permette di rompere ogni tipo di confine, che può aumentare il livello dello spettacolo, ma viene anche palesemente utilizzato per nascondere evidenti limiti di sceneggiatura e di messa in scena. Complice anche una non perfetta realizzazione della CG, in certe sequenze abusata, questo Indiana Jones sembra non aver imparato gli errori e la lezione del precedente criticato capitolo. Durante la visione ci sentiamo un po’ come il vecchio professor Jones, pronto a vivere un’avventura nuova e capace di sopravvivere alle peggiori cadute, ma sentendosi spesso fuori posto, limitato.
Per questo, al di là del valore affettivo, spicca molto di più il personaggio di Helena che, seppur un po’ penalizzata in fase di scrittura, è interpretato da un’attrice dotata di personalità e carisma che bucano lo schermo. E sempre a proposito di carisma: se la chimica tra Phoebe Waller-Bridge e Harrison Ford funziona a dovere, spiace constatare come Mads Mikkelsen, al netto della bravura a cui ci abitua da tempo, risulti poco incisivo come villain. Se proprio bisognava puntare su un elemento contemporaneo, la costruzione di un antagonista di rilievo appariva necessaria.
Nel primo indimenticabile capitolo, I Predatori dell’Arca Perduta, il personaggio di Marion diceva al nostro eroe: “Non sei più l’uomo che ho conosciuto dieci anni fa“, e il sentimento nei confronti del film, come spettatori, è simile. Perché non possiamo fare a meno che sentirci coinvolti dall’avventura (con alti e bassi, il film sembra faticare a decollare e all’ennesimo inseguimento che riguarda il solito gruppo di persone si perde parte del divertimento), non possiamo fare a meno di voler bene a quei personaggi, ma non possiamo nemmeno evitare di percepire il tempo che nel frattempo è passato, trasformando la nostalgia (ben presente nel film) in malinconia (purtroppo assente).
Il destino di un archeologo
Si torna a quel ticchettio, così costante e freddo, che simboleggia il cuore del film. Un ticchettio che risuona nelle orecchie a ogni momento di silenzio, per ricordarci che il passato non torna nello stesso modo in cui lo ricordavamo. E anche che quelle emozioni così forti sono difficilmente replicabili: siamo cambiati insieme a Henry Jones e con noi il modo di raccontare le storie e vivere le avventure.
Forse allora, più che cercare di vincere il tempo, di sfidarlo e di cambiarlo, occorre rendersi conto dell’orario e accettare il proprio destino. Quello di Indiana Jones non è vivere nuove avventure, ma di ritirarsi silenziosamente dal palcoscenico, adagiandosi in una teca di vetro, pronto a essere osservato, giorno dopo giorno e negli anni a venire, come il più prezioso cimelio di un museo, fiero appartenente di un tempo passato.
Il che non è cosa da tutti. Quanti archeologi diventano loro stessi dei reperti preziosi?
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La recensione in breve
Indiana Jones e il Quadrante del Destino è un film che fatica a unire le sue due anime temporali, quella dell'avventura vecchio stampo e quella del blockbuster contemporaneo. Il risultato è un film che, grazie alla chimica tra Harrison Ford e Phoebe Waller-Bridge e qualche sequenza riuscita, coinvolge quanto basta, ma dove la regia e gli effetti digitali non riescono a valorizzare l'avventura a dovere.
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Voto ScreenWorld