C’è un pensiero comune e, a tratti, dominante, che spinge a pensare al cinema e alla magia come figli di una stessa madre. Fratelli, creature affini, che sanno restituire la stessa cosa sebbene con mezzi diversi: l’incanto, lo stupore e la capacità di guardare al presente con gli occhi pieni di meraviglia, anche in mezzo all’orrore. E questa dicotomia trova particolare fondamento nella filmografia di Hayao Miyazaki, maestro dello Studio Ghibli che alla Festa del Cinema di Roma, in collaborazione con Alice nella città, trova un nuovo tassello con Il ragazzo e l’airone, lungometraggio che in Italia debutterà il 1 gennaio 2024.
Si tratta di un’opera che è stata rivoluzionaria sin dal suo lancio. Il regista si è scontrato contro la corsa attuale di svelare un film prima ancora che raggiunga la sala cinematografica, e ha fatto sì che la promozione si basasse solo sull’assenza: poche righe di sinossi, un poster, e nient’altro. Nessun teaser, nessun trailer, nessuna clip esclusiva e, nella nostra recensione di Il ragazzo e l’airone vi spieghiamo perché è stata la scelta non solo giusta, ma anche più coerente.
Genere: Animazione, Avventura
Durata: 125 minuti
Uscita: 1 gennaio 2024 (cinema)
Un ragazzo, la guerra e la magia
È notte, a Tokyo. Ma non è una notte serena. Il riverbero di un incendio strappa Mahito dai suoi sogni e lo catapulta in una casa dove la paura spinge tutti a correre, a muoversi. C’è un incendio al di là della finestra, un incendio che sta divorando un ospedale e, nello specifico, l’ospedale in cui lavora la mamma di Mahito. Il prologo di Il ragazzo e l’airone è un prologo che mette subito in scena due temi portanti della filmografia di Hayao Miyazaki: da una parte l’inutilità e l’orrore della guerra, dall’altra il sentimento di perdita e la sua, conseguente sebbene mai facile, elaborazione. Mahito è un bambino che ha perso la mamma in una notte della Seconda Guerra Mondiale. Ed è un bambino che, un anno dopo la perdita, segue il padre per andare a vivere in campagna, dove viene accolto da una donna che somiglia molto a sua madre e che ha rapito il cuore di suo padre.
Mahito vive una realtà popolata dagli incubi sulla perdita della madre, sul dolore di non essere riuscito a salvarla. Un vero e proprio trauma da sopravvissuto, condensato in un senso di colpa troppo grande per un bambino così piccolo, che arriva persino a farsi del male, come se sentisse di meritarlo, lui che è sopravvissuto. Nella nuova residenza, popolata anche da signore anziane adorabili e strane al tempo stesso, Mahito è ossessionato anche da un airone che sembra attirare la sua attenzione e, come nella miglior tradizione fiabesca, lo condurrà all’interno di una vecchia torre che non è altro che un passaggio per un altro mondo. Un mondo pieno di magia.
La meraviglia delle scoperte
Il motivo per cui Hayao Miyazaki ha preso la decisione giusta nel vestire il suo lungometraggio del proverbiale velo di mistero è legata alla natura stessa del film. Il ragazzo e l’airone è una pellicola che funziona come un vaso di Pandora, una matrioska che offre sorprese e colpi di scena a ogni livello. Uno svelamento continuo che, per funzionare, ha bisogno di essere accolto nell’ignoranza più totale. Per lo spettatore è fondamentale non essere a conoscenza di quello che lo aspetta: in questo modo può empatizzare e immedesimarsi con più facilità nel personaggio di Mahito, che viene trascinato in un mondo di magia dove i suoi sogni diventano speranze; dove le speranze si vestono di fiamme, di strani animali, di corpi che si dissolgono nell’acqua e di vento che si alza come un muro invisibile.
Da questo punto di vista, il nuovo film di Hayao Miyazaki è un viaggio eccezionale in una grafica che lascia basiti, che alza ancora una volta l’asticella delle aspettative di chi è già abituato alle meraviglie dello Studio Ghibli. Una grafica che si fa sensazione, che diventa imprescindibile dalla concretezza degli elementi: per cui lo spettatore sente il bacio rovente del fuoco, lo schiaffo dell’acqua, o la spinta dell’aria. Mahito diventa il centro di un universo che si modifica, che non offre punti di riferimento e che diventa a sua volta il nucleo dell’universo di Miyazaki, il centro di gravità intorno al quale ruota tutto il resto.
Citazionistico, forse un po’ troppo
Ed è qui che forse si trova il difetto principale di un’opera che rimane comunque eccezionale dal punto di vista visivo. Hayao Miyazaki cita se stesso, ma forse lo fa un po’ troppo. Non è tanto il ricorrere di temi ormai da considerarsi tradizionali e che rappresentano la firma di Hayao Miyazaki, ma proprio rimandi ad altri film, come La città incantata, Il castello errante di Howl e Si alza il vento, per citarne alcuni. Se da una parte è anche naturale che un autore si trovi a fare rimandi a una carriera lunga e di livello, dall’altra il rischio che si corre è di trovarsi davanti a un’opera che restituisce un senso di deja-vu.
E questo è il problema principale del lungometraggio: sebbene sia godibile e possa fare affidamento su un reparto visivo fuori dal comune, lo spettatore si trova davanti a una storia che non lo avvince del tutto, proprio perché sa di “già visto”.
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La recensione in breve
Il ragazzo e l'airone è un viaggio attraverso un ragazzo e il suo lutto, in un mondo concentrico pieno di meraviglia e magia. Il nuovo film di Hayao Miyazaki presenta degli effetti visivi eccezionali, ma la storia pecca di troppo citazionismo e auto-referenzialità.
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Voto ScreenWorld