È il 1953 e Cinecittà è diventata la rinomata Hollywood sul Tevere, con tante produzioni americane di genere storico e mitologico (i cosiddetti peplum) e i divi che invadono le notti della capitale romana, prefigurando quella che sarà la Dolce vita descritta nel capolavoro di Fellini. Ma non erano solo festini e bagordi notturni a riempire il tempo del jet set dell’epoca: ci fu anche un delitto irrisolto, il primo caso mediatico italiano, quello di Wilma Montesi, ventenne e aspirante attrice trovata annegata sulla spiaggia di Torvaianica il 9 Aprile di quel fatidico anno. Da qui che prende le mosse Saverio Costanzo per costruire una storia immaginaria che descrive il frenetico mondo della Cinecittà dei tempi d’oro, in cui il destino interseca le vicende di alcuni personaggi eterogenei. Ne parleremo in questa nostra recensione di Finalmente l’alba, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2023.
Finalmente l’alba
Genere: Drammatico
Durata: 140 minuti
Uscita: 14 dicembre 2023 (Cinema)
Cast: Lily James, Rebecca Antonaci, Joe Keery
Pregustando la dolce vita
Finalmente l’alba si svolge quasi interamente nell’arco di un’unica frenetica notte durante la quale Mimosa, una giovane e ingenua ragazza della piccola borghesia romana, dopo aver fatto la comparsa in un kolossal americano a Cinecittà ambientato nell’antico Egitto, viene coinvolta suo malgrado nella nottata di bagordi della diva del momento, Josephine Esperanto (Lily James), che l’ha presa sotto la sua ala, più per un capriccio che per un vero interesse umano nei suoi confronti. Attorno all’attrice gravitano altri personaggi come la giovane star in ascesa, co-protagonista del film peplum, Sean Lockwood (interpretato dal Jonathan di Stranger Things, ovvero Joe Keery) e Rufus Priori, un gallerista d’arte molto importante, interpretato da un Willem Dafoe ormai perfettamente calato nella realtà italiana. Da un night club si passa ad un mega-festino equivoco in una villa fuori Roma, nelle vicinanze della località in cui, proprio quel giorno, è stato trovato il corpo della giovane Wilma Montesi.
Bellissima
L’attacco di Finalmente l’alba sembra riferirsi in modo esplicito a Bellissima, il capolavoro viscontiano del 1951 in cui Anna Magnani e la sua figlioletta rimanevano stritolate dai perversi meccanismi della macchina dello spettacolo di Cinecittà. Qui invece abbiamo due giovani sorelle, accompagnate da una mamma preoccupata ma anch’essa illusa dal sogno del cinema, che si infiltrano tra le comparse del kolossal americano di turno, grazie a un faccendiere che svolge un ruolo analogo a quello che interpretava Walter Chiari nel film di Visconti. Con la differenza che questo è solo l’assunto del film. Quando Mimosa, la più ritrosa tra le due sorelle, viene scelta dalla diva in persona per stare accanto a lei sul set come ancella, la vita della spaesata e semplice ragazza sembra avere un’improvvisa svolta.
Lo sceicco bianco
Costanzo segue Mimosa nell’arco di una interminabile e incredibile notte, alla quale Mimosa (interpretata da Rebecca Antonaci), cercherà perpetuamente di sottrarsi senza riuscirci, perché quel mondo che lei ha visto solo sullo schermo è un’attrattiva troppo forte per la sua grigia esistenza legata ad un fidanzato poliziotto fin troppo impettito e sudato, verso cui la sua famiglia la spinge in virtù del lavoro sicuro. E come la protagonista dello sceicco bianco (ancora Fellini), Mimosa si ritrova a vivere una notte lontana dalla sua vita semplice, in balia di dive bizzose e attori affascinanti ma vuoti, ma soprattutto lontano dal noioso fidanzato.
Discesa nell’incubo
La notizia al telegiornale del ritrovamento del cadavere di Wilma sembra mettere in allarme lo spettatore, soprattutto nel momento in cui la giovane Mimosa viene portata in una villa che si trova nella medesima località della macabra scoperta. È una pista che si insinua, creando tensione nella mente di chi guarda, facendo supporre che Mimosa possa patire la stessa sorte della giovane Wilma. L’elemento thriller è sottolineato tra l’altro da un commento musicale elettronico (ad opera di Massimo Martellotta) piuttosto serrato, volutamente stridente con l’epoca in cui è ambientato il film. Gli incontri e gli episodi si affastellano in modo sempre più parossistico, contribuendo ad aumentare la tensione e l’inquietudine, ma sviando anche l’attenzione su una falsa pista che in realtà non viene seguita fino in fondo.
L’apparente trama gialla, chiaramente suggerita da molti indizi, non viene consumata mentre è chiaro che il fulcro di Costanzo è tutto sulla contrapposizione tra la delicatezza e la grazia incontaminata di Mimosa e l’ambiente laido e falso del jet set romano degli anni ’50, nel quale venivano consumati numerosi abusi, con l’avallo di una variegata fauna di ruffiani e laidi personaggi. Mimosa diventa tra l’altro il balocco della diva capricciosa ma, quando viene messa all’angolo, la sua purezza e la sua autenticità conquistano tutti, facendola diventare un’attrazione suo malgrado. È come se il racconto procedesse su più binari, lasciandone uno irrisolto, mentre l’altro viene solo accennato. Il viaggio di Mimosa nel lato oscuro di Roma e dintorni, echeggiando la Dolce Vita e altri pilastri del nostro cinema, risulta in un primo momento intrigante, ma quando certe premesse vengono disattese, il mordente cala e rimane solo la sensazione di un viaggio, a tratti affascinante, che non ha portato a nulla. Momenti surreali del film, tra cui quello finale che non anticipiamo qui, sembrano incoerenti col resto della narrazione, come se appartenessero ad un altro film che forse è rimasto solo nella testa del regista.
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La recensione in breve
Finalmente l'alba si aggira in un immaginario leggendario e ben conosciuto, trasformando una notte di bagordi pre-Dolce vita in una sorta di incubo, senza avere il coraggio di spingere il pedale fino in fondo, lasciando irrisolto sia l'elemento thriller, che lascia solo annusare allo spettatore, sia la rievocazione-denuncia di un'epoca di eccessi e abusi.
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Voto ScreenWorld