18 marzo 1944. Il Vesuvio erutta per l’ultima volta. Eppure nel cuore pulsante di Napoli c’è un altro vulcano dormiente pronto a esplodere. Un uomo che si è tenuto dentro un grande dolore e poi lo ha svuotato nel mare della sua città. Un magone in gola riversato con dolcezza nello schermo più grande possibile.
Apriamo la nostra recensione di È stata la mano di Dio rievocando il senso di liberazione che attraversa ogni fotogramma dell’ultimo, splendido film di Paolo Sorrentino. Un’opera sincera, autentica, piena di vitalità nonostante sia attraversata dalla morte. Siamo certi che È stata la mano di Dio sarà una diga nella carriera di Sorrentino. Un solco indelebile che segnerà un prima e un dopo nella sua poetica e nella sua filmografia. Forse, dopo aver sublimato i suoi traumi grazie al cinema, il suo cinema sarà diverso. Più conciliante e meno schivo. Più semplice e meno artefatto. O forse verremo sorpresi ancora. Una cosa è certa: È stata la mano di Dio è il grande capolavoro di Paolo Sorrentino. Grande cinema che ricorderemo per quello che vale, per quello che rappresenta e per tutte le volte che ci verrà a trovare nel corso del nostra vita.
È STATA LA MANO DI DIO (2021)
Genere: Drammatico
Durata: 130 minuti
Uscita: 24 novembre 2021 (Cinema); 15 dicembre 2021 (Netflix)
Cast: Filippo Scotti, Toni Servillo, Luisa Ranieri
I dolori del giovane Fabio
“La realtà è scadente. Il cinema no“. Questo pensa Fabietto Schisa, adolescente solitario e inespresso, che vive nella Napoli tutta sogni, delusioni e speranze degli anni Ottanta. Il grande miraggio si chiama Diego Armando Maradona, il fuoriclasse del Barcellona che potrebbe arrivare al Napoli da un momento all’altro. Questa infinita attesa è l’emblema della vita di Fabio: a metà strada tra la voglia di fare e la paura di lasciarsi andare. Sognare attraverso il cinema o accontentarsi? Nel dubbio il giovane protagonista di È stata la mano di Dio si rifugia nella sicurezza del suo nido: la sua famiglia tutt’altro che perfetta, piena di contrasti, dolori, sfottò e malelingue. Mamma, papà e suo fratello sono le uniche coordinate di Fabio, il suo burrascoso porto sicuro. L’unica ancora di salvezza di un ragazzino in balia di un’età fatta di dubbi e incertezze. Una bolla che all’improvviso scoppia quando un evento lo scuote da questo torpore. E no: non è stata la mano di Maradona.
È davvero riduttivo soffermarsi sulla trama e sulle premesse narrative del nuovo di film di Sorrentino. Perché È stata la mano di Dio vive soprattutto di suggestioni visive (una Napoli luminosa e allo stesso tempo malinconica), suoni e gesti che rimangono impressi. Come fanno le abitudini domenicali di una famiglia. Come fanno i ricordi di gioventù. Come fa la vita. È nel particolare che Paolo Sorrentino trova la forza prorompente per scuotere. È nei dettagli più piccoli che si nasconde la grandezza di questo film autobiografico, che ci restituisce un autore mai così sincero.
La mano di Paolo
Fabio lo imparerà presto: spesso il grande cinema nasce proprio da vite scadenti, da traumi e ferite ancora aperte. Sorrentino, invece, lo sa benissimo e non nasconde più nulla. Con È stata la mano di Dio si mette a nudo, si espone, presta il fianco ai suoi dolori. Un atto di coraggio per niente banale, che dimostra una commovente fiducia nel cinema come luogo di condivisione e catarsi. Questa volta il suo cinema si spoglia delle vesti intellettuali, trascura la testa per metterci pancia e cuore. È stata la mano di Dio è un film popolare, umano, terreno come non mai. Ispirato da una Napoli che è mamma, amante, amica, fonte di amore e di odio allo stesso tempo, Sorrentino dà vita a un ritratto familiare dall’autenticità davvero commovente. Non avevamo mai visto un Toni Servillo così naturale, una Luisa Ranieri così radiosa e soprattutto non potevamo certo conoscere lo sconfinato talento di Filippo Scotti. Un ragazzo che ha portato addosso un fardello pesantissimo (la vita stessa del regista) con una naturalezza davvero disarmante.
Così viene a galla un’opera impregnata di ricordi dolcissimi e attimi tremendi, di grasse risate e pianti strazianti. È stata la mano di Dio è un film schietto come una confessione tenuta chiusa a chiave tanto tempo. Per questo viene voglia di entrarci in punta di piedi, con rispetto e timore. Eppure, una volta dentro questa Napoli non ci sarà spazio per il pudore. Sorrentino strattona, ferisce e travolge con un film che in un modo o nell’altro viene a bussare alla tua porta. Se sei genitore, figlio, allievo, fratello. Se sei partito o sei tornato. Se hai avuto il coraggio di restare o quello per andare via da casa. Se hai ricordi limpidi della casa dei nonni, dei pranzi in famiglia e delle partite viste con tuo padre. È stata la mano di Dio riconcilia Sorrentino con il suo passato, con la sua vita e con il suo cinema. Un cinema che forse, dopo questo splendore, non potrà più tornare come prima.
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Conclusioni
Autentico, schietto e commovente. È stata la mano di Dio ci regala un Paolo Sorrentino inedito, capace di mettersi a nudo e di sublimare i suoi dolori attraverso pura meraviglia cinematografica.
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Voto ScreenWorld