Diciamoci la verità: chi poteva mai immaginare che un film dedicato alla bambola più famosa del mondo potesse diventare uno dei film più memorabili del 2023? Di Barbie si sapeva poco, anzi pochissimo. I trailer lasciavano intuire quel tanto che bastava per stimolare la curiosità, ponendo l’accento sul tono parodistico, sulle scenografie tinte di rosa e colori pastello, sulla recitazione over the top di Margot Robbie e Ryan Gosling, ma senza scendere troppo nel dettaglio della storia che sarebbe stata raccontata. Una scelta che sarebbe stata audace per qualsiasi film uscito in questo periodo, attenti come siamo – fino a darle forse sin troppa importanza – nei confronti della trama, figuriamoci in questo caso. Il buzz virale, composto da reazioni social e divertenti meme (complice anche il tormentone del Barbenheimer), ha fatto il resto, instillandoci un’irrefrenabile curiosità su questo film-giocattolo a cui, per diventare iconico, è bastato mostrare la confezione.
Ma un giocattolo non è la scatola che lo contiene. È, invece, la maniera in cui viene usato a definirlo. In questo caso sono Greta Gerwig e Noah Baumbach a giocarci e, come vedremo nella nostra recensione di Barbie, il risultato non è solo qualcosa di straordinario, ma raro. Perché unendo passione per il cinema, commedia e satira pungente, mischiando toni camp con quelli drammatici, passando dalla superficialità giocosa all’esistenzialismo più serio, Gerwig e Baumbach sono stati capaci di trasformare un film su un fenomeno in un film fenomenale.
Genere: Commedia
Durata: 114 minuti
Uscita: 20 luglio 2023
Cast: Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Rhea Perlman, Will Ferrell
L’insostenibile leggerezza di essere Barbie
Sedersi sulla poltrona del cinema e non saper prevedere cosa andremo a vedere: è qualcosa che oggi accade sempre meno spesso e, nel caso specifico di Barbie, contribuisce tantissimo a godere di una visione senza pregiudizi e ricca di sorprese. Per questo motivo, così come noi non sapevamo nulla di quello che avremo visto nel momento in cui è iniziata l’anteprima stampa, è bene spendere solo poche righe nei confronti della trama del film, raccontando solamente la premessa iniziale.
Siamo a BarbieLand, il mondo in cui tutte le Barbie e tutti i Ken vivono il loro giorno perfetto, sempre uguale, come dev’essere. Un mondo tinto di rosa dove le Barbie abitano le loro case da sogno, vanno in spiaggia, si scambiano premi Nobel e fanno feste. Un mondo dove i Ken sono solo comprimari, uomini in attesa di essere guardati dalle loro Barbie, un pizzico gelosi gli uni con gli altri, ma parte di una routine collaudata, sicura e precisa. Le giornate vengono trascorse così, inamovibili, finché una delle Barbie (Margot Robbie) non inizia ad avere pensieri legati alla morte. Da quel momento la perfezione della sua routine viene meno e, ancor peggio, il suo corpo inizia a cambiare: sulle gambe compaiono i primi segni di cellulite, i piedi si appoggiano per terra (anziché rimanere sulle punte, posizione perfetta per poter indossare scarpe col tacco), lo sguardo e i sorrisi lasciano spazio a un po’ di inquietudine.
Il motivo sembra essere chiaro: sono tutte conseguenze di un legame emotivo proveniente dalla bambina, non più felice, che sta giocando con lei nel mondo reale. La nostra Barbie dovrà convincere la bambina a ritrovare quella gioia perduta e sarà costretta a viaggiare, quindi, nel mondo reale, che lei crede perfetto quanto BarbieLand. Scoprirà, però, che la realtà è molto diversa da quello che credeva.
Un monolito rosa
Margot Robbie, gigantesca, nel ruolo della prima Barbie col costume da bagno bianco e nero come il monolito nero di 2001: Odissea nello spazio. Le bambine si avvicinano, la sfiorano e da quel momento nulla sarà più come prima. Da quel momento, come nel capolavoro di Kubrick dall’osso all’astronave, dalla vecchia bambola al fenomeno Barbie è questione di un attimo.
Se ci soffermiamo su questa breve sequenza, mostrata nel primo teaser trailer, è perché descrive perfettamente il lavoro in fase di scrittura di Gerwig e Baumbach. Dietro la divertente citazione a uno dei massimi capolavori della settima arte si nasconde una metafora precisa e intelligente: la bambola come un monolito capace di cambiare tutto.
Ecco, il vero fascino di Barbie sta nella scrittura brillante, capace di nascondere nella sua apparente superficialità un discorso profondo che riguarda tutti. Perché nel suo registro camp, fatto di dialoghi artefatti, di reazioni esagerate, di momenti in cui sembra impossibile prendere il film sul serio, si nasconde un fiero e sacrosanto grido di denuncia che riguarda la società in cui viviamo, le nostre abitudini, la Mattel stessa, il patriarcato o le relazioni tossiche. Lo fa sempre con il sorriso, come nelle migliori commedie satiriche, riuscendo a scherzare persino sul film stesso, in un gioco meta-testuale che evita costantemente la sensazione di lezione impartita dall’alto.
Barbie come il monolito nero non è l’unico legame con il film di Kubrick. Il viaggio della Barbie Stereotipo di Margot Robbie è un’odissea verso la propria presa di coscienza, un percorso che la porterà ad andare oltre l’infinito e rinascere. Noi spettatori siamo invitati a toccare quel monolito rosa e partecipare a una nuova alba dell’uomo, prendendo consapevolezza del mondo in cui viviamo e cercare di migliorarlo.
Tradendo un colorato ottimismo, Barbie è un film che ha un’enorme fiducia nel futuro.
“Le idee restano per sempre”
Una volta arrivati ai titoli di coda del film, una frase, pronunciata da un personaggio, continua a echeggiare nella nostra testa: “Gli umani prima o poi se ne vanno. Le idee restano per sempre“. E Barbie di idee ne ha molte. Dalle stupende scenografie di BarbieLand, che richiamano una dimensione puramente ludica, alla maniera in cui le tematiche vengono affrontate, il film racchiude tutto ciò che dovrebbe essere il cinema per il grande pubblico. Divertente, emozionante (non mancano veri e propri momenti commoventi), capace di coinvolgere gli spettatori di ogni età, sapendo benissimo come equilibrare toni e registri diversi, che siano alti o bassi.
E in tutto questo è anche un film che non possiamo che definire perfetto cinema d’autore, per la padronanza in sede di scrittura e di regia che dimostra di avere.
E, come se non bastasse, è sorretto da un cast in stato di grazia, che comprende anche America Ferrera (che ha dalla sua un monologo potentissimo) e Will Ferrell (nei panni spassosi del CEO della Mattel). Se Margot Robbie incarna perfettamente lo spirito di una Barbie Stereotipo (ovvero la Barbie che racchiude l’essenza dell’essere Barbie) e bilancia nel migliore dei modi un ruolo difficilissimo (per come deve sembrare, per rappresentare il cambiamento, per legarsi con lo spettatore e rendere umana una bambola innaturale), è Ryan Gosling nel ruolo di Ken che ruba la scena. Balla, canta (e il momento musical è uno degli apici del film), serio anche quando risulta ridicolo e viceversa, perfetto attore comico che non sbaglia un movimento, un’occhiata, un gesto.
Barbie è un cinema brillante e ricco di idee, libero come la fantasia di un bambino che gioca. E poco importa se il finale tradisce un po’ le aspettative create, come se la varietà e la quantità di argomenti e tematiche affrontate nel corso della storia fossero sin troppe per dare una chiusura precisa e perfetta a tutto: il risultato non cambia. Barbie si dimostra uno dei migliori film di quest’anno cinematografico. Irresistibile, intelligente e, soprattutto, iconico.
Non potrebbe essere altrimenti. Dopotutto “le idee restano”.
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La recensione in breve
Barbie è un film che unisce il cinema popolare con quello d'autore. Sotto la patina di commedia camp, il film di Greta Gerwig nasconde una scrittura brillante, capace di equilibrare risate, satira ed emozione. Con un cast in stato di grazia, Barbie è un film intelligente e irresistibile, capace di diventare presto un titolo iconico.
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Voto ScreenWorld