Da qualche giorno è approdato nelle nostre un lungometraggio coraggioso, diviso e importante: Civil War. La quarta opera di Alex Garland parte con la più semplice delle premesse, anche se pervasa dal peggiore degli scenari nella storia dell’uomo: la guerra. Una guerra civile che infiamma gli Stati Uniti e costringe quattro giornalisti ad unirsi in viaggio per poter intervistare il Presidente prima che tutto crolli. Un’impresa non tanto facile, ma che mette i protagonisti (e soprattutto noi spettatori, cittadini occidentali) di fronte ad uno scenario dove l’umanità pare aver poco spazio. Se dalle premesse Civil War sembra abbia le classiche caratteristiche del war movie, dove la violenza nuda e cruda avrebbe preso l’intera scena, una volta visto ci si ricrede. Per saperne di più, ecco la nostra recensione!
Ma quello di cui si vuole parlare oggi è ben altro. Siamo su lidi totalmente differenti. Non è lo spazio adatto per parlare della politica interna statunitense o delle motivazioni che hanno portato ad uno scontro interno tra stati. Se vi dicessimo che Civil War non si differenzia da un certo tipo di cinema, addirittura da quello delle origini? L’ultimo lungometraggio di Garland ha dei punti in comune con l’ormai centenario cinema delle attrazioni nato con il cinematografo dei fratelli Lumière. In questo articolo andremo ad esplorare somiglianze e differenze tra una pellicola così contemporanea e una settima arte ancora in fasce, mentre nuovi macchinari venivano creati, nuovi generi nascevano e l’arte si arricchiva di nuovi nomi.
C’era una volta in cinema che fu..
Parigi, 28 dicembre 1895, Gran Café di Parigi, interno, notte. Auguste e Louis Lumière proiettano per la prima volta ad uno pubblico pagante dei brevi filmati in pellicola di immagini in movimento grazie al cinematografo. Le scene in questione sono brevi episodi di vita quotidiana come “L’uscita dalle officine Lumière” o il famoso “L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat”, oppure sketch comici come “L’innaffiatore innaffiato”. Ebbero un grande successo, produssero più di 1.400 scenette, produssero macchine da presa che diedero ai loro collaboratori da mangiare in giro per il mondo. Nel breve periodo questa nuova arte si stava diffondendo in Europa, tutti volevano un cinematografo, anche Thomas Edison, leggendario inventore statunitense che era riuscito a creare un proiettore di propria creazione. Il cinema era il nuovo fuoco di Prometeo donato agli uomini per meravigliarsi di fronte alle meraviglie del mondo. Pian piano iniziano a nascere le prime sale e le programmazioni, le prime bobine di pellicole in grado di contenere diversi e brevi film tra loro. Insomma, era nato un cinema larvale, nella quale la funzione principale rimaneva allora una: intrattenere. Non tanto distante da quello di oggigiorno e questo la dice lunga su quanto il cinema si sia trasformato nel corso di 129 anni.
Fatto questo preambolo di natura storica, che cosa ha in comune Civil War con tutto ciò? Per scoprirlo c’è bisogno di parlare delle proiezioni in queste prime e rudimentali sale, nelle quali imbonitori o brevi accompagnamenti musicali dilettavano lo spettatore durante le proiezioni delle varie scene che si susseguivano. Ma quali erano effettivamente i contenuti? Film di finzione, brevi filmati di qualunque genere, anche di informazione. Avveniva un incidente? Il regista in questione si informava sull’evento e lo ricostruiva. Una volta presentato nelle sale, lo spettatore assisteva al fatto ricostruito nella maniera più fedele possibile, dando per certo quello che è successo. È come assistere ad un documentario o un reportage giornalistico, seppur semplice e rudimentale. Chi faceva più informazione ai tempi erano i giornali, questo è risaputo, poi, come si vedrà, nasceranno i cine-giornali, ma non è questo il punto.
..e che vive ancora
L’ultimo lavoro di Alex Garland non si discosta più di tanto da questo tipo di cinema. Ovvio, è un lungometraggio di mastodontiche dimensioni sia dal punto di vista tecnologico che da quello economico, ma il regista inglese non si è diversificato nella prassi: ha voluto ricostruire un paese nel pieno della guerra civile, inscenare un viaggio in cui dei reporter di guerra attraverso gli Stati Uniti per scattare la verità, fermare quell’istante per mostrarlo al mondo e, nel caso di quest’opera coraggiosa, allo spettatore. Non si è tanto lontano dalla realtà, perché Civil War mostra già nei primi minuti l’assalto di Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Immagini forti, che ancora oggi riecheggiano nella mente degli statunitensi. Si ricostruisce qualcosa di vero per proseguire con qualcosa di verosimile e al contempo divisivo. I testimoni che hanno assistito alla visione di questa pellicola, e in particolare i cittadini statunitensi, non si stanno godendo uno spettacolo di varietà che una volta concluso dimenticheranno per poi riprendere la sera una visione successiva. Perché Civil War non è una semplice ricostruzione, ma un possibile scenario in cui l’America potrebbe cadere a causa dei suoi stessi mali politici.
Ricostruire gli eventi per informare. Informare per scuotere le genti. Civil War è un film di finzione? Certamente. Il cinema delle attrazioni fungeva anche da informatore, arrivavano dove i giornali non potevano giungere: rappresentare. In questo il prodotto A24 fa un passo in più, omaggiando il coraggio dei giornalisti nel raccontare la verità attraverso la loro difficile scampagnata on the road. Il documentario, che nasce dalle vedute in giro per il mondo cpmpiuto dagli operatori dei Lumièrere, non è molto distante dalle sequenze che vediamo di queste strade deserte, con carcasse di automobili bruciate e parchi abbandonati a se stessi. Un reportage macabro che Garland, da ricordare di nazionalità britannica e teoricamente estraneo agli Stati Uniti, porta in sala. Non gli interessa mostrare le bellezze di una nazione, quanto quelle conseguenze di un conflitto che potrebbe scoppiare da un momento all’altro, un monito che potrebbe non essere digerito in un primo momento, ma che potrebbe svegliare politicamente la coscienza di una fascia di popolazione mondiale, nello specifico sappiamo quale, in un anno cruciale come il 2024 in cui le elezioni presidenziali plasmeranno il futuro degli Stati Uniti d’America.
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