Continuiamo la nostra panoramica dei potenziali contendenti per l’edizione numero 95 degli Academy Award (le nomination saranno annunciate il 24 gennaio). Il 21 dicembre, dopo il primo round di votazioni, per diverse categorie sono state rese note le cosiddette shortlist, ovvero i semifinalisti fra cui saranno poi scelti i cinque titoli candidati. Particolare attenzione la merita, in tal senso, la competizione per l’Oscar 2023 come miglior film internazionale: qui, infatti, è possibile ammirare una grande varietà di proposte, con opere di alcuni fra i maggiori cineasti della scena internazionale e pellicole ben lontane dalla tipica comfort zone dell’Academy. Quale situazione si profila dunque per i prossimi Oscar? Di seguito, andiamo ad analizzare le previsioni per l’Oscar 2023 come miglior film internazionale, i pesi massimi che potranno far sentire la propria voce.
Niente di nuovo sul fronte occidentale: l’asso nella manica di Netflix?
Se stavolta, a differenza degli scorsi anni, Netflix rischia di non piazzare neppure un titolo fra i dieci contendenti per l’Oscar come miglior film, in compenso il colosso dello streaming parte con ottime chance sia tra i film d’animazione (il Pinocchio di Guillermo del Toro), sia tra i film internazionali, dove schiera in prima fila Niente di nuovo sul fronte occidentale. Diretta dal regista tedesco Edward Berger e selezionata a rappresentare la Germania, questa nuova trasposizione del classico di Erich Maria Remarque ha ricevuto gli elogi della critica per la sua lucida descrizione degli orrori della Prima Guerra Mondiale mediante lo sguardo di un giovane soldato del Secondo Reich.
Portato al cinema per la prima volta nel 1930 con il capolavoro di Lewis Milestone All’Ovest niente di nuovo (eletto miglior film alla terza edizione degli Oscar), il romanzo di Remarque propone una riflessione sulla guerra che si mantiene valida e attuale anche a un secolo di distanza. Inoltre, Niente di nuovo sul fronte occidentale è stato selezionato in un totale di cinque shortlist e, date le sue indubbie qualità tecniche, potrebbe raccogliere un cospicuo numero di voti pure in altre categorie: con questi presupposti, sembra inevitabile considerarlo uno dei più probabili candidati per l’Oscar come miglior film internazionale del 2022.
Da Cannes agli Oscar: Close, La donna del mistero e EO
Fra le altre pellicole che hanno riscosso l’entusiasmo della critica e dei cinefili, non possono mancare ovviamente alcune delle punte di diamante dello scorso Festival di Cannes, da sempre una prestigiosa ‘vetrina’ anche rispetto alla stagione americana dei premi. Partiamo da Close, tenero racconto di formazione a sfondo omosessuale firmato dal regista belga Lukas Dhont, che già si era fatto apprezzare con il precedente Girl; vincitore del Gran Premio della Giuria a Cannes (il secondo trofeo in ordine d’importanza) e candidato al Golden Globe tra i film in lingua non inglese, Close sta facendo breccia fra gli spettatori attraverso la storia dell’educazione sentimentale del suo giovanissimo protagonista. In Italia, l’opera di Dhont arriverà nelle sale mercoledì 4 gennaio.
Sempre da Cannes punta agli Oscar La donna del mistero, applauditissimo noir diretto da Park Chan-wook e in uscita nelle sale italiane il 2 febbraio; considerato da vent’anni uno dei maestri del thriller in virtù di titoli quali Oldboy e la Trilogia della Vendetta, Park potrebbe attirare per la prima volta l’interesse dell’Academy dopo essersi già guadagnato il premio per la regia a Cannes e la nomination al Golden Globe. Più incerte le quotazioni di EO, surreale racconto di viaggio di un asino attraverso l’Europa: diretto dal veterano polacco Jerzy Skolimowski e insignito del Premio della Giuria a Cannes, EO è stato accolto con ampio favore pure dalla critica americana… basterà a farlo rientrare nella rosa dei candidati come miglior film internazionale?
Gli altri semifinalisti, da Argentina, 1985 a Bardo di Iñarritu
Di impianto più tradizionale rispetto a EO, e pertanto con maggiori possibilità di far breccia fra i membri dell’Academy, è Argentina, 1985 di Santiago Mitre, in concorso alla Mostra di Venezia e disponibile su Prime Video: una rigorosa ricostruzione del processo intentato ai membri della giunta militare a capo della dittatura che governò il paese fra il 1976 e il 1983, con Ricardo Darín nel ruolo del pubblico ministero Julio César Strassera. Sempre dal Festival di Venezia proviene Bardo, la cronaca falsa di alcune verità, autoritratto dal taglio felliniano di uno dei beniamini degli Oscar, Alejandro González Iñárritu: l’accoglienza per Bardo, distribuito su Netflix, è stata tutt’altro che calorosa, ma la popolarità del cineasta messicano è un fattore da non sottovalutare.
Altre pellicole che possono legittimamente aspirare a trovare posto nella cinquina dell’Oscar: Il corsetto dell’Imperatrice di Marie Kreutzer (dall’Austria), con Vicky Krieps nei panni di un’adulta e disillusa Imperatrice Sissi; Saint Omer di Alice Diop (dalla Francia), crudo dramma giudiziario ispirato a Medea di Euripide e vincitore del Gran Premio della Giuria a Venezia; il thriller Holy Spider di Ali Abbasi (dalla Danimarca), ricostruzione dell’indagine su un serial killer nell’Iran di inizio millennio; e Joyland di Saim Sadiq (dal Pakistan), affresco familiare premiato con la Queer Palm a Cannes ma oggetto di censura in patria.