Le mani di Morpheus nascondono bugie. Pillola rossa o pillola blu è l’ennesima menzogna. Perché non abbiamo mai potuto scegliere davvero. No, Matrix lo abbiamo ingoiato senza che qualcuno ci abbia chiesto se avessimo voglia di assaporare quella roba dal sapore così strano. Amara come ogni grande distopia ma col retrogusto dolce della ribellione e della speranza.
Altro che evitare proiettili in bullet time. Matrix ci ha puntato la pistola alla tempia e ci ha sussurrato: “Schiva questa”. Ci ha colpiti dritti in fronte con la sua storia in apparenza cervellotica eppure accessibile. Perché poche cose sono più stratificate di Matrix. Un film-ascensore che permette al pubblico di scendere al piano più invitante. Oppure di godersi tutto il viaggio: dall’action movie popolare alla metafora esistenziale, passando per profezie sociologiche e l’immancabile viaggio dell’eroe.
In occasione dell’arrivo di Matrix Resurrections, quarto capitolo della saga, scopriamo insieme perché Matrix è così importante. E come mai siamo così felici di aver ingoiato quella pallottola.
Nel tempo, oltre il tempo
Neo ferma i bussolotti con la forza del pensiero. Ecco, questa non è solo una delle immagini più iconiche e potenti di Matrix, ma un frame che racconta Matrix stesso. Un film che il suo tempo lo ha fermato davvero, perché sì, Matrix è prima di tutto una perfetta fotografia di quel lontano 1999. Un anno inquieto, che affrontava la fine del millennio con grandi dubbi e paure nel cuore. Qualcosa stava per finire e nell’inconscio collettivo si crea uno spirito apocalittico riversato anche nel cinema. E così ecco spuntare Fight Club, con la sua atroce critica al capitalismo, al consumismo e all’impossibilità di sentirsi davvero liberi dai vincoli della società. David Fincher cala tutto dentro un incubo livido, usando la stessa palette cromatica di Matrix dominata dal verde.
Stesso anno e stessa insofferenza anche in Magnolia di Paul Thomas Anderson, dove l’incomunicabilità tra esseri umani sembra condannare tutti alla solitudine e all’assurdità della vita. Non è un caso che alla fine dal cielo piovano rane. Ecco, proprio come questi due capolavori, anche Matrix incarna lo spauracchio del Millennium Bug, abbraccia la paura del futuro e la minaccia del cambiamento. Lo fa travestendosi da grande battaglia contro il mondo freddo e perverso della tecnologia, ma in realtà va oltre questa visione superficiale.
Matrix è importante perché è sia figlio del suo tempo che padre (anzi, matrice) di quello che verrà dopo di lui. Così si mette a fare il profeta. Quasi dieci anni prima del boom dei social network, le sorelle Wachowski parlavano già di identità fluida, di immagine di sé che si adatta al mezzo in cui viene esposta e attraverso la dicotomia Thomas Anderson/Neo segnano la via dei nostri destini: vivremo off line e on line, stretti nell’abbraccio tra reale e virtuale.
Matrix, poi, impone un’ estetica e nuovi canoni per il cinema action a dir poco virali. Per informazioni rivolgersi a tutto quel cinema che negli anni a venire ha abusato di bullet time, camminate sui muri e scazzottate al rallenty. Senza dimenticare l’impatto sulla moda di occhiali da sole specchiati, lunghi cappotti neri e capi in latex. Matrix è ovunque, è attorno a noi. Ancora oggi. Morpheus, forse, non mentiva affatto.
Opposti si attraggono
L’importanza di Matrix va oltre le sue profezie da oracolo. La grandezza di tutta la saga è soprattutto in un grande invito che rivolge a tutti noi: aprire la mente e smetterla di ragionare in modo binario. La realtà non è divisa solo in 0 e 1, in bianco contro nero. Insomma: il mondo non vive solo di opposti in contrasto. Ed è per questo che le sorelle Wachowski gli opposti li hanno sempre fatti convivere a meraviglia. Basti pensare che sul set al fianco di esperti di arti marziali c’erano anche filosofi chiamati a raccontare il mito della caverna di Platone e i dilemmi di Cartesio. Tra azione e riflessione, libero arbitrio e omologazione, Matrix ha fatto una cosa difficilissima: non ha mai semplificato, ha sempre cercato la complessità senza mai diventare complicato. Inutile mettere in contrasto reale e virtuale, perché presto tutti saremo immersi in una miscela tra digitale e analogico. E così è stato. Perché mai raccontare il futuro facendo a meno di archetipi vecchi quanto l’umanità? E allora ecco il viaggio dell’eroe, segnato da profezie e mentori lungo il cammino, che abbraccia l’estetica cyberpunk. Come se fossimo dentro la più classica delle fiabe travestita da distopia futuristica.
A proposito di opposti che si attraggono, Matrix ha fatto un altro miracolo: ha avuto una visione Occidentale senza dimenticare una sensibilità Orientale. E no, non ci riferiamo solo al sogno rivoluzionario delle sorelle Wachowski: girare il primo anime in live action (Ghost in the Shell e Akira saranno riferimenti importanti per la saga). Ci spieghiamo meglio. Da una parte l’ascesa di Neo, con tanto di parabola cristologica (confermata, qualora ce ne fosse bisogno, dal titolo del quarto capitolo: Resurrections), richiama una visione molto individualista della realtà. L’occidente nelle sue storie ha sempre avuto bisogno di eleggere un eroe, un messia in cui credere, un salvatore in cui identificarsi. Non è un caso che la vita del signor Anderson sia una via di mezzo tra quella del classico supereroe dotato di alterego e quella del tradizionale predestinato che ha bisogno di uscire dalla sua tana per affrontare un viaggio di iniziazione. Proprio come Frodo, Luke Skywalker e Alice poco prima di entrare nel Paese delle Meraviglie.
Al fianco di questo percorso i sequel Reloaded e Revolution hanno arricchito questa visione occidentale con un racconto molto più corale. L’attenzione verso il collettivo, incarnata dalla ribellione del popolo di Zion contro le macchine, ci ricorda quanto Lilly e Lana Wachowski siano state vicine all’induismo. Dottrina che ritroviamo nel fascino metafisico e nel costante bisogno di trasformazione dentro ogni goccia di Matrix. Vedere le cose come un eterno braccio di ferro tra forze opposte ci semplifica la vita, è vero, ma è anche una bugia comoda che ci raccontiamo per andare avanti. Matrix ci ha offerto la possibilità di sbirciare nella complessità del mondo, svelandoci che, infondo, ogni cosa (noi in primis) è fatta di contrasti che convivono.
La domanda è la risposta
È la domanda il nostro chiodo fisso, Neo. È la domanda che ti ha spinto fin qui. E tu la conosci, come la conoscevo io. Che cos’è Matrix?
Cosa è reale? Chi sono io? Qual è il mio posto nel mondo? Un chiodo fisso sotto ogni punto interrogativo. Tutte domande esistenziali che attraversano tutta la saga. Per questo Matrix ci ha insegnato una cosa importante: un mondo che ha tutte le risposte è un mondo abitato da tanti agenti Smith. Un mondo impettito, impomatato, sicuro di sé, borioso e di conseguenza senza stimoli. Un mondo freddo e gelido in cui nessuno pensa davvero. Matrix, al contrario, è pura filosofia: ovvero l’arte del farsi domande. Ora che viviamo nell’epoca della tuttologia, in cui tutti sembriamo sapere tutto di tutto, lo scetticismo di Matrix è un esempio prezioso. Uno specchio in cui riflettere sui nostri limiti. E allora, forse, la lenta presa di coscienza di Neo diventerà anche la nostra. Tutti alle prese con nuove consapevolezze.
Per questo abbiamo apprezzato anche il tanto discusso e bistrattato Matrix Resurrections. Perché secondo noi è un enorme dito medio mostrato in faccia a quella Hollywood che si rifugia nel passato e nella nostalgia alimentata da sequel, remake e spin-off che non rischiano mai. Questo quarto Matrix invece azzarda eccome. Eccede, sbaglia, deraglia, ma ci racconta ancora una volta l’atto più liberatorio che ci sia: fare di testa nostra, fregandocene di pregiudizi e aspettative altrui. Come ha fatto Lana Wachowski con Resurrections. Come ha fatto Neo quando ha scelto la pillola rossa. Come fa Trinity che sceglie di credere in lui contro ogni ragione. Come fanno le persone innamorate.
Noi lo siamo di Matrix. E gli crediamo da quell’oscuro 1999 in cui il cinema ci ha mostrato il suo volto più bello e inquietante allo stesso tempo. Contrasti che convivono. Appunto.
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