Da una parte la Marvel e l’eroe Luke Cage, dall’altra la musica sperimentale e un compositore come John Cage. Queste le due figure alle quali Nicolas Kim Coppola ha guardato scegliendo quello che sarebbe diventato il nome con il quale è diventato noto alle masse, Nicolas Cage. Arte bassa e popolare quindi, il fumetto, associata alla musica più di nicchia e all’avanguardia. Un mix che già di per sé può facilmente essere il riflesso di un’intera carriera e di un personaggio. Uno status sociale che è merito (o colpa, a seconda dei punti di vista) della seconda parte della sua vita professionale. In tal senso si possono agilmente distinguere le fasi che hanno scandito la vita del Cage attore. Per citarne alcune, da quella più hollywoodiana in senso stretto, nel quale il Nostro è in grado di passare abilmente dalla commedia romantica ad intense prove per autori di prim’ordine, al periodo da star action durante anni Novanta.
Come accennato, è però l’ultima in ordine cronologico, che dura almeno da una decina d’anni e che chissà per quanto altro tempo si protrarrà, quella che più oggi ha settato il modo in cui Cage viene visto da pubblico e critica. Una fase esagerata e legata strettamente al B movie a basso costo, segnata da scelte apparentemente sbagliate e casuali. Un periodo che, al netto della qualità media dei prodotti in gioco, lo ha reso un fenomeno travolgente, un caso studio come pochi altri la storia dello spettacolo mainstream recente. E che merita più di una riflessione sul perché sia impossibile resistere al fascino di Nicolas Cage.
Uno sciamano in terra hollywoodiana
Non è difficile individuare le aspettative su un’opera, specie se di recente distribuzione, con protagonista Nicolas Cage, dato gli ultimi anni di attività hanno lasciato in eredità una piccola certezza. Che sia anche soltanto in un breve segmento, prima o poi farà qualcosa di strano e quel momento sarà il perno sensazionalistico del progetto. Non è mai predeterminato il suo atteggiamento nei confronti del personaggio che interpreterà. Ma se ciò è parzialmente vero, questa inclinazione attoriale andrebbe ricercata agli albori della sua attività, illustrando così un percorso, fino a questo momento, molto più coerente e organico. Si pensi ad alcune delle performance della prima parte di carriera, che, viste con gli occhi di chi sa cosa verrà dopo, possono già rivelare uno spirito più dedito alla sperimentazione che ai rigidi canoni dello star system hollywoodiano.
Sembrava fin dall’inizio pronto a tutto e guardando indietro ad Arizona Junior, Stress da vampiro (nel quale, ad esempio, arrivava a mangiare un insetto vivo per una scena) o Stregata dalla luna, appare chiaro come anche in una fase più o meno iniziale egli avesse, almeno in parte un’idea della sua posizione nel sistema e di quello che voleva e poteva diventare. Del resto, cambiar nome e metter in secondo piano i legami parentali, appare come una scelta chiara e programmaticamente rivolta all’indipendenza da Hollywood e dagli studios. Il suo è uno stile di recitazione tutt’altro che canonico, per certi versi unico, ibrido e poco inquadrabile con precisione, ma proprio per tali motivi inconfondibile. È ad oggi, con ogni probabilità, tra i pochi attori viventi ad avere una gamma espressiva così ricca di sfumature interne, capace di renderlo credibile in ogni contesto.
Il suo approccio all’arte è come un’improbabile fusione tra il metodo dell’actor studio americano con l’eccentricità del teatro kabuki. Unione che, contro ogni aspettativa, funziona benissimo. Un mostro di Frankenstein creato mettendo insieme, tra gli esempi da egli stesso citati in relazione alle ispirazioni professionali, cartoni animati ed espressionismo tedesco, semplice e sofisticato, confortevole e inquietante. Una versatilità che pochi altri nel suo ambiente possono permettersi e che lo fa apparire, con naturalezza, superbo e al tempo stesso inadatto in ogni occasione, serissimo e ridicolo nella stessa sequenza. Egli stesso, nel raccontare questa specifica tecnica di creazione artistica, elaborata attraverso il lavoro sul tono della voce, i movimenti e la mimica facciale, parla di qualcosa che definisce innovativo, nominando un certo nouveau shamanic. Ma ci si arriverà.
La rinascita attraverso l’eccesso
Ogni prova attoriale estrema e convincente, come quelle che lo hanno fatto ritornare sulla cresta dell’onda, però, ha bisogno di ruoli adatti. Cage aveva da tempo fatto vedere quanto si trovasse a proprio agio nel gettarsi in nuove e mai affrontate sfide ma la vera svolta arrivò nel 2009, tra crollo del mercato immobiliare e ingenti problemi con creditori e fisco. I precedenti fallimenti commerciali e le spese folli, al centro suo stile di vita, non lo aiutarono di certo a rialzarsi. Serviva denaro facile e veloce. In quel momento il mercato del fast-cinema e del direct-to-video di serie b spalancò le sue porte, dando la possibilità a quell’indomito spirito ribelle e anticonformista frantumare i pochi freni rimasti, arrivando ad una media di circa cinque film l’anno, troppo spesso decontestualizzati fuori dalla loro natura e, di conseguenza, incompresi, al netto degli evidenti limiti.
Ma un aspetto che andrebbe approfondito, spesso passato in sordina, è la dedizione nei confronti di quei lavori: lungi dall’essere esclusivamente un mezzo per guadagnare, come all’inizio si potrebbe pensare, Cage ha trovato in questi titoli la sua dimensione e un fertilissimo terreno per espandere i confini del suo talento e saggiare fluidamente i vari generi e le svariate possibilità artistiche. Ed è così che nascono notevoli interpretazioni in opere che sembrano cucite addosso alla sua figura. Opere spesso nascoste nei meandri della sua recente, e non brillantissima, produzione: dalla follia degna di Bruce Campbell in Mandy, all’intensità vista in Pig o al dolore impersonato in Color Out of Space. Non è un caso se uno dei registi più eccentrici del panorama contemporaneo internazionale, il giapponese Sion Sono, pensò a lui per il suo esordio in lingua inglese, Prisoners of the Ghostland, sublimando così questa nuova parte di carriera.
Nobilitare il basso e diventare un’icona
Forse i titoli citati riuscirebbero a restare in piedi anche privati della presenza di Cage, grazie soprattutto alle idee iniziali e al setting audiovisivo e narrativo. Ma su un altro piano ci sono prodotti, a dir la verità si tratta della maggior parte, che funzionano quasi esclusivamente per via del suo coinvolgimento. Willy’s Wonderland, Jiu Jitsu o Primal, tra i tanti, nascono come progetti piccolissimi, privi di ambizioni e qualsivoglia velleità, fuori tempo massimo, che non funzionano quasi per niente ma che sfiorano la godibilità e il coinvolgimento, a patto di ammorbidire le pretese, proprio in virtù del suo mattatore, come sempre esagerato ai limiti del kitsch. Resta da chiedersi, a questo punto, se la scelta del protagonista avvenga perché appare ideale per dei film strani in partenza o è proprio la sua weirdness a rendere le opere sui generis.
La percezione è che essi non siano semplicemente film con Cage, ma che esistano in quella forma solo perché quest’ultimo ne fa parte per via del suo status. Anche l’operazione più classica rischia di apparire diversa da ciò che è, carica, in un certo senso, di aspettative. Sembra il solo in grado di poter fare quello che si vede in scena, superando se stesso, nel bene e nel male. Riuscendoci soprattutto grazie all’abilità nel distaccare il film dalla performance, prendendo meno sul serio gli intenti del primo e lavorando quanto più possibile nella seconda. Con il tempo, Cage ha definito sempre più la sua identità cinematografica, arrivando ad equilibrare con precisione e sottigliezza i vari aspetti della sua personalità filmica. È diventato uno dei pochi interpreti la cui interpretazioni risultano dapprima respingenti ma, poco dopo, paradossalmente, le uniche possibili per quel tipo di cinema, che ha regole tutte sue.
Il meme dei due mondi
Paradossalmente, ad oggi, non sembra più necessario aver visto un film con di Cage per sapere chi sia, emblema dell’identità e dell’immaginario della star al tempo di internet. La sua è una parabola simile al “Rinascimento” di Keanu Reeves, più volto copertina che attore in senso stretto. Se dietro il meme c’è chiaramente un talento e una professionalità da rispettare, è anche per via di questo successo che la rinascita ha avuto modo di compiersi, arrivando a far affezionare una fetta di appassionati sempre più grande, non sempre interessati esclusivamente alle sue performance. Come se molti non stessero aspettando altro. Una sorta di catarsi collettiva nella visione di un uomo che dà il meglio (o il peggio) di sé. Una terapia di gruppo, nella quale lo sfogo dell’artista sembra generare pace. Specie se si tiene conto di quanto oggi le storie di ascesa, caduta e riscatto, siano ammirate dal pubblico.
E quel, non più così mistico, fascino primordiale, oltre che far riscoprire una carriera costellata di titoli di altissimo livello – tra i quali però, senza dubbio, non figura il remake di The Wicker Man, diventato virale negli ultimi anni proprio grazie alla rete – porta a generare costanti riflessioni sulla sua figura, il suo ruolo nel cinema e l’impatto sulla società. Da film dal forte contenuto metatestuale – Il talento di Mister C o Dream Scenario – a curiose trovate come podcast, subreddit o festival cinematografici, tutti interamente dedicati a quello che nel tempo si è tramutato in un vero e proprio culto di Nicolas Cage,
Un’identità parallela, quella di meme-umano, che Cage non sembra riuscire a frenare. Ogni aspetto della sua vita o dichiarazione ufficiale rischia di diventare oggetto ironico del dibattito pubblico. È qui che ritorna il concetto di nouveau shamanic, tecnica di immersione, di cui è inventore e, a quanto pare, unico esponente. Cage afferma di averla sviluppata traendo ispirazione da sciamani di antiche tribù e consiste nel cercare di modificare la realtà circostante, immedesimandosi con i personaggi da interpretare al punto da credere di esser loro. È anche per questi piccoli ma significativi particolari che un personaggio come Nick Cage non può che distinguersi e stimolare, prescindendo dalla sua filmografia, innalzato com’è a simbolo estraneo ad ogni logica e sopra il mero giudizio di gusto.
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