L’aquila di sangue, la tortura norrena, che vediamo all’interno del film Midsommar – Il villaggio del dannati, è realmente esistita come pratica atta a punire determinati soggetti, alcune fonti storiche sono confuse e le teorie mediche stroncano la possibilità che sia mai stata davvero praticata. Una cosa è certa, Midsommar – Il villaggio dei dannati di Ari Aster è certamente uno degli horror che ha segnato il panorama cinematografico contemporaneo, le sue scene crude e violente si svolgono completamente alla luce del sole, rivoluzionando il genere, fra queste scene è presente quella di questo particolare rituale, l’aquila di sangue, di cui andremo a sviscerare le origini.
La vicende narrate in Midsommar si svolgono principalmente nell’immaginaria comune Haga in Svezia, dove un gruppo di ragazzi va a conoscere i parenti di uno dei loro più cari amici, ma con tradizioni di famiglia alquanto particolari fra un infuso allucinogeno di ayahuasca come drink di benvenuto e sacrifici umani con riti che, però, non sono del tutto immaginari, ma trovano le loro origini in antichi testi della mitologia norrena, tra queste c’è, appunto, l’aquila di sangue alla quale viene sottoposto il povero Simon. Il ragazzo, dopo aver assistito al suicidio di due membri anziani della comune provò a scappare traumatizzato, ma era destinato a diventare uno dei sacrifici umani degli abitanti di Haga, venne trovato da Christian nel pollaio, sospeso a mezzaria a faccia in giù, sorretto da corde poste su caviglie e polsi, ma ciò che sconvolge sono i fiori gialli posti all’interno delle cavità oculare svuotate e soprattutto la schiena completamente aperta con i polmoni pulsanti d’aria in vista.
L’aquila di sangue è un’antichissima tortura, risale all’epoca vichinga in cui alla vittima, a cui erano precedentemente stati legati gli arti per evitare movimenti bruschi, venivano separate le costole dalla colonna vertebrale con un’ascia, partendo dal coccige, e spinte all’infuori in modo tale da sembrare delle ali insanguinate, successivamente vengono estratti i polmoni e cosparsi di sale per aumentare la sofferenza della vittima, inoltre la leggende narra che se la vittima emettesse dei lamenti di dolore durante questa spaventosa tortura non avrebbe potuto accedere al Valhalla, un luogo accostabile simbolicamente al paradiso nella religione cattolica, e sarebbe, quindi, stata destinata al Helheimr, il più basso dei mondi della mitologia norrena dove riposano ombre e anime di chi ha commesso gravi peccati oppure ha avuto una morte priva di gloria.
La leggenda narra che veniva inflitta a uomini nobili, macchiati di una grave colpa, in particolare nelle antiche scritture si trovano due racconti dove entrambe le vittime provenienti da una ricca famiglia nobile avevano ucciso i padri dei loro carnefici. Di fatto, esistono effettivamente solo due vicende in cui viene esplicitamente raccontato questo brutale rituale, mentre in altre scritture possiamo trovare delle citazioni. Nonostante questo alcuni studiosi, tra cui lo storico Ronald Hutton la cui teoria parla di una traduzione sbagliata delle fonti e che in realtà non sia mai stata praticata. Anche alcuni medici parlano che sia una pratica molto difficile, dato che staccare le costole dalla spina dorsale è un’operazione chirurgicamente estremamente delicata che potrebbe portare alla morte in pochi minuti.
La prima leggende norrena parla della morte del Re Aella, fu re della Northumbria, ai giorni nostro conosciuto come il nord dello Yorkshire, che uccise in uno scontro Ragnar Lothbrok, uno dei più forti soldati vichinghi, che fu infine gettato in un pozzo di serpenti viventi e divorato vivo. Tutto ciò accadde nel 865 e solo due anni dopo il figlio di Ragnar Lothbrok, diventato in poco tempo uno dei vichinghi più temuti, invase la Northumbria per vendicare la morte del padre. Veniva chiamato Ivan il disossato, per la sua vendetta cercò di ideare la più atroce e crudele delle torture, sia per onorare la morte del padre, ma anche per imporre il suo poter sul territorio e spaventare i suoi nemici. Così si tenne la prima esecuzione dell’aquila di sangue nell’867.
La seconda leggenda ha invece come protagonista uno scozzese. Infatti ci sono testi che riportano questa tortura anche in Scozia e Irlanda, parliamo di Hálfdanr jarl delle Orcadi, ovvero un capo militare di famiglia nobile. Nel 890 i nobili delle isole scozzesi erano coinvolti in un grande conflitto politico per instaurare la propria supremazia, ma soprattutto per spirito di vendetta. Hálfdanr decise di vendicare la morte della madre, giustizia per aver fatto uso di arti magiche per sposare il re, così diede fuoco alla dimora di Ragnvald Eysteinsson, jarl di Møre e Romsdal, che morì insieme ai suoi settanta uomini, ma suo figlio Einarr sopravvisse. Hálfdanr passò anni a scappare e nascondersi dal figlio del suo nemico che cercava vendetta, ma lo venne trovato dopo non troppo e fu sottoposto alla crudele aquila di sangue.
Altri testi dell’antica letteratura norrena parlano anche della morte di Re Edmondo e Re Maelgualai di Munster, per opera di questa tortura, ma le fonti sono poche e soprattutto molti storici pensano addirittura che ci sia un errore di traduzione. L’unica certezza è che la crudeltà e la violenza di questa pratica l’hanno portata ad essere probabilmente una delle torture vichinghe più conosciute nonostante non fosse neanche la più utilizzata, semmai fosse reale questa leggenda. La possiamo vedere non solo in Midsommar, ma anche in molti film horror dove però, date le diverse ambientazioni, perde il suo significato mitologico che rimane vivo nell’opera di Ari Aster. Inoltre è degna di citazione anche l’iconica scena di Vikings dove Ragnar Lothbrok, interpretato da Travis Fimmel condanna all’aquila di sangue Jarl Borg, interpretato da Thorbjørn Harr.