Adattamento del racconto breve intitolato Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, pubblicato nella raccolta di novelle Stagioni diverse, Le Ali della Libertà è una delle più celebri trasposizioni cinematografiche tratte dalle opere letterarie di Stephen King. La pellicola diretta da Frank Darabont narra la storia di Andy Dufresne, un cordiale vicedirettore di banca ingiustamente condannato a due ergastoli dopo il ritrovamento dei cadaveri della moglie e del di lei amante. In prigione Andy, che non sopporta i continui soprusi e le violenze da parte dei secondini e degli altri detenuti, stringerà una solida amicizia con Red, un altro ergastolano del carcere di Shawshank. Nel corso degli anni i due amici, forti del loro legame, riusciranno a tirare avanti grazie alla voglia di fuggire e al proprio desiderio di riabbracciare la libertà.
Le Ali della Libertà non è semplicemente una delle pellicole più iconiche e rappresentative degli anni ’90, ma è uno dei film più amati della storia del cinema. È una vera e propria lezione di vita, è un’opera unanimemente apprezzata perché capace di abbracciare e condividere tematiche universali, legate all’amicizia, al valore della libertà e al senso della vita. Quella di Frank Darabont è una pellicola toccante e commovente, che non si fa forte solo di una storia di grandissima umanità, ma anche e soprattutto di ottime prove attoriali, specie dei due protagonisti Tim Robbins e Morgan Freeman, perfetti rispettivamente nei ruoli di Andy e Red.
Non v’è dubbio che The Shawshank Redemption, questo il titolo in originale del film del 1994, rientri a pieno titolo nell’importante filone dei drammi carcerari. Un sottogenere cinematografico piuttosto florido, che può esser declinato attraverso diversi registri narrativi, lasciando, proprio per questo motivo, spazio all’approfondimento di varie tematiche interessanti, legate ad esempio alla libertà, alla pena di morte, alla redenzione, alla riabilitazione e alle ingiustizie sociali. La pellicola di Frank Darabont racchiude proprio tutto questo: lezioni di vita dal profumo universale che non ci stancheremmo mai di ascoltare. Quindi adesso non ci resta che andare a scoprire, sviscerare ed analizzare il significato filosofico delle frasi più evocative del film Le Ali della Libertà.
In una delle prime sequenze del film, quando i nuovi detenuti, tra i quali ovviamente anche Andy Dufresne, varcheranno per la prima i cancelli di Shawshank, troveranno a riceverli il Direttore Norton, il quale li accoglierà con queste parole:
Io credo in due cose: nella disciplina e nella bibbia. Sappiate che l’anima è del Signore, ma il vostro culo appartiene a me. Benvenuti a Shawshank.
Con questo breve ma al contempo incisivo monologo, lo spietato, malvagio e corrotto direttore della prigione di Shawshank, metterà sin da subito in chiaro quali sono i dettami che vigono all’interno della comunità carceraria che lo stesso gestisce, ovverosia: rigido pugno di ferro e precetti religiosi. Due tipi di principi che, come spesso capita, in qualche modo riassumono l’ipocrisia dietro la quale si nascondono i dispotici e avidi uomini di potere.
Questo genere di direttive era finalizzato a rendere innocui ed inoffensivi i detenuti, castrando la loro vitalità. D’altronde una delle tematiche centrali del film, mutuate direttamente dal racconto di King, è quella legata al desiderio di libertà dell’uomo. Un fuoco che le inscalfibili mura del carcere, con le loro regole disumane, non fanno altro che spegnere. Da qui anche la critica all’ordinamento penitenziario, un sistema meramente sanzionatorio, per niente interessato a recuperare, riabilitare e reintegrare il soggetto nella comunità, ma focalizzato solamente sulla pena, la punizione e l’espiazione della sua condanna.
In una delle sequenze successive assistiamo ad una discussione tra i carcerati che in qualche modo rappresenta il contraltare della precedente citazione del direttore Norton. I detenuti, tra cui Red e Andy, sono riuniti in cortile durante l’ora d’aria e si ritrovano a commentare l’improvviso scatto di folle aggressività dell’anziano Brooks, un amico del gruppo, nonché uno dei carcerati più vecchi. Red commenterà il fatto con queste parole:
Io dico che queste mura sono strane. Prima le odi, poi ci fai l’abitudine, e se passa abbastanza tempo non riesci più a farne a meno.
Questa frase, pronunciata dal coprotagonista del film interpretato da un meraviglioso Morgan Freeman, che come detto è legata a doppio filo con la precedente citazione, sintetizza perfettamente la situazione psicologica che vivono i detenuti, in particolare quelli condannati a scontare un lungo periodo di detenzione se non addirittura l’ergastolo. Il vecchio Brooks, ormai rinchiuso da 50 anni a Shawshank, ha appena ricevuto un provvedimento favorevole alla libertà condizionata, una circostanza che lo fa impazzire, proprio perché fa venir meno le poche certezze su cui si era fondata la sua esistenza durante prigionia. Per questo Red definisce il vecchio amico ormai istituzionalizzato.
Dopo tutti quei decenni, praticamente una vita intera trascorsa in galera, il sistema carcerario, con le sue rigide regole e i suoi dettami dispotici, non solo ha reso Brooks totalmente inerme, ma l’ha soprattutto assoggettato ad esso, tanto da fargli credere di non poterne più fare a meno.
È la tua vita che vogliono, ed è la tua vita che si prendono. La parte che conta almeno.
Così concluderà il discorso Red. Lo spirito, la voglia e il desiderio di vitalità e di libertà del povero Brooks sono stati soppressi e seppelliti dagli anni lontano da un mondo e da una società che ormai l’ha respinto e abbandonato, rendendolo per questo la perfetta vittima dell’ordinamento penitenziario.
In poco tempo Andy, grazie alle sue qualità umane e alle sue doti culturali ed intellettuali, riesce a diventare un punto di riferimento all’interno della comunità carceraria, una posizione che ha garantito al protagonista e al suo gruppo di amici, alcuni piccoli privilegi. Il personaggio di Tim Robbins, nominato aiutante dell’anziano Brooks presso la biblioteca di Shawshank, prende a cuore il suo nuovo incarico. Infatti ogni settimana scrive una lettera al Senato chiedendo la concessione di fondi per ampliare e migliorare quello spazio, tuttavia le sue richieste rimangono per diverso tempo inevase. Ma fortunatamente, dopo innumerevoli missive, Andy ottiene finalmente una risposta positiva, con l’annesso invio di un modesto finanziamento e lo stanziamento di libri e dischi usati.
In quella circostanza intrufolandosi negli uffici dell’amministrazione di Shawshank, Andy riesce a inserire uno di quei vinili in un giradischi collegato agli amplificatori della prigione, in modo tale da sprigionare quelle soavi sonorità per tutta la prigione, cosicché tutti i detenuti potessero ascoltare quello splendido disco di musica classica. A quel punto interviene la voce narrante della pellicola, Red, commentando il gesto dell’amico con queste parole:
Ancora oggi non so cosa dicessero quelle due donne che cantavano. E a dire la verità non lo voglio sapere. Ci sono cose che non devono essere spiegate. Mi piace pensare che l’argomento fosse una cosa così bella da non poter essere espressa con delle semplici parole.
Mentre Andy sorride soddisfatto per esser riuscito nella sua impresa, tutti gli altri detenuti, compreso ovviamente anche Red, restano incantati ascoltando quelle voci meravigliose dall’aura quasi celestiale. La musica in quel momento rappresenta, infatti, la voce della libertà. Quei suoni, seppur possano apparire anche incomprensibili alle orecchie di chi li ascolta, sono allo stesso tempo capaci di purificare lo spirito e far librare l’anima. Un’esistenza senz’arte è grigia perché non conosce bellezza. D’altronde l’arte, quella vera, rende liberi, e non esistono sbarre o catene che possono tenerla prigioniera.
Nel 1964 arriva a Shawshank Tommy Williams, un giovane spaccone che Andy, capendone le potenzialità, sceglie di prendere sotto la sua ala, portandolo addirittura al diploma. Grazie ad una serie di coincidenze Andy scopre che, tempo prima, Tommy ebbe come compagno di cella in un altro carcere un ladro di nome Elmo Blatch, il quale gli confidò di aver assassinato un campione di golf e la sua amante, e che la polizia aveva arrestato al suo posto un bancario, marito della donna uccisa. Andy apprende così che Blatch è il reale colpevole del duplice omicidio per il quale è in carcere da quasi vent’anni.
Per questo il direttore Norton, che non può permettersi di scarcerare l’ex bancario poiché lo stesso è al corrente di tutti i suoi traffici illeciti, fa assassinare Tommy, per evitare che possa testimoniare in un’eventuale revisione del processo di Andy. La morte di Tommy getta Andy nello sconforto più totale. In un confronto con il protagonista, Red, cinicamente, prova a catechizzare l’amico con queste parole:
La speranza è qualcosa di pericoloso, può fare impazzire un uomo. Non c’è speranza qua dentro.
Le Ali della Libertà ruota intorno al concetto di speranza, e in particolare al valore ambiguo che noi diamo a questo sentimento così importante. Per Red, l’autore di questa frase, la speranza è qualcosa di illusorio, vano e ingannevole. Dopo tutto quel tempo passato tra le inumane quattro mura di una cella, anni che lo hanno istituzionalizzato piegandolo al sistema, la speranza è divenuta una chimera evanescente, irraggiungibile, inafferrabile. Per questo, il personaggio interpretato da Morgan Freeman, oppresso dal senso di spersonalizzante alienazione causato dalla prigionia, ha deciso di rassegnarsi all’impietoso destino che si è posto innanzi i suoi occhi, provando a sopravvivere, e nulla di più, con quel poco che è rimasto della sua vita.
La notte prima di evadere, Andy rivela a Red una serie di criptici indizi riferiti ad alcuni luoghi misteriosi che l’amico avrebbe dovuto raggiungere una volta uscito di prigione. Anni dopo, il personaggio interpretato da Morgan Freeman, ottenuta finalmente la libertà sulla parola, decide di tener fede alla promessa fatta all’amico di un tempo. In questo modo riesce a trovare la lettera che Andy aveva nascosto per lui, nella quale, tra le altre, legge queste parole dal valore così significativo:
La speranza è una cosa buona, forse la migliore delle cose e le cose buone non muoiono mai.
Come detto, il tema centrale del film, quello che realmente muove i sentimenti di tutti i personaggi in scena, in primo luogo Andy e Red, è quello legato alla speranza. Infatti, allargando l’ottica e ampliando il respiro sulla pellicola diretta da Frank Darabont, si può tranquillamente affermare che Le Ali della Libertà non rappresenta semplicemente un dramma carcerario o un film sull’amicizia, ma una immensa ed universale lezione di vita, il cui vero senso può esser custodito nel significato puro ed evocativo di questa splendida frase pronunziata da Andy.
Il personaggio interpretato da Tim Robbins, a differenza di Red, non è mai stato istituzionalizzato, proprio perché non si è mai voluto rassegnare all’infausto ed ingiusto destino che si era abbattuto sulla sua vita. Infatti, nonostante i 20 interminabili anni trascorsi nel carcere di Shawshank, Andy ha fatto di tutto per mantenere vivo il fuoco della speranza e con esso l’ardente desiderio di poter riabbracciare quella libertà che gli era stata strappata via.
Il valore riposto da Andy nel concetto di speranza, espresso nella precedente citazione, si collega strettamente con la frase più celebre, iconica e suggestive del film di Frank Darabont. Una frase che viene addirittura pronunciata in due momenti diversi nel corso della pellicola: la prima volta da Andy poco prima di mettere in atto il suo ingegnoso piano di fuga:
O si fa di tutto per morire…o si fa di tutto per vivere.
La seconda volta da Red, durante lo struggente monologo finale, quando il personaggio di Morgan Freeman completa la citazione del vecchio amico aggiungendo: …e io scelgo di vivere.. Le Ali della Libertà è un’opera che riflette sulle nostre prigioni interiori. Sui nostri limiti che diventano inossidabili catene. Sui muri che, anche inconsciamente, erigiamo intorno a noi, ogniqualvolta scegliamo di arrenderci, di accontentarci e di rassegnarci al nostro destino. Perché in fondo, come ci insegna la splendida storia di Andy Dufresne, non è mai troppo tardi per smettere di combattere per la speranza, per il futuro, per la libertà. Non è mai troppo tardi per smettere di lottare per la nostra vita.