Il mondo di James Bond è pronto a rinascere sotto la guida di uno dei registi più visionari del nostro tempo: Denis Villeneuve. Con un’eredità cinematografica che affonda le radici nei suoi ricordi d’infanzia e una carriera che ha ridefinito i confini della fantascienza e del thriller, il cineasta canadese si prepara a firmare un capitolo completamente nuovo per l’agente segreto più iconico del grande schermo. Il suo coinvolgimento non è solo una svolta produttiva, è infatti il coronamento di un sogno inseguito per oltre un decennio.
Villeneuve ha più volte dichiarato di essere cresciuto con 007 e di considerarlo “territorio sacro”. Oggi, dopo anni di dichiarazioni d’amore verso il personaggio e diversi tentativi di entrare nel progetto, gli viene finalmente affidata la regia del prossimo film della saga, come confermato da Amazon MGM Studios. Il risultato non sarà soltanto un nuovo capitolo della saga, ma una vera e propria rifondazione stilistica e narrativa. Ma cosa possiamo aspettarci, esattamente, dal suo James Bond?
Il tocco autoriale di Villeneuve

1998. Denis Villeneuve presenta al 51º Festival di Cannes Un 32 août sur terre, il suo esordio cinematografico. Il film non è solo un piccolo dramma romantico, ma già un manifesto in nuce del linguaggio registico di Villeneuve: un cinema incentrato su immagini, tempo sospeso, interiorità e simbolismo. Si passa da long take e inquadrature statiche a riferimenti alla Nouvelle Vague, da una dimensione riflessiva ed esistenziale ad una ricerca di emozione prima della narrazione. Con Maelström prosegue nella sperimentazione visiva e narrativa, spingendosi verso un realismo magico che intreccia simbolismo e tragedia personale. Ma è con Polytechnique, ricostruzione asciutta e disturbante di una strage universitaria realmente accaduta, che Villeneuve affina la sua capacità di raccontare il trauma con rigore formale e empatia umana. Un anno dopo, Incendies – La donna che canta lo consacra a livello internazionale. Adattando una pièce teatrale, racconta un viaggio nell’orrore della guerra e nella memoria familiare, firmando uno dei film più potenti del decennio, nominato all’Oscar come miglior film straniero.
Trasferitosi negli Stati Uniti, nel 2013 firma Prisoners, thriller morale cupo e teso, e Enemy, riflessione disturbante sull’identità e sul doppio, entrambi con Jake Gyllenhaal. Nel 2015 dirige Sicario, un’opera sulla violenza e sull’ambiguità etica della guerra al narcotraffico, costruita con una tensione quasi insostenibile. Il 2016 segna una svolta con Arrival, fantascienza filosofica e intimista che unisce comunicazione, lutto e tempo circolare. Con questo lungometraggio arriva la sua prima candidatura all’Oscar come miglior regista. L’anno successivo prende in mano l’eredità di Ridley Scott con Blade Runner 2049, espandendo l’universo del classico cult con uno sguardo più malinconico, sensoriale e meditativo.
Nel 2021 porta finalmente sullo schermo Dune, considerato “ingovernabile” da molti prima di lui. Alejandro Jodorowsky tentò di produrre Dune senza riuscirci, mentre quello di David Lynch fu demolito da pubblico e critica. L’opera di Frank Herbert era considerata visionaria, al tempo stesso epica e contemplativa, ed incarnò pienamente l’idea di Villeneuve di cinema come esperienza immersiva e filosofica. Con Dune – Parte Due consolida ulteriormente il suo prestigio internazionale, mescolando politica, religione, destino e spettacolo in un’opera che conferma la sua posizione come uno dei registi più influenti e riconoscibili del cinema contemporaneo. Quello che rende Villeneuve unico è la sua capacità di trattare ogni storia, anche la più spettacolare, con lo sguardo di un autore. Ed è proprio questa cifra stilistica, tra rigore e profondità emotiva, che promette di rivoluzionare l’universo di James Bond.
Un nuovo James Bond

Se il Bond di Daniel Craig era più realistico, cupo e umano, con Villeneuve potremmo trovarci un Bond riflessivo e filosofico, non più un donnaiolo scanzonato e spavaldo, ma probabilmente un uomo tormentato, solo, forse stanco, simile all’introspezione che ha dato a K in Blade Runner 2049 o a Louise in Arrival. Le decisioni di Bond potrebbero essere spesse cariche di implicazioni morali, scenari in cui non esistono risposte semplici. Non sono da escludere né personaggi moralmente grigi né una narrazione che metta in discussione il concetto stesso di eroe.
Per quanto riguarda il tono, meno enfasi sulla spettacolarità fine a se stessa e più spazio a tensione psicologica, silenzi carichi di significato, dilemmi morali e atmosfere immersive. Villeneuve stesso ha più volte detto di non amare troppo i dialoghi e di preferire il racconto per immagini e movimento. Ovviamente le scene d’azione ci saranno, ma probabilmente avranno un respiro più lungo, costruite con suspense anziché montaggio serrato. Non stupirebbe una collaborazione rinnovata con Hans Zimmer, già suo partner in Dune e Blade Runner 2049. Invece di puntare su temi musicali immediatamente riconoscibili o marcati da fanfara, il film potrebbe optare per paesaggi sonori più atmosferici, pulsanti, capaci di amplificare il senso di inquietudine o solitudine del protagonista.
Risulta improbabile che il primo film legato al personaggio della nuova gestione di Amazon, dopo l’abbandono della famiglia Broccoli, possa essere così stravagante e divisivo, le possibilità che si concentreranno su una pellicola più classica sono maggiori, ma non fa mai male sperare in qualcosa di nuovo. Una piccola rivoluzione per un personaggio così amato, ma che ha bisogno di essere rivisto a ogni nuova iterazione e che, con Villeneuve, potrebbe settare un nuovo standard.
Cosa sappiamo per ora?

Con il regista canadese, in veste di produttori, ci saranno Amy Pascal (Pascal Pictures), David Heyman (Heyday Films) e Tanya Lapointe, compagna e collaboratrice di lunga data di Villeneuve. Si tratta della prima pellicola di 007 realizzata sotto la piena gestione creativa di Amazon, dopo l’accordo storico stretto con Barbara Broccoli e Michael G. Wilson, figure storiche del franchise che ora condividono la titolarità dei diritti con Amazon ma ne hanno ceduto la direzione artistica. Mike Hopkins, a capo di Prime Video e Amazon MGM Studios, ha affermato che Denis Villeneuve è considerato un maestro del cinema, in grado di costruire mondi coinvolgenti, personaggi complessi e narrazioni capaci di affascinare il pubblico di tutto il mondo. La produzione non inizierà prima del 2026, dopo la conclusione di Dune: Messiah, con una probabile uscita nel 2027.
Non è ancora stato annunciato l’attore che vestirà i panni dell’agente segreto, ma il casting sarà decisivo. L’addio di Daniel Craig, dopo No Time to Die, ha lasciato un vuoto che Villeneuve dovrà riempire con una nuova visione del personaggio. Qualcuno potrebbe ipotizzare che possa rivolgersi a un volto a lui familiare, come Timothée Chalamet, già protagonista della saga di Dune, anche se ad oggi sono solo speculazioni. Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le voci su attori come Aaron Taylor-Johnson, Henry Cavill, Theo James, Jonathan Bailey e Idris Elba. Una svolta davvero significativa potrebbe arrivare con la scelta di un interprete che rompa con la tradizione: un attore nero e/o apertamente omosessuale o, per la prima volta, una donna nei panni dell’agente 007. Una decisione del genere rappresenterebbe un momento storico per la saga, aprendo nuove prospettive narrative e culturali su un personaggio da sempre legato a un ideale molto preciso di mascolinità e identità britannica, sebbene anche in questo caso è una possibilità remota.
Ancora sconosciuti anche gli sceneggiatori, il titolo e l’ambientazione, anche se tra i fan c’è chi spera in un ritorno agli anni ’50/’60 o, al contrario, in un futuro prossimo dai toni quasi fantapolitici. Nel frattempo, Pascal e Heyman lavorano a quello che definiscono un “nuovo capitolo fresco ed elettrizzante” della saga, e promettono che l’identità iconica del personaggio sarà rispettata, pur puntando a una reinvenzione audace.