Steven Spielberg ha ricevuto l’Orso d’Oro alla carriera nel corso della 73esima edizione del Festival del Cinema di Berlino, e durante il suo discorso di ringraziamento, il regista, di origine ebraica, ha voluto porre l’accento su ciò che a suo parere rappresenta il vero scopo dell’esistenza umana, la ricerca della giustizia, sottolineando l’importanza della memoria collettiva: “La ricerca della giustizia è la speranza migliore che abbiamo di dare significato alla nostra esistenza. E tutto comincia dal ricordo del passato.”
Il riferimento, naturalmente, è alla tragedia dell’Olocausto; Spielberg ha ringraziato la giuria, prima ancora in qualità di persona ebrea che di regista cinematografico: “Questo premio ha un significato particolare, per me, in quanto regista ebreo; credo possa essere un buon primo passo nello sforzo collettivo continuo verso il risanamento di ciò che nella Storia vi è stato di sbagliato; proprio per questo motivo ho istituito la Shoah Foundation; infatti, sono convinto che il contrario della giustizia non sia l’ingiustizia, ma la mancanza di memoria; una riconciliazione è possibile solo se conserviamo il ricordo di ciò che è accaduto; il popolo tedesco si è dimostrato disponibile a rileggere la propria storia per trarne una lezione e sconfiggere bigottismi, antisemitismi e xenofobie; altri paesi, compreso il mio, hanno molto da imparare dalla determinazione che il popolo tedesco ha mostrato nell’impedire ai fascismi di riprendere il potere.”
Ed è proprio da questa consapevolezza che, secondo Spielberg, nasce la spinta alla ricerca della giustizia: “Una nazione può considerarsi giusta solo se rifiuta la comoda amnesia che ci attrae nella sua comodità; forse nessuna nazione, dopo il ventesimo secolo, può arrogarsi il diritto o coltivare l’illusione di farsi chiamare giusta, ma non dovremmo negare a noi stessi la possibilità di trovare la giustizia, non dovremmo mai smettere di cercarla. E tutto parte dal ricordo.”
Per onorare l’importanza di questo concetto, Spielberg ha dato vita al suo progetto più personale, The Fabelmans, sorta di autobiografia romanzata dell’infanzia e dell’adolescenza del regista, che al cospetto della platea berlinese, ne ha parlato in questi termini: “I lutti e i cambiamenti si accumulano dentro di noi, finché non ti rendi conto che gran parte della tua vita risiede nei ricordi; e proprio per questo motivo, con The Fabelmans ho deciso di dare uno sguardo indietro agli inizi della mia vita, al mondo in cui ero nato, e da cui sono uscito fuori per costruirmi la mia strada, fare gli errori che dovevo fare, e poi fare i miei film.”