Se è vero che il fascino agrodolce di un addio può cambiare una vita intera, l’attesa della fine può generare mostri. Dopo 30 anni, Mission Impossible avrebbe avuto centinaia di motivi per trovare sempre meno spazio nel contesto cinematografico contemporaneo, ma proprio come il suo eroe è sempre riuscita a sopravvivere, a raggiungere l’obiettivo affidandosi al cuore e all’anima del franchise: Tom Cruise. The Final Reckoning chiude i giochi, almeno all’apparenza, ma lo fa per abbracciare l’ignoto.
Aumentano i rischi, così come la posta in gioco. Ad aumentare, però, è soprattutto lo spettacolo: è difficile trovare equilibrio in un genere come l’action, ma riuscire a coniugare successo commerciale e tripudio tecnico è quasi una mission impossible. Eppure, spinto dalla qualità ancor prima che dallo star power, questo finale della saga non ha paura degli addii: il tema della fine è presente persino nel titolo, dalla prima all’ultima scena, eppure il tandem Cruise-McQuarrie (alla quarta collaborazione nella saga) continua a ridefinire i canoni dell’action per portarsi sempre un passo avanti.
Gli stunt si fanno sempre più spettacolari, la regia sempre più coraggiosa, l’impatto produttivo difficilmente eguagliabile per resa d’insieme e professionalità coinvolte. La sensazione è che The Final Reckoning voglia offrire un’esperienza finale, piuttosto che chiudere davvero la saga, ma anche questo Mission Impossible si conferma grande, grandissimo Cinema. Una forza perpetua, spinta da un’ambizione che va oltre la grandezza e punta a fare la differenza nel tempo – un monito, un lascito “for those we never meet”.
Genere: Action
Durata: 170 minuti
Uscita: 22 maggio 2025 (Cinema)
Cast: Tom Cruise, Hayley Atwell, Ving Rhames, Simon Pegg, Vanessa Kirby, Esai Morales
Azione sociale

Il capitolo conclusivo della saga, così per com’è stato promosso e presentato, ricalca gli stilemi più classici per poi stupire con la sua epicità crescente. McQuarrie è molto intelligente nel mostrare soprattutto stunt e professionisti all’opera, ma è sullo sfondo che crea qualcosa di davvero speciale. La sua regia accoglie un montaggio più che mai serrato, che punta a tenere alta l’attenzione mentre le emozioni spingono per emergere e dominare la scena. In questo caos frenetico, fatto di inseguimenti senza sosta e scontri ad alta tensione, la narrazione accetta qualche fragilità per permettere a un altro racconto di fluire. Non è un caso che questo Mission Impossible sia sempre più vicino al reale: si parla molto della società che cambia, di un potere costretto ad adattarsi a essa, persino di futuri possibili.
Nel novero delle prospettive distopiche e pseudo-apocalittiche, sono la forza del libero arbitrio e l’umanità più pura a rendere The Final Reckoning un’opera che non vuole solo spettacolarizzare un conflitto, ma ragionare sull’importanza della comunione d’intenti di fronte a minacce sempre più mutevoli. Ethan Hunt diventa definitivamente il simbolo di chi lotta per continuare a esistere in un mondo che corre sempre più veloce. A prescindere da chi la spunterà alla fine, l’idea di McQuarrie si fa spregiudicata proprio quando è lo stesso concetto di potere a essere sovvertito – entro i canoni e i trope del genere, certo, ma con un approccio decisamente stimolante e poco scontato.
Il futuro è dell’uomo?

Con un grande spettacolo in bilico tra tradizione e innovazione, Mission Impossible: The Final Reckoning sembra limare progressivamente i confini tra reale e immaginario (tanto nel contesto, quanto nella performance del suo protagonista). McQuarrie trova più spunti attraverso i personaggi, piuttosto che su di essi, portando il dialogo del film verso il territorio calcato da James Cameron con il suo Terminator. La minaccia che spinge l’eroe all’estremo è però più tangibile, più concreta, a tratti persino più inquietante nelle sue conseguenze. Presentare uno scenario così potente soltanto per mostrare quanto siamo ancora capaci di combatterlo è lo sforzo più positivo possibile – soprattutto per un personaggio come Ethan Hunt, ormai divinizzato nonostante sia la sua umanità a dover emergere.
Per chi davanti lo schermo corre meglio di chiunque altro, forse fermarsi non è poi la scelta peggiore – specie dopo 30 anni di furore. Ethan Hunt è abituato a flirtare con la fine, ma è chiaro che nessuno (né noi, né lui) sia davvero pronto all’addio. Anche di fronte al terrore più grande, Tom Cruise è l’ultimo a morire – sì, l’incarnazione della speranza (esclusivamente in ambito professionale): un action hero che forse non meritiamo, ma di cui l’industria ha maledettamente bisogno. Per questo, anche di fronte a una last dance così riuscita, ci ritroviamo ad ammirare questo lavoro, il canto del cigno dell’ultima stella degna di questo nome. Un uomo che si è trovato dalla parte giusta del destino e lotta ancora per restare dalla parte giusta del Cinema.
Conclusioni
Con un guizzo inaspettato, che supera persino le lacune in sceneggiatura, Chris McQuarrie e Tom Cruise confezionano il finale più spettacolare possibile per la saga di Mission Impossible. Un commiato che lascia più domande che risposte, ma che permette di osservare la realtà e il mondo in cui viviamo all'interno di uno spettacolo a dir poco epico.
Pro
- L'estasi assoluta del protagonista, tra azione ed emozione
- La regia di McQuarrie e i guizzi tecnici della produzione
- Il sottotesto sociale che spinge il racconto su livelli più profondi
Contro
- Alcune sottotrame restano poco sviluppate
- La sceneggiatura gioca con i cliché, ma non riesce sempre a risolverli al meglio
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Voto ScreenWorld