Ci sono almeno due modi per raccontare un trauma. O lo metti in bella mostra per scuotere subito il pubblico, oppure scegli la via più difficile. Quella più delicata, quella in cui il dolore scorre sottotraccia per poi venire a galla quando meno te lo aspetti. Da un regista feroce come Michel Franco uno si aspetterebbe la prima strada, e invece questa volta non è andata così. Questa volta il regista messicano ha avuto tatto e pazienza. Apriamo la nostra recensione di Memory, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, mettendo subito in risalto il più grande merito di questo dramma intimo e privato. Un dramma che abbraccia due persone, e che attorno a loro costruisce un racconto umano pieno di sfumature. Una storia di persone ai margini che devono fare i conti con un passato scomodo.
Genere: Drammatico
Durata: 100 minuti
Uscita: 8 settembre 2023 (Festival di Venezia)
Cast: Jessica Chastain, Peter Sarsgaard, Brooke Timber, Merritt Wever, Elsie Fisher, Jessica Harper, Josh Charles
Col fiato sul collo
New York va di corsa, mentre Sylvia ha un altro ritmo. Madre single con un passato da alcolista, la donna vive rimuginando tanto, riflettendo molto. Come portandosi addosso una corazza. La stessa che la fa camminare per strada a braccia conserte, chiusa alla vita, sempre guardinga. La stessa che le fa chiudere a chiave ogni porta alle sue spalle. Attenta a crescere sua figlia lontana dalle attenzioni maschili, Sylvia sembra quasi bloccata da qualcosa. Un’ombra che diventa sempre più solida quando, durante una rimpatriata, la nostra incontra Saul. Un ex compagno di scuola che fa riaffiorare poco per volta un trauma indimenticabile. Forse anche due.
Parte tutto da un incontro fortuito, ma nella scrittura di Memory nulla è lasciato al caso. A partire dal paradossale cortocircuito dei due protagonisti, afflitti da due condanne agli antipodi: dimenticare e non smettere di ricordare. Un abbraccio di anime in pena che Franco delinea con grande rispetto, guardando gli affiatati Jessica Chastain e Peter Sarsgaard dalla giusta distanza. Senza mai addentrarsi troppo nel trauma, Memory scansa ogni forma di ricatto mettendo in scena una storia di amore e di odio che non urla quasi mai. Perché lo fa con una regia che rispetta troppo il dolore per manipolarlo a suo favore.
Anime intrecciate
Nel cinema la posizione della macchina da presa è tutto. Il punto di vista del racconto influenza ogni cosa: il tono, lo stile, le emozioni suscitate e quelle taciute. In Memory Franco riprende tutti in campo medio, stando più lontano che vicino, senza mai abusare dei primi piani o muovere troppo la camera. Una prospettiva quasi asettica, rigorosa, piena di discrezione. Siamo davanti a una storia troppo piena di dolore perché le immagini appesantiscano troppo il carico. Merito di una scrittura essenziale e soprattutto delle toccanti interpretazioni di Chastain (sempre tesa come la corda di un violino) e Sarsgaard (spaesato e imprevedibile), capaci di raccontare i loro personaggi anche attraverso i silenzi, i gesti e il non detto.
Sì, Memory è un film quasi totalmente affidato alla capacità di due grandi interpreti di accogliere l’anima in pena dei loro personaggi e poi intrecciarle tra loro. Come se il dolore fosse un collante, un terreno comune in cui riconoscersi. Un rapporto uomo-donna lontanissimo dai soliti cliché, visto che Franco crea una relazione insolita ma perfettamente verosimile. Verosimile e complessa nelle dinamiche, nelle intenzioni e nell’empatia.
Il permesso di entrare
Se siete abituati ai classici film drammatici, è probabile che Memory vi destabilizzi. Perché è un film che richiede un certo sforzo allo spettatore. Un film che, con i suoi ritmi compassati e i dialoghi molto asciutti, invita a entrare nelle case (e nelle vite) dei personaggi chiedendo prima il permesso. Una scelta coraggiosa, coerente con un cinema molto teatrale nell’impostazione, capace di far parlare gli spazi domestici, i costumi, gli oggetti di scena. C’è tanta vita in Memory, e di conseguenza tanto dolore. Quello che alcune persone si tengono dentro per tutta la vita, arrivando quasi a familiarizzarci. Qui ogni cosa verrà alla luce, eppure le cicatrici e le ferite non sembrano mai messe sotto un riflettore. Un pregio che ci ha fatto affezionare a Sylvie e Saul. Persone di un film senza personaggi.
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La recensione in breve
Con Memory Michel Franco mette in scena un dramma intenso, dove il trauma e il dolore vengono messi in scena con grande tatto e discrezione.
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Voto ScreenWorld