La Fase 4 del Marvel Cinematic Universe ha sancito un nuovo inizio e ora che siamo quasi alla fine di questo primo ciclo della nuova Multiverse Saga, proviamo a fare un bilancio per capire cosa ha funzionato e cosa no e come ciò che è stato fatto potrà aiutarci a capire cosa ci aspetta.
Nel 2019 Avengers: Endgame e Spider-Man: Far From Home avevano chiuso la Saga dell’Infinito e Kevin Feige, fiero del record di incassi dell’ultimo capitolo dei Vendicatori, si stava preparando a lanciare il nuovo maxi arco narrativo dal palco del San Diego Comic Con 2019, forte anche dell’arrivo prossimo di Disney+ e della curiosità per i primi prodotti seriali targati Marvel Studios. Poi a inizio 2020 il Covid ha cambiato le carte in tavola: produzioni prima fermate e poi rinviate e timeline dei contenuti rivisitata. Partito ufficialmente a gennaio 2021 con WandaVision, questo nuovo ciclo è stato caratterizzato dall’alternanza continua, o quasi, di serie su Disney+ e di film in sala, rendendo così Marvel molto più presente di prima nel corso dell’anno. Dei 18 titoli che compongono la fase 4, al momento ne sono usciti 13. A cinque storie dall’epilogo di questo primo arco della Multiverse Saga, dunque, cosa ha funzionato e cosa no della Fase 4?
Pregi
Diversificazione
La fase 4 dell’MCU ha segnato una cesura col passato sul tipo di storie presentate al pubblico. Anche prima vi erano film totalmente diversi tra di loro, basti pensare ai Guardiani della Galassia di James Gunn, il thriller politico in salsa action movie che è Captain America: the Winter Soldier o il buddy movie Iron Man 3. Fuori da queste singolarità però predominava un racconto lineare e omogeneo. Era l’inizio di tutto: molti film erano origin story presentate a un pubblico che magari all’infuori del più famoso Uomo Ragno, non si era mai avvicinato alla lettura di fumetti e di conseguenza non poteva conoscere personaggi e contesti.
Nel mondo dell’intrattenimento post Avengers: Endgame questa cosa non vale più. Dopo i record di incassi e la fidelizzazione creata in 23 film e 11 anni di programmazione, ora Kevin Feige ha davanti uno spettatore che sa di cosa si sta parlando, ha una vaga idea di cosa è possibile e, se è rimasto, vuole quindi vedere quant’è profonda “la tana del Bianconiglio”. La fase 4 ha visto i Marvel Studios premere sull’acceleratore e diversificare così la loro offerta: generi diversi per pubblici diversi per personaggi diversi. Ecco quindi l’action a tinte horror di Sam Raimi, Doctor Strange nel Multiverso della follia, condito dalla colonna sonora di Danny Elfman che va a sfiorare le corde del metal (due mesi prima che uscisse Stranger Things); e ancora la crescita della teenager Kamala Khan vista in Ms. Marvel, una serie rivolta a un pubblico di adolescenti (come già fa la sua controparte cartacea fin dalla nascita nel 2014, per parlare ai potenziali nuovi lettori). Qui ci viene mostrata la vita all’interno della comunità islamica americana, allontanandosi da quella che poteva essere un’apparente comfort zone dell’MCU di racconti di personaggi pienamente appartenenti alla cultura e al mondo occidentale. Una serie che anche stilisticamente cerca di avvicinarci ai più giovani, con i diversi richiami al mondo dei social che questi utilizzano, in particolare con i richiami all’interfaccia di TikTok, e la scelta di raccontarci i dialoghi, i pensieri e i sogni di Kamala mescolando 2D e 3D, quasi un richiamo a quanto visto in Spiderman: Un nuovo Universo, dove il gioco fumetto-cinema era funzionale alla narrazione. E potremmo andare avanti anche con Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, film che si richiama al genere action orientale e riporta in vita un personaggio nato negli anni ’70, quando Bruce Lee in America fece esplodere la moda degli action sulle arti marziali con il suo L’urlo di Chen terrorizza anche l’occidente.
Espansione
La fase 4 vuole concentrarsi molto di più sui traumi e sulla crescita dei singoli personaggi. Le storie viste in WandaVision, Shang-Chi, Spider-Man, Eternals, Ms.Marvel, persino Doctor Strange, cos’hanno in comune? Il racconto delle relazioni famigliari. Per quanto visto finora, l’unico prodotto che esplicitamente ci apre al nuovo racconto crossover di tutti i personaggi è Loki, che ha posto le basi e le regole per la struttura del Multiverso e introdotto la figura di Kang. Gli altri contenuti, seppur pregni anche loro di indizi e pezzetti del puzzle che andranno a unirsi, hanno preso la decisione più netta rispetto alle prime 3 fasi, di andare più a fondo nei conflitti interni dei singoli personaggi.
Conosciamo nuovi eroi e storie: come quella di Shang-Chi e del suo passato tormentato. Un bimbo che vede la madre assassinata di fronte a lui e vive in esilio, in conflitto con un padre anch’esso afflitto dai propri demoni interiori e alla ricerca di sé, in perenne contrasto tra il suo passato guerrafondaio e quell’attimo di pace che aveva trovato nella sua millenaria storia grazie alla famiglia (e per un ruolo del genere si è scelto un simbolo del cinema orientale come Tony Leung, già protagonista di quel capolavoro che è In the mood for love). O ancora il racconto del rapporto con la madre di Kate Bishop nella rocambolesca serie natalizia di Hawkeye, fino alle problematiche psicologiche e ai traumi infantili di Marc Spector/Moon Knight. Peter Parker ha dovuto definitivamente fare un salto in avanti e accettare le conseguenze delle sue azioni per crescere, Doctor Strange ha dovuto fare un bilancio della sua vita mentre salvava quella di una teenager, dal desiderio ossessivo di una Wanda Maximoff in preda al dolore per il lutto di Visione e intenta a rendere reale e concreta con ogni mezzo quell’illusione di famiglia che si era costruita a Westview negli eventi di WandaVision. Thor, dopo aver perso tutto e aver affrontato la depressione in Avengers: Endgame, ha ripreso il viaggio alla ricerca di sé stesso. Ora più che mai i Marvel Studios hanno capito che per creare una storia corale che funzioni, ogni “supereroe con superproblemi” deve avere un proprio percorso netto e univoco, che lo formi e faccia capire al pubblico le motivazioni dietro il suo carattere e le sue scelte.
Sperimentazione
Un po’ è stata già accennata, ma la diversificazione di cui si è parlato, è avvenuta decidendo di osare. Sam Raimi per il già citato Doctor Strange si è spinto nei suoi territori, fondendo la storia con le atmosfere degli horror anni ’90 diretti da lui. La commedia demenziale e amara di Thor con cui Taika Waititi ha estremizzato il personaggio ne è un altro esempio. Ma ancora il viaggio nei generi televisivi che fa WandaVision, in cui ogni episodio affronta un’epoca diversa della storia della televisione creando un gioco metacinematografico quasi lynchiano nelle prime puntate (la scena dell’apicoltore che esce dal tombino in questo senso è emblematica).
E proseguendo si può parlare di sperimentazione e scommesse anche in termini di personaggi, attori e registi. Adil El Alarbi e Bilall Fallah prima di Ms. Marvel avevano diretto solo il terzo capitolo di Bad Boys e provenivano dalla scena dei videoclip musicali, Mohamed Diab prima di Moon Knight aveva diretto tre film indipendenti in Egitto e si era fatto conoscere agli addetti ai lavori grazie al suo Clash, scelto nella categoria Un Certain Regard del Festival di Cannes 2016. Chloé Zhao era stata selezionata da Kevin Feige nel 2018, ben prima del successo di Nomadland, quando si era resa famosa al Sundance grazie a The Rider. Non è in realtà una novità in casa Marvel, che già nelle prime tre fasi aveva fatto lo stesso con i fratelli Russo e scommesso su registi come Scott Derrickson e Taika Waititi. Ora con una mole sempre più alta di prodotti la scelta è stata quella di proseguire su questa strada.
Difetti
Promesse non mantenute
Se c’è un problema che finora ha accomunato la serialità Marvel è stato quello di creare storie che presentavano un inizio grandioso unito ad un percorso ricco di misteri e ad un ritmo incalzante, che poi però puntualmente andava a calare dopo metà stagione, finendo per mostrarci un arco narrativo pressoché simile su ognuno degli show rilasciati. Inizio esplosivo e ricco di cliffhanger e incognite, arrivo a metà stagione in cui ancora non si capisce dove si vuole andare a parare e finale che prova a chiudere tutte le questioni aperte, ma frettolosamente poiché il tempo a disposizione è terminato. È un modello work in progress quello della serialità (a dimostrarlo anche il trailer di She-Hulk rilasciato con i VFX non ancora ultimati), ma per ora la sensazione che hanno lasciato queste storie è dolceamara: una promessa non mantenuta e una risoluzione non all’altezza delle premesse.
Espansione o dispersione?
Si è parlato della grande mole di racconti in arrivo tra serie e film. Se inizialmente però si è assistito ad una vera e propria abbuffata Marvel, dovuta all’uscita uno dietro l’altro, di titoli che sarebbero dovuti uscire nel 2020 insieme a quelli programmati nel 2021 (e 2022), dopo l’ultimo San Diego Comic Con la certezza è che questo ritmo e questa presenza massiccia nel corso dell’anno di prodotti Marvel Studios, potrebbe rimanere fino alla fine della Multiverse Saga. Se da un lato l’offerta di film e serie risponde all’enorme domanda di un pubblico ormai fidelizzato, il rovescio della medaglia inevitabilmente è il pensiero che il troppo stroppi, che questa abbuffata rischi di stufare un pubblico che potrebbe faticare a stare dietro a tutto o che magari per scelta decida di non seguire determinati prodotti.
Divisioni
Si è parlato di diversificazione e anche qui c’è un rovescio della medaglia. Quanto alla lunga può reggere la sperimentazione se gli incassi non daranno più ragione a Feige? Lo si è già visto con la spaccatura nelle reazioni di Eternals (fermatosi a 402 milioni causa anche la non uscita in Cina e in alcuni paesi arabi), Dottor Strange nel Multiverso della Follia e da Thor: Love and Thunder (su Rotten Tomatoes con un punteggio al livello del tragico Thor: The dark world). E se il pubblico decidesse di non seguire più alcuni personaggi, perché il loro racconto declinato in un determinato genere non toccasse le loro corde?
La fase 4 si appresta ora a terminare: sono da poco usciti i corti su Groot, a brevissimo verrà rilasciata la serie su She-Hulk e poi vedremo il secondo capitolo di Black Panther a novembre, con l’arduo compito di dover dire addio a T’challa (personaggio interpretato dal compianto Chadwick Boseman) e su Disney+ lo Special di natale dei Guardiani della Galassia. Cosa dovremo aspettarci? Nuovi esperimenti o un ritorno a schemi più consolidati?