L’attesissimo ritorno della saga delle sorelle Wachowski con Matrix Resurrections (di cui la sola Lana si è fatta carico) ha suscitato, come è giusto che sia, molti pareri contrastanti. Al di là delle valutazioni di merito, spesso influenzate da aspettative mal risposte nei confronti di un blockbuster che si è rivelato più riflessivo e cerebrale del previsto a discapito di scene action (volutamente) non memorabili come quelle della trilogia originale (ma a Lana Wachoswki non interessava affatto trovare un nuovo effetto Bullet-Time), crediamo che Matrix Resurrections sia suscettibile di numerosi e affascinanti livelli di lettura.
A cominciare per esempio dall’arguta riflessione meta-cinematografica sull’intera saga che caratterizza il primo atto del film e che, nelle figure dei game designer impegnati a individuare cosa ha reso Matrix così speciale e a condensarlo in formulette superficiali e apparentemente replicabili, diventa anche una feroce critica, dall’interno, a tutto il sistema hollywoodiano attuale che vive di reboot, remake, franchise ecc.
In questa sede ci interessa però analizzare il nuovo capitolo delle avventure di Neo e Trinity con una lettura esoterica, ovvero, in parole molto riduttive, secondo quelle concezioni che intravedono nel mondo una parte nascosta, invisibile ai più, opposta a quella essoterica, cioè in vista. Tali parti nascoste, se percepite, ci permetterebbero, secondo una riuscita metafora di Elemire Zolla (scrittore, filosofo, storico delle religioni, esperto di dottrine esoteriche, spesso incompreso) “di uscire dallo spazio che su di noi hanno incurvato secoli e secoli, realizzando l’atto più bello che si possa compiere”.
Non abbiamo ovviamente alcuna pretesa di sviscerare in maniera esauriente le tematiche che toccheremo, sarebbe folle solo pensare di farlo nello spazio di un articolo. Forniremo più che altro degli input, degli stimoli con cui guardare il film di Lana Wachowski sotto un’altra prospettiva, stimoli che potrebbe essere interessante approfondire in seguito per conto proprio. Per fare questo prenderemo in considerazione gli snodi narrativi più importanti di Matrix Resurrections: se continuate a leggere lo fate dunque a vostro rischio e pericolo, perché andrete incontro a numerosi (parola odiosa) spoiler.
L’impianto gnostico ampliato
Che la prima trilogia di Matrix fosse anche, tra le altre cose, una traduzione in forma narrativa, dalla veste molto accattivante, delle teorie gnostiche sul mondo è un fatto acclarato, su cui si è scritto, forse non abbastanza. La gnosi, vera e propria disciplina filosofica praticata dalle sette protocristiane dei primi secoli dopo Cristo, dichiarate in seguito eretiche, consisteva in esercizi di meditazione e visualizzazione che permettevano di riconoscere la scintilla divina presente in ognuno di noi e affogata nella materia. L’essere umano sarebbe dunque un dormiente, inconsapevole di tale frammento divino presente in tutti gli individui e suscettibile di risveglio tramite determinate pratiche. Ma cos’è che l’umanità avrebbe dimenticato, oltre la propria origine divina? Che il mondo intero, con le sue percezioni ingannevoli (dipendenti dai nostri organi di senso) e i suoi elementi di materia variamente addensata, non è altro che un inganno messo su dal Demiurgo, falsa divinità che avrebbe creato questa illusione collettiva consensuale con l’aiuto degli Arconti, entità preposte alla tenuta di questo teatrino illusorio che chiamiamo realtà. Il vero Dio si trova oltre questa realtà e ne conserviamo appunto un frammento dentro di noi che va risvegliato.
A questo punto non diventa affatto difficile sostituire il Demiurgo con l’Architetto che abbiamo conosciuto in Matrix Reloaded (2003) e gli Arconti con le macchine senzienti. Tutto questo era la vecchia trilogia di Matrix. E adesso? C’è stato un ulteriore passo avanti con questo quarto capitolo? Certamente. Il nuovo demiurgo, ovvero l’Analista, è molto più fine dell’Architetto, che ragionava solo per formule ed equazioni, escludendo il fattore emozionale. L’Analista ha invece compreso il valore dei sentimenti e la loro importanza nella manipolazione degli individui: soprattutto si è reso conto che, tanto più gli umani vengono manipolati, strapazzati e fatti soffrire, tanto più producono surplus di energia di cui le macchine si cibano avidamente.
Parassiti energetici nella mitologia e nei prodotti pop.
Tutto questo non è affatto nuovo poiché in molte tradizioni mitologiche sono presenti esseri vampirici che suggono l’energia (o il sangue) degli esseri umani come gli Ekimmu babilonesi, le Lilith ebraiche, le Empuse e le Lamie greche. Arrivando al giorno d’oggi molta letteratura esoterica contemporanea parla di entità parassite che si cibano della sofferenza e delle emozioni negative prodotte dagli esseri umani. Carlos Castaneda, leggendario antropologo peruviano (amato da Fellini che forse lo incontrò in Messico) che studiò gli sciamani messicani (sotto la guida di Don Juan), nominava tali parassiti Voladores. Anche Don Miguel Ruiz, autore di testi sullo spiritualismo tolteco, parla di parassiti interiori da combattere. Nelle moderne teorie ispirate allo gnosticismo sono gli stessi Arconti a cibarsi delle nostre emozioni negative. Nell’universo narrativo di Stephen King abbiamo un’antichissima entità, It, che, sotto le mentite spoglie di un clown, si ciba delle paure dei ragazzi di Derry. Nei mondi visionari di David Lynch abitano le entità della Loggia Nera come Bob e il Nano, che fanno scorpacciate di Garmombozia, ovvero una pappetta, simile al mais, ricavata dal dolore e dalle sofferenze umane (per approfondire potete leggera anche il nostro articolo su Mulholland Drive).
La saga fumettistica The Invisibles (1994-2000), dell’autore cult Grant Morrison, costituisce una sorta di anticipazione di Matrix, con una realtà che non è ciò che sembra, gli Arconti che si cibano delle energie degli esseri umani e un gruppo di combattenti dissidenti. Anche i Dissennatori di Harry Potter, che si nutrono della felicità degli esseri umani seminando depressione e disperazione, sono certamente creature assimilabili ai Voladores castanediani.
In Matrix infine abbiamo le macchine che utilizzano gli esseri umani come batterie. Tali batterie, si scopre in Resurrections, sono molto più “produttive” se stimolate tramite la sofferenza e la paura, perfettamente in linea con le concezioni esoteriche di cui sopra e con le opere pop citate. È evidente inoltre che tutto questo può essere anche letto, ed è stato ampiamente fatto, come una metafora politica delle forze capitalistiche che tengono in scacco l’individuo, imprigionato in un sistema che lo spreme, in quanto lavoratore-consumatore.
Paura e desiderio
C’è però un altro aspetto cui l’Analista accenna e che costituisce la chiave di lettura più importante di Resurrections, nonché lo strumento di libertà nelle mani di Neo e Trinity: l’amore. Non quello romantico, da favoletta hollywoodiana, ma quello reale, indissolubile, che consiste nel darsi completamente all’altro e agli altri. Se tenuti separati, ma comunque ad una certa distanza, Neo e Trinity generano la giusta energia per nutrire le macchine. Devono essere mantenuti in una condizione di sofferenza per cui si anela sempre qualcosa che non si ha, mentre al tempo stesso si ha paura di perdere ciò che si ha: questa condizione costituisce per la maggior parte degli esseri umani l’unico orizzonte reale possibile, come acutamente sottolinea l’Analista. Paura e desiderio sono i due poli entro cui si dibatte invano l’esistenza umana. Le macchine, o gli Arconti, hanno tutto l’interesse affinché gli esseri umani rimangano incastrati in questa dicotomia. Ma l’Analista ha compreso un’altra cosa, dalla quale è giustamente intimorito: Neo e Trinity costituiscono una diade formidabile che, se riunita, può disgregare la nuova Matrix, riconfigurarla ed emanciparsi da essa.
L’unione del maschile e del femminile
Non è un caso che l’unione del maschile e del femminile sprigionino una tale energia psichica. In alchimia, disciplina esoterica che permetteva agli iniziati, in epoca medievale, di discernere, all’interno della propria interiorità, l’oro dalle impurità dell’anima, per arrivare ad una consapevolezza superiore e, similmente alla gnosi, accedere alla vera essenza divina del proprio essere, l’unione tra il principio maschile e quello femminile, le cosiddette nozze alchemiche, era una tappa fondamentale di tale cammino. Si trattava della cosiddetta coincidentia oppositorum, ovvero dell’unione degli opposti: maschile e femminile, zolfo e mercurio, luce e tenebra, tutti elementi presenti all’interno dell’animo umano e che vanno riconosciuti e integrati.
Lo psicologo Carl Gustav Jung studiò a lungo i simboli dell’alchimia per ritrovarvi infine, sotto forma di potenti immagini, le rappresentazioni delle tappe del percorso che una coscienza deve compiere per arrivare ad individuarsi, ovvero per arrivare ad una piena e completa conoscenza e realizzazione di sé. Tra queste immagini, una tra le più ricorrenti è proprio quella dell’ermafrodito (detto anche rebis), essere mitologico nato dall’unione tra Ermes e Afrodite, che racchiude in sé gli elementi maschili e femminili, nonché i relativi organi genitali. Secondo Jung, solo nel momento in cui l’uomo riconosce la parte femminile dentro di sé e, viceversa, la donna diventa consapevole della propria parte maschile, e tali parti vengono dunque integrate ed equilibrate, che l’individuo può dirsi completo.
Torniamo a Resurrections: alla fine è Trinity a galleggiare per aria salvando Neo e ritrovandosi di fatto con i poteri di un Eletto. La parte femminile della diade formata dai due Eletti ha adesso la ribalta e prende piena coscienza di sé e dei suoi poteri, o possibilità. Considerando il percorso di vita che ha compiuto Lana Wachowski (come ovviamente anche la sorella Lilly), da maschio a individuo trans-gender, risulta evidente come Trinity, finalmente padrona del suo destino, rappresenti la tappa fondamentale della sua trasformazione fisica e psichica, resa ormai esplicita. Ecco che la figura alchemica dell’ermafordito può diventare un’interessante chiave di lettura della diade formata da Neo e Trinity, finalmente riunitasi e consapevole di sé.
Mettere in scena il proprio mito
I due Eletti sono però prima costretti a mettere in scena il proprio mito, come vediamo nel primo atto del film in cui Neo è prigioniero appunto del proprio mito e lo mette inconsapevolmente in scena, ideando lui stesso la trilogia dei videogame di Matrix, senza capire che quei giochi nascono da sue esperienze realmente vissute. Trinity è invece costretta ad adeguarsi ai canoni che la società impone alle donne: è sposata, ha avuto dei figli, e ha accettato passivamente lo stucchevole nome Tiffany. James Hillman, il più famoso tra i discepoli di Jung, affermava che finché siamo costretti, da meccanismi psicologici interni (o da macchine senzienti come in Matrix), a mettere in scena il nostro mito, ne saremo sempre prigionieri. Nel momento in cui invece proviamo a osservarci dall’esterno, ci possiamo accorgere di quale mito stiamo inconsapevolmente interpretando, smascherarlo e riappropriarcene, diventandone anche i registi e non più solo gli attori.
Sia Neo che Trinity hanno obliato il proprio passato e devono risvegliarsi (qui torna ancora la gnosi) poiché gli sono stati assegnati un’identità e un nome fittizio. Solo nel momento in cui essi rifiutano tali identità e nomi, ovvero le maschere sociali imposte dalla Matrix, essi saranno davvero liberi di riprendere in mano le redini del proprio destino. Non basta però disconnettersi fisicamente dalla Matrix per uscirne ma, come viene sottolineato dal personaggio di Sati, bisogna volerlo. Occorre un atto di volontà per fare quel salto nel vuoto che ci consente di riconoscere le parti disgregate della nostra interiorità, o del nostro Io, ricomporle e uscire dalla trappola esistenziale in cui si è imprigionati.
Uno schiaffo in faccia
Se dunque la vecchia trilogia di Matrix rappresentava un sottile invito, Matrix Resurrections è invece un vero e proprio schiaffo in faccia che Lana Wachowski, in maniera diretta e schietta nonché fuor di metafora, rivolge agli spettatori. Il messaggio è semplice ed è un richiamo a svegliarsi, a liberarsi delle maschere che la famiglia e la società ci impongono, a riconoscere la nostra essenza più recondita e vera, tirarla fuori e prendere in mano le redini della nostra vita, proprio come hanno fatto le due sorelle Wachowski. Per dirla con Zolla: “Quasi nemmeno ci rendiamo conto delle nostre tacite obbedienze e automatiche sottomissioni, ma ce le possiamo scoprire, dandoci un orrore salutare, i momenti di spassionata osservazione, quando scatta il dono di preveggenza e libertà e per l’istante si è padroni, il destino sta svelato allo sguardo”.
Per approfondire alcuni degli argomenti trattati consigliamo in particolare queste letture: “Pillola rossa o Loggia nera? Messaggi gnostici nel cinema tra Matrix, Westworld e Twin Peaks” di Paolo Riberi, edito da Lindau; “Il lato attivo dell’infinito” di Carlos Castaneda, edito da BUR; “Psicologia e alchimia” di Carl Gustav Jung, edito da Bollati Boringhieri; “Figure mitiche” di James Hillman, edito da Adelphi; “Uscite dal mondo” di Elemire Zolla, edito da Marsilio.