È il 1982 quando una strana creatura approda al cinema. No, non è un inquietante replicante dalle sembianze umane da ritirare quanto prima dal pianeta Terra e nemmeno un tenero extraterrestre dagli occhi enormi pronto a telefonare casa col dito indice. Perché in quel fatidico 1982, assieme a Blade Runner e a E.T, arriva anche un film coraggioso e insolito, pronto a distruggere un testardo pregiudizio sull’animazione. Il suo nome è Brisby e il segreto di NIMH, esordio alla regia del visionario Don Bluth che con questa fiaba oscura lanciò la sua sfida alla Disney.
E lo fece con un grande affronto: usando dei topolini contro la casa del Topo. Perchè se la Disney aveva spesso associato il linguaggio animato a uno smielato regno di dolcezza e miele, Bluth voleva ricordare a tutti che l’animazione non era un genere, ma un linguaggio con cui poter raccontare storie per tutti. Come uno strano fantasy dark molto inquietante affidato a una topolina vedova pronta a tutto pur di salvare la sua famiglia. Un film sporco di fango e secrezioni, che fondeva magia e scienza, scomodando il tema della sperimentazione e della violenza sugli animali in modo tutt’altro che edulcorato. Questa l’impresa di Brisby e il segreto di NIMH. Un film piccolo come i suoi protagonisti e prezioso come il suo amuleto magico. Un film la cui importanza non perde smalto da oltre 40 anni. Ecco la sua storia.
Storia di un sognatore inquieto
Per capire il vero valore di questa perla animata, bisogna fare un salto indietro. Bisogna capire chi è Don Bluth. Animatore dallo spirito creativo irrequieto, Bluth nasce nel cuore sperduto del Texas. Fin da ragazzino sviluppa una passione quasi ossessiva per i film animati, tanto da andare a cavallo nella città più vicina per vedere i film Disney, per poi tornare a casa e copiarne i disegni fino a farsi venire i crampi alla mano. Un’ossessione talmente martellante da portarlo in casa Disney negli anni Settanta, quando lavora come animatore di Robin Hood, Le avventure di Winnie the Pooh e Le avventure di Bianca e Bernie.La sua carriera in casa disney è in ascesa, tanto da portarlo a dirigere le animazione del film in tecnica mista Eliott il drago invisibile. Tutto sembra andare per il meglio, fino a quando il suo rapporto con Mamma Disney inizia a incrinarsi. Succede quando lo sceneggiatore Ben Anderson consiglia a Bluth la lettura di un romanzo per ragazzi chiamato Mrs. Frisby e and the rats of NIMH.
La storia appassiona talmente tanto Bluth da fargli venire voglia di una trasposizione animata. Così la propone allo storico consiglio degli Old Nine Men, i nove pezzi grossi della Disney che gestiscono il reparto animato. La risposta della Disney è un perentorio no, con tanto di rimprovero. Un’altra storia di topi fatta dalla Disney che aveva già in casa Mickey Mouse e Bianca e Bernie? Follia. Non si poteva fare. E così, dopo aver lasciato il suo tocco in qualche scena non accreditata di Red & Toby che sarebbe uscito nel 1981, nel 1979 Don Bluth lascia la Disney, convinto che dopo la morte di Walt in azienda non ci sia più spazio per sperimentazione vera e creatività. Bluth vuole essere libero e così si porta via 16 animatori fondando la Don Bluth Production. Il nuovo studio animato ha sotto il naso il suo film d’esordio. Ovviamente Brisby e il segreto di NIMH.
Uomini e topi
Con soltanto 30 mesi e 7 milioni di dollari a disposizione, la produzione di Brisby e il segreto di Nimh è stata una folle corsa contro il tempo con tanti limiti che non hanno inibito la creatività di Bluth e soci, anzi. Spesso i paletti sono uno stimolo e così è stato per loro lavorando a questo film. Un film che abbraccia la doppia anima di Don Bluth. Da una parte si nota la sua impostazione disneyana, con tanto di animali antropomorfi e spalle comiche tipiche del suo vecchio studio, dall’altra c’è un ritrovato gusto per il grottesco e tanta di mettere in scena qualcosa che avesse il sapore delle vecchie fiabe: quelle capace di affascinare e inquietare allo stesso tempo. Quelle che utilizzavano la paura come mezzo pedagogico, per insegnare qualcosa a chi le ascoltava o guardava.
Se ci pensiamo Brisby e il segreto dei NIMH è ammaliante fin dal titolo, perché cela un mistero oscuro che viene rivelato solo alla fine del film. Un mistero fatto di torture, vivisezione e morte, che tocca il tema della violenza sugli animali senza alcun tipo di scrupolo per i giovani spettatori. Senza dimenticare che la signora Brisby, la protagonista del film, è una vedova alla prese con un figlio in punto di morte. Un presupposto drammatico non proprio canonico per un film animato per ragazzi.
Affidandosi a una protagonista coraggiosa ma anche inerme, il film infonde in chi guarda un costante senso di minaccia e pericolo, enfatizzato dalle splendide ambientazioni dark, sempre inospitali e ostili che avvolgono i protagonisti in un mondo a metà strada tra il fantastico e il realistico. Chi è cresciuto con questo film, forse, avrà ancora la pelle d’oca nel ricordare quanto fosse inquietante l’entrata in scena del grande gufo avvolto dalle ragnatele, quanto fosse intrigante il personaggio di Nicodemus con quelle mani piene di pustole o violenti i duelli all’arma bianca verso la fine del film. Brisby e il segreto di NIMH era una specie di cavallo di troia. Un film che sembrava innocuo e innocente ma dentro di sé nascondeva uno scrigno pieno di terrori e orrori capaci di scuotere la sensibilità dei bambini. Questo era quello che voleva Don Bluth. Dimostrare che l’animazione poteva ferire anche usando dei minuscoli topolini. Una dimostrazione di forza attraverso una piccola avventura che ha solo avuto bisogno di tempo per entrare nei cuori della gente.
La lezione di Don
Sì, perché il film non fu un grande successo, riuscendo a superare di poco le spese di produzione. Brisby e il segreto di Nimh è il classico cult diventato tale solo nel corso degli anni attraverso il passaparola, i tanti passaggi in tv e una seconda vita nel mercato home video. Un film che a livello narrativo poteva sembrare classico solo in apparenza con la protagonista impegnata in una specie di quest principale e sottoquest secondarie, ma che era abilissima a legare il microcosmo dei topolini di campagna a un sottobosco mistico che portava lo spettatore a scoprire una mitologia scioccante e senza scrupoli, dove la consapevolezza degli animali è una via di mezzo tra una rivincita e una dannazione. Ma se questa opera preziosa è entrata nei cuori di tanti persone, è soprattutto merito del suo straordinario aspetto artistico. Personaggi dal character design espressivo e a tratti teatrali nelle movenze, meravigliosi fondali dalla cura maniacale capaci di farci immergere dentro una natura verosimile e psichedelica allo stesso tempo.
Per non parlare dell’illuminazione, arrivata a calibrare oltre 30 sfumature cromatiche per rendere credibili personaggi e ambientazioni sotterranee quasi ipnotiche. Insomma, a livello visivo Brisby è un capolavoro assoluto, un inno alla bellezza dell’animazione tradizionale confezionato con un amore quasi commovente. Ma forse il vero segreto di questo film è nel suo fascino e nel mistero. Perché lo guardavi e volevi saperne di più. Dei personaggi, dell’ambientazione, di come sarebbe andata a finire. Come se fosse la punta di un iceberg profondissimo. Ma la sua bellezza era qui. Nel non spiegare tutto, nel lasciare che il mistero si alimentasse nell’immaginazione del pubblico.Una lezione che oggi forse non abbiamo ancora imparato. L’altra lezione, invece, è rimasta. È rimasta all’animazione che in quegli anni Ottanta tra Studio Ghibli, Akira ha finalmente sdoganato il potere universale di un linguaggio potentissimo. È arrivata persino alla Disney che qualche anno più tardi provo ad avventurarsi nel fantasy dark con lo sfortunato Taron e le pentola magica e si affidò a nuovi topolini alle prese con intrighi misteriosi con il bellissimo Basil l’investigatopo. Una grande rivoluzione iniziata da una coraggiosa topolina e dalla passione di un regista come Don Bluth. Un regista che in dopo quel fatidico 1982 ci avrebbe regalato altri film ormai fermo da oltre 20 anni che oggi servirebbe ancora tantissimo.
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