Psycho (1998) di Gus Van Sant è famoso in quanto remake shot by shot di Psycho di Hitchcock. Il film non è semplicemente un nuovo adattamento dell’omonimo romanzo di Robert Bloch (1959), ma piuttosto un adattamento del precedente film nella sua interezza. In altre parole, Psycho (1998) è un remake così estremo che non solo sembra un adattamento della storia alla contemporaneità, ma anche un adattamento dell’intera forma del film originale. Esiste quindi un dialogo intramediale tra il film del 1998 e quello del 1960. In questo senso Psycho di Van Sant è a tutti gli effetti un remake del film hitchcockiano. Tuttavia, il film certamente non è una copia del suo predecessore e ci sono molte incongruenze tra i due, sebbene la maggior parte di esse non sia facilmente visibile.
La prassi adattiva di Psycho (1998) sembra essere motivata dalla volontà di risposta alla seguente domanda: come sarebbe Psycho se fosse prodotto ai giorni nostri? Pertanto, il film è caratterizzato da due aspetti cruciali: in primo luogo, la narrazione presenta alcune modifiche per adattare la storia a un periodo storico diverso; in secondo luogo, il modello stilistico segue quello di Psycho (1960), con alcune piccole modifiche, come a testare la modernità del film originale e, allo stesso tempo, con alcuni tratti ritoccati come a voler realizzare ciò che non è stato fisicamente possibile nel 1960, o meglio che lo era solo in potenza. Entrambi questi cambiamenti evidenziano il carattere sperimentale dell’impresa.
Trama
La storia inizia venerdì 11 dicembre del 1998 alle 14:43, stesso giorno e ora del film originale, anche se in un anno diverso. In Psycho (1960) l’anno non è specificato, ma si lascia intendere che fosse il 1959 e in quell’anno l’11 dicembre era effettivamente un venerdì. Pertanto, l’ambientazione e altri dettagli del remake sono resi plausibili per il 1998: ad esempio, la quantità di denaro rubata da Marion non è di $ 40.000 ma di $ 400.000, e il costo dell’auto usata non è di 700 dollari ma di 4.000 dollari. Alcuni dialoghi sono stati leggermente modificati, presumibilmente per renderli più credibili per il 1998. La casa di Bates è diversa (hanno costruito una facciata finta per metterla dinanzi a quella originale), ma sembra comunque piuttosto antiquata, anche perché altrimenti si sarebbe andato ad alterare lo spirito del film precedente.
Il tema della sessualità
In generale, il remake contiene molti più riferimenti (e più espliciti) alla sessualità rispetto al film originale. Ciò non sorprende poiché è coerente con l’aggiornamento. Tuttavia, c’è un’altra ragione, che ha più a che fare con l’adattamento: Psycho (1960) ha sfidato gli standard di accettabilità dei film tradizionali dell’epoca, tanto da essere giudicato controverso dalla MPAA. Il film racconta una relazione prematrimoniale tra Marion e Sam e la psicosi di Norman, che è un assassino edipico travestito; raffigura un brutale omicidio sotto la doccia; mostra Marion in reggiseno due volte; rivela l’atto di voyeurismo di Norman, il cadavere imbalsamato della signora Bates; così come lo sciacquone del WC. I riferimenti del film alla perversione sessuale erano in anticipo sul suo tempo. Psycho (1998) potenzia tali riferimenti alla sessualità al fine di attualizzare e allo stesso tempo rafforzare i significati e i temi del film originale. Allo stesso tempo, i personaggi femminili sono raffigurati come più attivi ed emancipati.
Un nuovo approccio alla rappresentazione della femminilità
Nella prima sequenza, i suoni fuori campo implicano che qualcuno stia facendo sesso in una stanza adiacente a quella dei protagonisti, come presumibilmente hanno appena fatto Marion e Sam. Quando Sam si avvicina alla finestra si vedono le sue natiche: quel corpo nudo serve sia come controparte maschile di quella femminile già presente, sia come erotizzazione di Sam. Norman si masturba spiando Marion che si spoglia, rendendo così esplicito il suo voyeurismo. Mentre Sam e Lila aspettano Arbogast, Sam guarda un album LP di Judy Garland e questo può essere inteso come un rimando alla cultura queer, della quale Garland è un punto fermo. In questo modo, il film si riferisce ancora una volta sottilmente alla sessualità non normativa. Il fatto che l’album sia nelle mani di Sam è particolarmente significativo, perché è stato caratterizzato come un macho sin dalla prima sequenza. Il disco nella stanza di Norman, in Psycho (1960), è quello della Terza Sinfonia di Beethoven, detta Eroica.
È stato notato che il pezzo potrebbe essere stato scelto perché la parola “eroica” è simile a “erotica”. Nella versione del 1998, il disco è The World Needs a Melody, di George Jones e Tammy Wynette, che evita le allusioni sessuali. La cabina telefonica da cui Arbogast chiama Lila è posto accanto a uno strip club, da cui si diffondono alcuni suoni (fischi maschili, musica ovattata). Nel film originale, Lila trova un libro, lo apre e vi legge qualcosa che la inquieta. Il pubblico non ha indizi sul contenuto del libro, che nel romanzo di Bloch viene descritto come contenente un’illustrazione “quasi patologicamente pornografica”. Nel remake, Lila trova delle riviste pornografiche e le guarda con una leggera risatina. Quindi ancora una volta ciò che negli anni Sessanta si poteva solo immaginare qui è reso esplicito, e la reazione di Lila è quella di una donna smaliziata. Ciò è coerente con la rappresentazione generale del personaggio nella versione più recente, che è decisamente diverso dal film originale (anche più di quanto lo sia per Marion).
Nel film di Van Sant, Lila si veste con outfit casual o sportivi; si muove in modo sicuro di sé fin dalla sua prima apparizione; e durante il suo primo incontro con Norman lei gli fa l’occhiolino. È particolarmente significativo che nel climax lei aiuti Sam dando un calcio a Norman. Nell’adattamento di Van Sant, Julianne Moore, conferisce al personaggio un atteggiamento più aggressivo rispetto a Vera Miles nella versione di Hitchcock, rendendola più simile alla “final girl” dello slasher, mentre Anne Heche interpreta Marion in un modo più vivace rispetto a quello schivo di Janet Leigh.
Interventi narrativi
In Psycho (1998), l’intervento creativo di Van Sant, reso possibile anche dai e dalle sue collaboratori/trici, invita a interpretare il film originale e a elaborarne i possibili significati (nello specifico impliciti e sintomatici riguardanti la sessualità e i ruoli di genere) senza modificarlo narrativamente o stilisticamente in modo significativo. Ci sono anche altri cambiamenti narrativi in Psycho del 1998, per esempio nella prima sequenza, mentre Marion e Sam sono nella camera d’albergo, una mosca è mostrata in primissimo piano: questa immagine funziona come una rima visiva, poiché prefigura la mosca che, coerentemente con il film originale, vediamo sulla mano di Norman nell’ultima sequenza. O ancora, quando Lila entra nella cantina di casa Bates non trova solo il cadavere della madre di Norman, ma anche alcuni uccelli in gabbia; ciò è coerente con l’hobby della tassidermia di Norman, ma è facilmente comprensibile anche come riferimento intertestuale al film che Alfred Hitchcock ha diretto dopo Psycho, Gli Uccelli (1963), quasi a sottolineare un collegamento tra i due film, entrambi riguardanti il mistero della sessualità.
Interventi stilistici
I cambiamenti stilistici del film del 1998 sono motivati da almeno tre ragioni: in primo luogo, realizzare ciò che non era possibile fare nel 1960 ma che già lo era o presumibilmente – nelle intenzioni dei realizzatori; secondo, rendere il film più conforme al gusto del pubblico del 1998; terzo, enfatizzare la natura sperimentale e autoriflessiva del film. Psycho (1960) è in bianco e nero, mentre il suo adattamento del 1998 è a colori. Perciò, l’uso del colore è qualcosa di completamente nuovo ed è ragionevole in un aggiornamento. In ogni caso, lo stesso Hitchcock avrebbe voluto girare Psycho a colori e se non fosse stato per le restrizioni di bilancio e per i problemi di rating della MPAA lo avrebbe fatto. Dopo i titoli di coda, viene mostrata una ripresa aerea di Phoenix. La scena non parte con una dissolvenza, come nel film originale: la metà superiore dell’immagine entra nello schermo da sinistra a destra, mentre la metà inferiore entra da destra verso sinistra, fino a congiungersi al centro. Questo è più tecnicamente complicato rispetto alla sequenza originale, che conteneva una combinazione di panoramiche, zoom e dolly. Ciò che il film ottiene è ciò che era concettualmente presente in quello originale, ovvero un unico movimento che termina all’interno della camera d’albergo. Infatti, questo è probabilmente ciò che Hitchcock avrebbe voluto fare ma che non riuscì a realizzare date le limitazioni tecniche dell’epoca.
Assolute novità
Nel film del 1998, parlando di aggiunte ex novo, sono presenti soprattutto alcuni inserti extradiegetici: si vedono due volte le immagini di un cielo tempestoso, mentre nella colonna sonora si sentono i tuoni, e c’è un dettaglio di una pupilla dilatata. Gli scatti del cielo sembrano essere motivati puramente da una ragione concettuale, ricordandoci così la natura sperimentale del film. Ancora, abbiamo l’inserto di una donna quasi nuda con una maschera nera, che sembra un’immagine televisiva a bassa definizione e un vitello in mezzo a una strada. Questi due inserti hanno la stessa qualità autoriflessiva di quelli della scena della doccia. Inoltre l’inquadratura della donna è doppiamente indicativa della sessualità non normativa, poiché evoca sia il BDSM che il voyeurismo.
Conclusioni
È noto che Hitchcock faceva camei giocosi nei suoi film. In Psycho (1960) lo si vede fuori dall’ufficio di Marion; in Psycho (1998) c’è un sosia di Hitchcock nello stesso posto, che parla
allo stesso Van Sant, che sta di fronte a lui. Quindi, un tributo così scherzoso a Hitchcock di Van Sant mostra l’emulatore che riceve una lezione dal suo mentore, in una sorta di passaggio di consegne. Per concludere, anche se Psycho (1998) può essere apprezzato di per sé, il suo “pubblico ideale” è quello che ha familiarità con il film di Hitchcock. Ciò che fa Van Sant non è quindi una copia, ma piuttosto un adattamento creativo con una propria, forte, identità.
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