Non è un segreto che Alfred Hitchcock fosse – e sia tuttora – uno dei registi più venerati della storia del cinema. Dopo aver iniziato la sua carriera come disegnatore di titoli di film muti, il cineasta londinese debutta alla regia nel 1925 con The Pleasure Garden e successivamente realizza una serie di film che diventano immediatamente riconoscibili come suoi. Ombre drammatiche, rivelazioni visive imprevedibili e strani angoli di ripresa facevano tutti parte del suo repertorio, supportati da vicende di persone accusate ingiustamente. Raccontava spesso la storia di come suo padre lo trattava dopo che si era comportato male durante la sua infanzia: il ragazzo veniva mandato alla stazione di polizia con un biglietto destinato al sergente, chiedendogli di rinchiudere il bambino allo scopo di “dargli una lezione”.
Di conseguenza, un Hitchcock adulto una volta disse che voleva che le parole “Vedi cosa può succedere se non sei un bravo ragazzo” fossero incise sulla sua lapide. Inoltre, il tema delle persone irreprensibili in fuga è diventata una delle sue ossessioni narrative. Nel corso della sua carriera, durata sessant’anni e comprendente oltre cinquanta lungometraggi, questo regista ha ottenuto quarantasei nomination agli Oscar e ne ha vinti solo sei. Nel 1960 aveva realizzato quattro film che sono ancora considerati tra i migliori di tutti i tempi. Uno di questi è, ovviamente, Vertigo (o La donna che visse due volte) del 1958 – gli altri tre sono Rear Window (1954), North by Northwest (1959) e Psycho (1960).
Genesi
Al momento dell’uscita di Vertigo, la critica non fu minimamente impressionata dalla sceneggiatura, trovando la storia poco convincente poiché inverosimile, e il pubblico non era d’accordo né con il mistero risolto a due terzi di film né con la visione di Jimmy Stewart in un ruolo, quello di John “Scottie” Ferguson, così fragile intenso, a differenza di quelli in cui erano abituati a vederlo – come quello di JB “Jeff” Jefferies in La finestra sul cortile e del Dr. Ben McKenna in L’Uomo che sapeva troppo (1956), per restare a Hitchcock. In entrambi questi casi, il pubblico è sempre schierato con il personaggio principale, cosa che non si può dire di Scottie in Vertigo. Con il passare del tempo, il gioiello incompreso del regista ha finalmente ottenuto il riconoscimento che aveva sempre meritato: nel 1982, Vertigo è entrato nella lista dei dieci più grandi film di tutti i tempi pubblicata su Sight and Sound (rivista del British Film Institute), posizionandosi al settimo posto.
Nel 2002 salì al secondo posto, e nel 2012 fu votato al primo posto, detronizzando il film che occupava quella posizione dal 1962: Quarto potere (1941) di Orson Welles. Nel 2022, a sorpresa, è stato battuto da Jeanne Dielman, 23 Quai de Commerce, 1080 Bruxelles (1975), di Chantal Akerman, ma resta comunque al secondo posto. Nel 1989 è stato ritenuto “culturalmente, storicamente ed esteticamente significativo” dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, entrando quindi nel primo gruppo di film selezionati per la conservazione nel National Film Registry, nato proprio in quell’anno.
D’entres les morts
Hitchcock voleva acquistare i diritti di un romanzo intitolato Celle qui n’etait plus degli scrittori Pierre Boileau e Thomas Narcejac, ma il regista Henri-Georges Clouzot lo aveva battuto sul tempo, dirigendo nel 1955 Les Diaboliques. Il regista era, quindi, molto vigile quando si trattava di nuovo materiale scritto dai due, così quando D’entres les morts arrivò nelle librerie nel 1954, il regista fece commissionare alla Paramount una sinossi prima ancora che il romanzo ricevesse una pubblicazione. Quando lo studio si assicurò i diritti, il drammaturgo Maxwell Anderson ottenne l’incarico di adattare il romanzo.
Anderson scrisse una sceneggiatura intitolata Listen, Darkling— una citazione dal poema Ode to a Nightingale di John Keats — e a Hitchcock non piacque per niente, così scartò la bozza e introdusse Alec Coppel. Sfortunatamente, anche la sua seconda scelta non lo soddisfece, tanto che Samuel L. Taylor venne assunto per scrivere la sceneggiatura da zero, con l’aiuto degli appunti di Hitchcock. Taylor voleva prendersi il merito esclusivo del suo lavoro, ma Coppel si oppose alla Screen Writers Guild, dopo di che entrambi furono accreditati e Anderson fu escluso. Kim Novak fu scelta insieme a Jimmy Stewart, anche se inizialmente la parte della protagonista femminile era destinata a Vera Miles, che in seguito avrebbe interpretato il suo ruolo più memorabile in Psycho.
Sinossi
Vertigo racconta di Scottie, un agente di polizia che scopre di avere una fobia dell’altezza che si manifesta con delle vertigini, costretto a ritirarsi dopo che le sue condizioni hanno provocato uno sfortunato evento in cui un suo collega è morto per salvarlo. Scottie trascorre il suo tempo con la sua amica ed ex fidanzata Marjorie “Midge” Wood (Barbara Bel Geddes), una donna intelligente e indipendente che ovviamente prova ancora dei sentimenti per lui. Ma la routine quotidiana di Scottie diventa improvvisamente più eccitante quando il suo vecchio amico del college Gavin Elster (Tom Helmore) lo contatta per chiedergli un favore molto particolare: egli vuole che sua moglie Madeleine (Kim Novak) venga seguita, non perché ne sospetti l’infedeltà, bensì perché ha paura per la sua salute mentale.
Madeleine sta presumibilmente rivivendo gli ultimi giorni della miserabile vita della sua defunta bisnonna Carlotta Valdes come se cadesse in trance perché posseduta dal suo fantasma, e Scottie è più che incuriosito dalla misteriosa giovane donna bionda che sembra non sapere dove stia andando o cosa stia facendo. Il protagonista si ritrova presto innamorato e incapace di starle lontano, da un lato cercando disperatamente di andare a fondo del mistero che è Madeleine, e dall’altro godendone perché è proprio l’ignoto e l’enigma dietro questa donna ad alimentare la sua attrazione, che presto sfocerà in vera e propria ossessione.
Il mistero svelato
A due terzi del film assistiamo a uno scioccante colpo di scena che svela tutto il mistero e che pone Scottie in una spirale discendente; la sua ossessione prende il controllo totale delle sue azioni e della sua vita. È qui che vediamo chiaramente la triste verità di un uomo innamorato di una persona che non è mai esistita, di una fantasia, di un sogno, di un fantasma nella sua testa a cui nessuna donna potrebbe mai davvero sostituirsi, nemmeno quella di cui afferma di essere innamorato. Perché il personaggio di Madeleine è l’epitome della donna sconosciuta, così misteriosa, evasiva e seducente che una persona potrebbe proiettare su di lei tutti i suoi desideri più profondi, adorandola per sempre e sentendo un’attrazione miracolosa verso un’immagine costruita nella propria mente.
I fatti su di lei rimangono oscuri e l’incapacità di Scottie di comprenderla appieno lo fa impazzire di desiderio e fa nascere in lui il bisogno di provare a svelare il mistero. Più la verità gli sfugge, più diventa ossessionato dall’idea di fare chiarezza, ma questo è, in realtà, un enigma che inconsciamente non vorrebbe mai risolvere, perché ciò implicherebbe che la sua attrazione cesserebbe di esistere, e con esso, le sue vertigini, che potrebbero essere viste come metafora della perdita di controllo e del senso di disorientamento che si prova quando ci si innamora perdutamente. E questo è qualcosa che Scottie non può permettersi.
Decostruzione dello sguardo
Da un lato, Vertigo è una storia sull’implacabile sguardo maschile che domina e detta sia la nostra realtà collettiva condivisa sia la maggior parte delle narrazioni che creiamo e consumiamo, ma dovrebbe anche essere vista come una storia molto intelligente di decostruzione dello stesso. Descrivendo un uomo che, a un certo punto del film, controlla come dovrebbe apparire una donna, come dovrebbe parlare, camminare e comportarsi per aderire alla sua fantasia e soddisfare il suo sguardo, Hitchcock rivela senza sottigliezza la propria ossessione di controllo sulle sue attrici e il suo tentativo di trasformarle nel perfetto “biondo Hitchcock”. In altre parole, possedere una donna diventa di per sé un’ossessione e, nell’ossessione, l’uomo stesso si comporta come se fosse posseduto.
Ma a un altro livello, il voyeur maschio di Vertigo è in realtà quello che si ritrova sottomesso in questo gioco di potere patriarcale, perché non è davvero lui a controllare la narrazione. Scottie è reso impotente dalla fantasia idealizzata e idolatrata nella sua mente, ignaro di chi sia veramente la donna sconosciuta e ignaro di ciò che sta realmente accadendo. Lei, invece, è sempre un passo avanti a lui, contando sul suo sguardo, sulla sua attrazione e sulla sua voglia di portare entrambi dove devono essere. La grande rivelazione che circonda la vera identità di Madeleine, il suddetto colpo di scena che molti/e consideravano arrivare troppo presto, è stato in realtà perfettamente sincronizzato, poiché ci ha fornito il tanto necessario cambio di prospettiva. A prima vista, sembra aver eliminato la suspense dal resto della storia, ma dopo un’analisi più approfondita diventa evidente che qualsiasi altro percorso ci avrebbe privato dell’esperienza di metterci nei panni di Madeleine.
Fino ad allora eravamo nella stessa posizione di Scottie, ugualmente sconcertate/i e confuse/i, ma poi all’improvviso veniamo a conoscenza di un’informazione che Scottie non ha, e ciò crea un altro tipo di suspense, profondamente emotiva, perché la nostra disillusione ci porta a vedere chiaramente la profondità dell’illusione di Scottie e il dolore che provoca a Madeleine. Lo stesso Hitchcock riassunse ironicamente Vertigo così: “il ragazzo incontra la ragazza, il ragazzo perde la ragazza, il ragazzo incontra di nuovo la ragazza, il ragazzo perde di nuovo la ragazza”.
Effetto Vertigo
Sebbene la grande rivelazione fosse originariamente nella sceneggiatura, Hitchcock temeva che il gioco fosse stato rivelato troppo presto e decise di eliminare la scena in questione dopo la prima proiezione di prova. Stewart era d’accordo con lui, un produttore no, ma è stato il capo della Paramount Barney Balaban che alla fine ha ordinato al regista di reinserirla. Inoltre, l’amministrazione del codice di produzione (ossia, il Codice Hays) voleva vedere il vero cattivo del film punito per il suo crimine: la scena richiesta è stata effettivamente girata, con Midge che ascolta un servizio radiofonico sul destino del personaggio, ma il regista è riuscito a mantenere il finale che inizialmente aveva previsto.
Vertigo è quindi il suo unico film in cui il colpevole “la fa franca”. Vertigo è anche il primo film in assoluto a presentare la caratteristica ripresa che cattura l’acrofobia di Scottie, diventata nota come “l’effetto Vertigo”. Come afferma Hitchcock nella nota intervista con Truffaut: “Il punto di vista deve essere fisso, vedete, mentre la prospettiva cambia man mano che si allunga longitudinalmente. Ho pensato al problema per quindici anni. Quando siamo arrivati a Vertigo, abbiamo risolto il problema utilizzando il carrello e lo zoom contemporaneamente”. Hitchcock utilizzò in seguito questa tecnica nel suo film Marnie del 1964. Altri registi hanno reso omaggio al regista utilizzando “l’effetto Vertigo”, come Steven Spielberg ne Lo Squalo, ET e Indiana Jones . Lo troviamo anche in altri film come Poltergeist, L’odio, Il Signore degli Anelli , Quei bravi ragazzi e Il re leone.
Tra fantasmi e ossessioni
È davvero splendido osservare lo svolgersi di Vertigo, poiché il primo atto del film ci presenta quella che sembra una storia di fantasmi sulla possessione che si diletta nell’argomento del trauma ancestrale. Gioca con l’idea che gli individui sensibili delle generazioni future sono capaci di mettere in atto traumi irrisolti appartenenti ai/alle defunti/e della propria famiglia ripetendo i loro schemi più e più volte. Questa narrazione ha lo scopo di emozionarci e turbarci, mentre seguiamo Scottie che cerca con tutte le sue forze di risolvere il problema, dal quale invece viene coinvolto più profondamente di quanto avrebbe potuto immaginare e alla fine finisce per ripeterlo.
Non è necessaria alcuna possessione (soprannaturale), basta solo l’ossessione. Eppure è proprio la sua ossessione che, alla fine, lo fa comportare come se fosse posseduto. La condizione psicopatologica di Scottie, sebbene reale di per sé, avvolge il film sia come atmosfera che come stato emotivo, uno stato che noi spettatrici e spettatori attraversiamo insieme al protagonista, aggrappandoci costantemente agli specchi, incapaci di sentirci a nostro agio, sentendoci come se il mondo si stia sgretolando sotto i nostri piedi. E mentre guardiamo in basso, ci rendiamo incapaci di fare nulla al riguardo, così come quando Scottie perde Madeleine per la seconda, e ultima, volta.
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