Sembrava tutto finito.
Un uomo solo che si erge contro un intero esercito. Un momento solenne che preannuncia una sconfitta definitiva.
Poi una voce e una domanda: “Cap, mi ricevi?“.
Magicamente si aprono portali dal quale fuoriescono eroi e personaggi che abbiamo imparato a conoscere per dieci anni di storie e in più di venti film.
E finalmente possiamo ascoltare una frase a lungo attesa: “Avengers uniti“.
Captain America la pronuncia a bassa voce, a denti stretti.
Al grido ci pensiamo noi spettatori.
Per questo motivo non esageriamo quando diciamo che Avengers: Endgame è il cinema nella sua forma più pura e migliore. Che cos’è una sala cinematografica senza un pubblico di spettatori uniti dal rito collettivo? Che cos’è il cinema se non la condivisione di emozioni, sospiri, risate e applausi? E, di contro, come può essere chiamato cinema un proiettore che illumina solo poltrone vuote? Senza persone al suo interno, anche una cattedrale diventa solo freddo e silenzioso marmo.
Era l’aprile del 2019 e stavamo assistendo alla storia del cinema. Una storia che, meno di un anno dopo, sarebbe cambiata per sempre. Cinema chiusi, così come gli spettatori, che si sono abituati non più a star seduti sulle poltrone, ma a star stesi sul divano, restringendo sempre di più la visione dei film, abituandosi non solo allo schermo più piccolo, ma anche a storie che potessero rassicurarli.
Quel momento esaltante, nel frattempo, era diventato molto più che una semplice scena memorabile: si era trasformato in un simbolo. Un ricordo dal sapore amaro della fine di un’era, che ora guardiamo con nostalgia.
Rappresentanti di un desiderio di sicurezza e di certezza nei confronti dei propri appassionati, anche dopo la riapertura delle sale, i Marvel Studios non hanno rallentato la loro corsa e, nei primi mesi del 2022, sono rimasti la prima scelta del pubblico per riabbracciare il calore della sala. Forse l’unica.
Diventando, allo stesso tempo, salvezza del cinema e sua stessa condanna.
Ridateci le emozioni
Merito di una macchina produttiva perfettamente oliata che non ha abbandonato i propri fan nemmeno nei momenti più cupi. Ci sentivamo soli come Steve Rogers di fronte a un esercito oscuro? I Marvel Studios hanno aperto una moltitudine di portali in nostro soccorso (che tempismo perfetto l’arrivo in Italia di Disney+ proprio durante il primo lockdown). Nonostante qualche titolo posticipato nella tabella di marcia, il pubblico è rimasto legato al Marvel Cinematic Universe grazie all’arrivo delle prime serie televisive ufficiali che dimostrano che no, quel mondo supereroistico non era finito con la sconfitta di Thanos. Con WandaVision prima e The Falcon and The Winter Soldier poi, passando per Loki sino ad arrivare a un film uscito in maniera ibrida come Black Widow, i Marvel Studios hanno giocato riproponendo personaggi già conosciuti dagli appassionati per riavvolgere le fila e riprendere il discorso narrativo.
I primi film usciti esclusivamente al cinema, nell’autunno 2021, si proponevano, invece, di presentare nuovi volti e nuovi protagonisti, riuscendo – nei limiti del possibile – a riportare gran parte del pubblico in sala. Una nuova “fase uno”, se così vogliamo, per riprovare una sensazione generale di cui sia il pubblico che soprattutto i Marvel Studios hanno bisogno: la visione in sala.
La dimostrazione più recente è avvenuta con Spider-Man: No Way Home, un film quasi del tutto pensato per i fan e che vive e funziona grazie alla presenza di una sala piena. Il risultato? Quasi due miliardi di dollari d’incasso in tutto il mondo in un periodo ancora ben lontano dalla normalità pre-Covid. Anche in questo caso, l’unico a raggiungere certe cifre in due anni.
Certo, il terzo film dedicato allo Spider-Man di Tom Holland è uno di quei film evento che capitano raramente, ma di cui, forse, ce n’è sempre più bisogno. Perché, il pubblico ridà fiducia all’esperienza della sala cinematografica (fiducia affatto scontata con le polemiche legate a Green Pass, mascherine FFP2 obbligatorie e altre limitazioni) se questa viene ripagata a dovere. Un film al cinema deve essere necessariamente diverso da quelli che abbiamo divorato in quantità industriale nel salotto di casa. Deve essere spettacolare, deve ricordarci quelle emozioni che solo il grande schermo e una visione collettiva riescono a dare.
Deve essere quanto più vicino a quel momento liberatorio di Avengers: Endgame. Perché quelli sì che erano i bei tempi andati.
Un eterno ritorno
E quale soluzione migliore per ricordare uno dei momenti cinematografici più emozionanti degli ultimi anni se non ritornando proprio da quei personaggi che ci hanno regalato così tanto in quest’ultimo decennio? I Marvel Studios hanno dato vita a un racconto da tramandare, dove il cambio generazionale degli spettatori coincide con il ricambio degli eroi protagonisti sullo schermo. Questa saga, in cui i personaggi interagiscono tra di loro, ospitandosi a vicenda nei titoli dell’uno e dell’altro, hanno dato vita a una serialità cinematografica senza precedenti. Il risultato è un continuo ritorno in un mondo narrativo coerente che si apre sempre di più a nuove possibilità, sino ad abbracciare l’idea del Multiverso.
Si tratta di un vero e proprio punto di non ritorno, perché permette infinite possibilità narrative, di diverso stampo e genere, all’interno di un universo che nessuno intende lasciare. Non i fan, che trovano nel Marvel Cinematic Universe non solo un luogo di finzione confortevole, ma anche una scusa di aggregazione (d’altronde chi ormai non si sente ancora coinvolto dalle vicende?). Non le sale cinematografiche, che senza questi film, in questa determinata brutta situazione, vedrebbero i loro miseri incassi precipitare ulteriormente. Non i Marvel Studios stessi, che nel costruire una saga commerciale ha bisogno dell’affetto dei fan.
Tre attori che si corteggiano e si inseguono ormai da più di dieci anni. Sembrerebbe una relazione perfetta, quasi fiabesca. Ma in ogni battaglia ci sono due fazioni. Per ogni gruppo di Avengers c’è un esercito di Thanos. Ed è così che vogliamo anche domandarci se questa vittoria, in realtà, non stia costando un po’ troppo. O, come direbbe il titano viola, tutto.
Il prezzo da pagare
Certo, i film del Marvel Cinematic Universe incassano tanto, ma che succede se sono solo loro a farlo? Quest’accondiscendenza verso il pubblico, il bisogno di tenerlo costantemente per mano, rischia di rivelarsi controproducente, non tanto per gli spettatori e per il franchise, quanto per tutto il resto delle produzioni. La sensazione, da amanti e fan della saga supereroistica di casa Marvel, è che questa relazione così viscerale si stia trasformando in qualcosa di più tossico.
Ci viene in mente quel famoso meme in cui un ragazzo, mentre passeggia con quella che sembra la propria ragazza, si volta a guardare un’altra donna, scatenando una reazione di sdegno della persona che tiene per mano. Come cambierebbe quell’immagine senza la donna vestita di rosso in primo piano, senza un ragazzo che si volta, incuriosito da qualcosa di diverso? La risposta è molto semplice: sarebbe un’immagine senza storia, senza reazioni. Sarebbe qualcosa di normale, termine che non si sposa benissimo con ciò che il cinema dovrebbe rappresentare.
È bene dirlo in maniera schietta e semplice: non siamo del parere che i Marvel Studios stiano uccidendo il cinema e vogliamo allontanarci da questa retorica estrema e pure ingiusta. Preferiamo pensare, però, che abbiano un po’ spento la voglia di curiosità degli spettatori nei confronti di altri mondi e altri personaggi. Questi film si sono legati così tanto alla sala, diventandone puro ossigeno, da diventare non solo necessari, ma solitari. Che paradosso: la casa che dovrebbe celebrare la collettività ripiegarsi su una singola narrazione.
Concedeteci un po’ di retorica: il cinema non è solo quella ragazza vestita di rosso che ci passa davanti e ci spinge a voltarci. È anche la ragazza che teniamo per mano, e che, solo in questo caso, rinuncia allo sdegno.
Ma noi, invece, che partner siamo? Per cosa paghiamo il prezzo del biglietto?
I molti versi della folla
Forse il tutto si può riassumere con la voglia di partecipare a un evento. Proprio questa dimensione straordinaria sta diventando l’ordinario nelle produzioni Marvel Studios, giustificando in gran parte la febbre del pubblico e degli appassionati verso le loro produzioni. È il caso dell’ultimo Doctor Strange nel Multiverso della Follia, che vede il ritorno non solo dello stregone interpretato da Benedict Cumberbatch, ma anche della Wanda di Elizabeth Olsen, collegandosi narrativamente alle vicende della sua miniserie, una delle più creative -va detto- e riuscite del panorama seriale Marvel, una che sfruttava, a differenza delle altre, la divisione in episodi e il ritmo televisivo.
Non è un aspetto da sottovalutare, perché – volenti o nolenti – le serie Originals su Disney+ hanno sostituito i film più canonici e formulaici dell’MCU, risultando lungometraggi, talvolta un po’ troppo diluiti, dalla durata di cinque o sei ore, che non “meritano” il rito collettivo di una sala. Quello ormai è il posto dei crossover, per usare un termine fumettistico, dove è il gruppo a fare da padrone, fuori e dentro lo schermo. Con eventi drammaturgici sempre più grossi, che espandono l’universo fin qui conosciuto. Con il rivedere vecchie conoscenze. Con una nuova rinnovata importanza del rito cinematografico.
Ritrovare le emozioni viscerali che ci sono mancate a lungo è senz’altro indispensabile. Sedersi in sala e partecipare agli applausi, alle urla di sorpresa per un cameo importante, alle reazioni che nessuno spettatore riesce a controllare è proprio caratteristico di questo ritrovamento.
Eppure non possiamo fare a meno di pensare che potrebbero esserci molti più eventi, molte più occasioni per provare emozioni simili, molte più storie e molti altri personaggi che meriterebbero i nostri versi, le nostre bocche aperte, le nostre voci.
La nostra folla. Unita, come gli Avengers.
Ritrovando quella curiosità che avevamo solo pochi anni fa.
Per non trasformare la salvezza del cinema in una sua condanna.
E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
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