Se si cerca sull’enciclopedia Treccani il significato della parola snob si legge che una persona snob è “chi ammira e imita ciò che è o crede sia caratteristico o distintivo di ambienti più elevati; chi ostenta modi aristocratici, raffinati, eccentrici, e talora di altezza, superiorità.” Senza necessariamente voler scomodare i lemmi utilizzati da uno dei vocabolari più eminenti della lingua italiana, uno snob è qualcuno che si sente superiore agli altri o, meglio, che vuol dare l’idea di sentirsi superiore agli altri. In questo senso, una persona snob è qualcuno che cerca approvazione, che vuol essere accettato da chi reputa sia in una posizione sociale o culturale superiore. In altre parole uno snob non è propriamente una persona sicura delle sue affermazioni, ma spesso un arrivista, uno bravo a fingere, uno che vuol dimostrare di essere diverso dalla massa.
Se, in passato, la “massa” indicava solo una classe sociale più povera, oggi con lo stesso termine si indica tutto ciò che è generale, popolare, diffuso. E gli snob sono coloro che voglio promuovere solo ciò che è di nicchia, autoriale, magari di difficile reperimento, per sentirsi diversi dagli altri e, dunque, superiori. E se si fa bene attenzione a quest’ultima descrizione, ci si rende conto di come snob possa quasi diventare un sinonimo per un certo tipo di cinefili. Ma è davvero così? I cinefili sono davvero degli snob? Ed è davvero così sbagliato essere snob davanti all’arte?
Snobismo o preparazione?
Diciamoci la verità: snob è un’etichetta che nessuno vorrebbe sentirsi affibbiare. E allo stesso tempo è una qualità che tutti, più o meno, abbiamo affrontato. C’è sempre un ambito in cui ci sentiamo più preparati di altri e non possiamo fare a meno di mostrarlo. Senza fingerci modesti o ostentare un’umiltà non necessaria, a tutti piace dimostrare di essere preparati su qualcosa. E la chiave del discorso è proprio qui: preparazione. A volte lo snobismo viene scambiato per semplice preparazione e questo vale soprattutto in ambito cinematografico. E questo fa sì che venga considerato snob qualcuno che ha solo una maggiore preparazione e che dunque viene attaccato da chi quella preparazione magari non ce l’ha – per i più disparati motivi – e si lascia guidare dalla propria frustrazione. Facciamo un esempio a suo modo sciocco: quando Martin Scorsese ha “bocciato” i film della Marvel non lo stava facendo perché reputava i fan del MCU degli idioti che non sanno leggere. La sua esperienza e la sua preparazione, però, lo hanno portato a sottolineare elementi che non funzionavano o che non rappresentavano una particolare evoluzione del cinema.
Martin Scorsese non è uno snob, così come Steven Spielberg non è di certo uno stupido perché applaude un blockbuster come l’ultimo Mission: Impossibile. E questo porta a quella che forse potrebbe essere considerata come la prima verità scomoda di questo articolo. Siamo abituati a pensare alla cultura come a un bene spirituale, qualcosa di umanitario che concediamo agli altri. La verità è che non siamo dispensatori di niente – né i critici né gli appassionati – e, al tempo stesso, non dovremmo vergognarci di mostrare ciò che sappiamo. Spesso chi fruisce di contenuti legati al mondo del cinema si aspetta un bagno continuo di umiltà. Come se ci fossero solo due estremi: o Madre Teresa dei Cinefili o il pomposo snob che guarda solo film serbi coi sottotitoli e si ritira come un vampiro al sole davanti (ad esempio) a un film Disney. Ecco, la preparazione è ciò che sta in mezzo.
Quello che abbiamo studiato, quello che abbiamo imparato è qualcosa di cui non dovremmo vergognarci o che non dovremmo avvertire come peso. È in realtà una carta in più per intavolare discussioni, aprirci al confronto e, in generale, imparare qualcosa in più. Soprattutto non dovrebbe essere motivo di attacco da parte degli altri: il mondo e la rete soprattutto sono pieni di intellettuali snob, ma la preparazione di qualcuno non dovrebbe mai essere presa come un difetto da abbattere.
A volte, dunque, viene accusato di essere snob solo una persona che, magari, ha una preparazione superiore alla nostra. Una preparazione che viene mostrata con sicurezza e che quindi percepiamo come arrogante. A volte uno snob è solo una persona preparata che parla di ciò che lo appassiona.
I cinefili e il pregiudizio
Il problema dei cinefili che sono davvero degli snob non è di certo quello di prediligere film d’autore. Nemmeno quello di preferire film di nicchia per distinguersi da chi invece preferisce pellicole mainstream. Non è un problema nemmeno il loro auspicare un futuro in cui tutti i film verranno distribuiti in lingua originale coi sottotitoli per apprezzare al meglio un lavoro secondo i desideri di chi lo ha creato. Il problema sorge quando tutte queste cose vengono utilizzate come merito di valore. Tu vedi film doppiati? Non capisci nulla di cinema. Non hai mai visto un film di quattro ore di Lav Diaz? Non meriti attenzione. Sei andato a vedere un film e ti sei divertito e intrattenuto senza riflettere sulla condizione umana? Perdi tempo.
Ecco, la piaga più grande che i cinefili snob portano con sé è la loro convinzione che le loro opinioni siano qualcosa di più di un semplice pregiudizio. Può sembrare una contraddizione in termini, eppure non c’è nessuno che sia pieno di pregiudizi come un cinefilo un po’ snob. Ricollegandoci al discorso precedente, non c’è niente di male a mostrare la propria preparazione, ma c’è qualcosa di estremamente sbagliato nel presentarla come se fosse un dogma basato su preconcetti che non hanno poi molta ragione di esistere, per poi usarlo per sminuire l’idea o l’opinione di qualcun altro.
Non tutti i film del Marvel Cinematic Universe sono validi, ad esempio, ma negare il peso che queste produzioni hanno avuto nella storia del cinema recente o catalogarli tutti come immondizia solo perché destinati al grande pubblico è essere faziosi, anche ora che i supereroi ci hanno stancato. Ed è questo il problema che subentra in determinati cinefili: sono spesso faziosi e non disposti ad aprirsi ad altre possibilità. Il loro pregiudizio è così radicato da essere spesso interiorizzato, per cui sono pronti a spiegarti perché sbagli nelle tue convinzioni, ma non saranno mai disposti a mettere in dubbio le loro.
I film non sono per tutti
Altri problema che c’è con questo genere di appassionati e/o esperti è l’incapacità di mettersi nei panni degli altri. Spieghiamo meglio: ogni film viene realizzato con un target di riferimento preciso ed è quella sfera di pubblico quella di cui bisogna tener conto quanto si tirano le somme. Perciò un uomo di sessant’anni probabilmente avrà più difficoltà ad entrare in sintonia con un film destinato ai bambini al di sotto dei dieci anni. Questo vuol dire che non lo deve vedere?
Ovviamente no. Significa però aspettarsi un altro tipo di fruizione e, soprattutto, avere l’onestà intellettuale di non dire che un film è brutto solo perché non si rientra in quel bacino d’utenza. Spesso lo snobismo – quello tossico e sbagliato – dei cinefili si rispecchia in una frase che, soprattutto sui social, si usa molto spesso: “Il cinema non è per tutti”. Una frase che dovrebbe stare a significare che non tutti gli spettatori hanno le conoscenze giuste o il gusto adatto ad apprezzare la settima arte.
Ma questo assunto può essere rovesciato. Non tutti i film sono pensati per essere di tutti gli spettatori. E il cinefilo snob questo non lo capisce, spesso non lo accetta. E per questo si trova a recensire/criticare/analizzare una pellicola con strumenti che a quella pellicola non sono di competenza. E questo porta di nuovo a riflettere come dietro un cinefilo snob si nasconde spesso un vero e proprio pregiudizio.
E il gusto personale?
In un mondo perfetto (e per questo utopico) esisterebbe un’oggettività incontrovertibile a cui tutti potrebbero guardare per comprendere il bello e il brutto. Ahinoi, questo mondo non esiste. E per quanto questo possa rischiare di suscitare uno svenimento nei cinefili più snob, il cinema è un’arte che ha in sé una forte componente di soggettività. Si sentono già arrivare le risposte a questa verità: se un film è fatto male è fatto male. C’è un linguaggio cinematografico specifico, ci sono regole precise, non è che se un film ci piace allora vuol dire che è bello. Obiezioni tutte vere ma anche tutte false. Procediamo con un altro esempio. Una delle regole su cui si è sempre basato il cinema è quello di evitare il cosiddetto scavalcamento di campo, vale a dire quel movimento per cui la macchina da presa scavalca un’immaginaria linea di 18o°, finendo col “rovesciare” il punto di vista dello spettatore, dandogli una sensazione di smarrimento e alienazione.
Questo errore – che è tra i primi che insegnano in un qualsiasi corso di cinema – viene fatto in Ombre Rosse, un film cardine del genere western. Visto che c’è uno scavalcamento di campo e quindi un errore nell’ABC del linguaggio cinematografico, diremmo che Ombre Rosse è un brutto film? No. Perché non basta (o non dovrebbe mai bastare) la sola tecnica a dire se un film è riuscito o no. E questo ci riconduce al fatto che esistono naturalmente degli aspetti oggettivi in un film, ma non sono mai questi quelli su cui basiamo le nostre recensioni o le nostre critiche. Io, ad esempio, posso spiegarvi perché La La Land è un capolavoro e perché entrerà nella storia del cinema. Ve lo posso spiegare utilizzando le emozioni che ho provato, ma anche tutta una lista di informazioni tecniche e di cinematografia.
Allo stesso modo, un critico che ha studiato come me, che ha la mia stessa preparazione, utilizzerà altri elementi ugualmente validi per farlo a pezzi, per cercare di spiegarmi perché nella sua ottica non funziona. E, colpo di scena, entrambe le opzioni sono valide. Naturalmente si deve partire da un senso di consapevolezza, questo è chiaro. Ci vuole la conoscenza necessaria a comprendere che non posso paragonare Vacanze di Natale ’90 a Quarto Potere: ma se si parte da questo presupposto e da questa onestà intellettuale, si arriverà a comprendere che non c’è cinema senza gusto personale ed è proprio a partire da questo che poi si può sviluppare un discorso. Quando però entra in scena lo snobismo, non c’è più possibilità di dialogo: la preparazione non viene usata per un discorso o uno scambio d’opinioni, ma a mo’ di arma affilata. Non si vuole più parlare di cinema: lo scopo adesso è convincerti che tu hai torto e che la mia opinione è l’unica giusta.
Realtà e percezione
Paradossalmente, poi, in questi non-scambi-di-opinione, il cinefilo snob crede di avere un’idea originale e di nicchia. Il più delle volte non fa altro che ripetere a pappagallo frasi già sentite o già socialmente accettate. E questo riporta direttamente all’inizio del discorso: uno snob non è solo un arrogante che si sente sicuro di sé. È soprattutto una persona insicura che dice e ripete ciò che pensa l’élite voglia sentirsi dire. E in questo modo si crea un circolo vizioso, in cui i circoli di cinefili sono spesso luoghi tossici dove non si può esprimere una posizione discordante, dove non hai diritto a parlare a meno che tu non abbia visto almeno tutti i film di Yasujirō Ozu. Perciò torniamo al quesito di partenza: i cinefili sono snob? Sì.
Lo sono quando non vogliono esserlo, quando vengono additati solo perché parlano con cognizione di causa di qualcosa che conoscono o quando utilizzano termini come diegesi, metteur en scene o tableaux vivants. Lo sono quando vengono percepiti come tali perché mostrano i propri studi o le motivazioni per cui affermano una cosa piuttosto che un’altra. Lo sono quando vogliono convincerti che stai sbagliando o quando denigrano tutta una serie di opere più pop perché hanno l’ardire di essere popolari. Naturalmente questo è un discorso generale e non tutti gli appassionati di cinema sono creatura arroganti con cui non si può parlare, ma molto spesso non si può pensare al cinefilo senza immaginarlo chiuso in una sala mezza vuota che disquisisce di come Nanni Moretti sia l’unico regista valido. Quindi forse non è corretto dire che i cinefili sono snob. Forse è più corretto ammettere che, in un modo o nell’altro, c’è sempre l’alta possibilità di essere percepiti come snob.
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