Nel 1992, in occasione del 45° Festival di Cannes, il regista di culto David Lynch tornava in concorso per la Palma d’Oro due anni dopo aver inaspettatamente trionfato con Cuore selvaggio. Da quel trofeo, il cineasta statunitense era poi entrato nei televisori di tutto il mondo con I segreti di Twin Peaks, prodotto seriale che aveva cambiato per sempre le carte in tavola su come fare televisione d’autore originale e destabilizzante. Il ritorno a Cannes l’anno successivo alla chiusura improvvisa della serie nel 1991 aveva il sapore della rivalsa: con Twin Peaks: Fuoco cammina con me, David Lynch stava firmando uno dei suoi capolavori più seminali.
Accolto in maniera decisamente polarizzante prima al festival francese e poi alla sua uscita nelle sale (in Usa debuttò a partire dal 28 agosto 1992), Fuoco cammina con me ci ha messo decenni prima di raggiungere lo status di cult movie prima e di opus magnum di Lynch poi. In occasione del trentennale dall’uscita nelle sale statunitensi, analizziamo ancora una volta i motivi dell’insuccesso al suo debutto e l’eredità di uno dei lungometraggi, nel bene e nel male, più emblematici del geniale regista di Missoula.
Dalla televisione al cinema
Nel biennio 1990-1991, il successo in TV della serie I segreti di Twin Peaks fu strepitoso. Il suo inconfondibile blend di humor, intreccio sit-com, thriller investigativo e horror dal carattere sovrannaturale ne ha decretato la fidelizzazione di un vastissimo pubblico di telespettatori, ma allo stesso tempo la sua rovina. Quando l’emittente ABC decise di rivelare anzitempo l’identità dell’assassino di Laura Palmer, gli ascolti calarono bruscamente, Lynch e il co-creatore Mark Frost si disinteressarono al prosieguo della serie e al termine della seconda stagione il fenomeno cult venne definitivamente cancellato con un finale apertissimo. Da questa cocente delusione personale ed artistica Lynch decise di realizzare un prequel completamente differente in tono e struttura alla serie televisiva, che pure gli aveva donato celebrità popolare.
Un atto di ribellione e di autoaffermazione, quello del regista e sceneggiatore, che ha dato vita nel 1992 a Fuoco cammina con me. Non è di certo un caso che il lungometraggio si apra con il primo piano di uno schermo televisivo acceso, poi brutalmente distrutto da una mannaia sorretta da una mano misteriosa. Il processo di auto-determinazione del cinema “mutilato” di David Lynch ha inizio con la demonizzazione del mezzo televisivo che gli aveva tarpato le ali.
Un atto di ribellione
Parliamo di cinema “mutilato” proprio perché l’emittente televisiva ABC aveva fortemente scombinato i piani narrativi di Lynch e Frost anticipando il big reveal ben prima della conclusione della (lunghissima) seconda stagione. Il risultato fu un disastro produttivo ed artistico di cui il cineasta si disinteressò progressivamente, se non per tornare dietro la macchina da presa per l’episodio finale. Quella non era la sua Twin Peaks, non erano i suoi personaggi, non era ciò che aveva preconfezionato per una nuova era di telespettatori; la sua ambizione di portare domande più che risposte nel prime time dei palinsesti era parzialmente fallito, ma c’era ancora bisogno di concretizzare un desiderio che da tempo ronzava nella sua mente: quello di donare una nuova dignità alla figura enigmatica dell’adolescente Laura Palmer (Sheryl Lee), deus ex machina di tutta la narrazione.
Per questo motivo Lynch costruisce un ambiziosissimo film tutto costruito (o quasi) sulla sua misteriosa protagonista, l’ineludibile oggetto d’indagine che aveva portato l’agente dell’FBI Dale Cooper (Kyle MacLachlan) a soggiornare nell’apparentemente tranquilla cittadina dello stato di Washington. Per farlo, il cineasta americano scardina ogni preconcetto ed aspettativa del suo fidelizzato pubblico televisivo e “spacca” con un’immaginaria mannaia il device tecnologico che lo aveva reso famoso, costruendo un viscerale ed emotivo viaggio a ritroso nelle origini del Male assoluto.
Il Male che perpetrano gli uomini
Non è di certo un mistero che l’elemento più destabilizzante della serie I segreti di Twin Peaks fosse l’originale ed inedita maniera in cui veniva demonizzata prima e poi smembrata ogni sicurezza medio-borghese della famiglia perfetta; nella duplice figura di Bob-Leland Palmer (forse ancor più che in sua figlia Laura), si nascondeva il cuore del progetto seriale di Lynch e Frost. In Fuoco cammina con me il regista non solo ha l’ardire di raccontare i sette giorni precedenti la terribile morte di Laura Palmer, ma indaga l’origine del male metafisico proveniente dalla Loggia Nera con un antefatto ancor più antico. Lynch e lo sceneggiatore Robert Engels lo fanno mostrandoci un vero e proprio primo capitolo inedito, con alcuni personaggi nuovi (su tutti, gli agenti dell’FBI interpretati da due inediti Chris Isaak e David Bowie) e sinistre indagini su un caso di omicidio efferato ai danni della giovane Teresa Banks. Un assassinio misterioso che un anno dopo circa scuoterà con modalità similari la cittadina di Twin Peaks. Cesura.
L’antefatto investigativo si chiude bruscamente per farci ripiombare di nuovo a Twin Peaks, sulle lugubri note di Angelo Badalamenti; un anno è passato dal caso Teresa Banks, ma l’assassino è già pronto a mietere la sua prossima vittima: l’angelica ma tormentata Laura Palmer. Lynch racconta i sette giorni prima della sua morte con incedere spietato, un conto alla rovescia di cui si conosce il destino ma non il tragitto, dove tutte le sicurezze della sonnacchiosa provincia americana decadono una alla volta, inesorabilmente. Alla fine Laura, come suo padre Leland, è soltanto la maschera di una verità scomoda, pericolosa e destabilizzante: il Male è vicino a noi più di quanto possiamo immaginare.
Il mostro è in casa
Se ad esempio Velluto Blu di Lynch aveva effettivamente tutti i crismi di una sit-com distorta dove venivano a galla gli sporchi segreti di una cittadina di provincia, Fuoco cammina con me fa qualcosa di diverso e ben più brutale; suggerisce allo spettatore con un linguaggio funereo e a tratti onirico quanto tutte le cose buone possiedano un lato oscuro. Un assunto cinematografico che custodisce in sé una conclusione decisamente terrificante: non solo il male assoluto è sepolto da qualche parte all’interno della quintessenziale famiglia medio-borghese americana, ma lo stesso è sepolto dentro ognuno di noi e nella nostra predisposizione a saperlo accogliere ed accettare.
Per questo motivo il prequel di David Lynch ha saputo raccontare meglio di qualunque altro il lato oscuro degli abusi domestici ed il trauma che ne scaturisce, senza però demonizzare o santificare la figura di Laura Palmer-vittima, restituendone anzi un ritratto dolente ed umano per il quale è impossibile non commuoversi. Così, il lungometraggio del 1992 rimane ancora oggi un raro modello di capolavoro crossmediale che non rinnega le sue radici televisive, ma anzi ne fa tesoro gelosamente per poi trasformarsi in altro inaspettato, sorprendente, libero e contro ogni previsione. Ecco perché Fuoco cammina con me è il capolavoro sovversivo di David Lynch di cui si parla forse ancora troppo poco, a trent’anni dalla sua uscita.