È la stata la mano di Dio, l’ultimo film di Paolo Sorrentino disponibile su Netflix, non è un film come tutti gli altri. Non lo è sicuramente per il regista napoletano che mai come stavolta si è aperto allo spettatore, rinunciando ad alcuni estremismi che nei suoi ultimi lavori caratterizzavano lo stile sorrentiniano (Loro, The New Pope) per ripristinare una semplicità, sia di messa in scena che narrativa, che da troppo tempo mancava. O che, forse, si trova qui davvero per la prima volta.
La storia di Fabietto che diventa Fabio, del ragazzino che cresce e decide di diventare un uomo, stanco della realtà e interessato al cinema come antidoto al suo male di vivere, è una storia che non solo viene spogliata degli eccessi stilistici, ma sveste anche lo stesso regista, rendendolo nudo di fronte al proprio pubblico, in un atto di coraggio e fiducia. Abbiamo già affrontato come Paolo Sorrentino riesca ad inserire i simboli di Napoli all’interno del film, ma per un film così, che si è meritato il punteggio pieno nella nostra recensione, è bene scavare ancora più in profondità.
Perché Paolo Sorrentino ha dato una chiave preziosa nelle mani dello spettatore. Una chiave capace di aprire una porta rimasta chiusa troppo a lungo. Con È stata la mano di Dio, il regista premio Oscar illumina alcuni lati rimasti un po’ troppo misteriosi e assurdi del suo passato, donando loro la possibilità di essere guardati con un altro sguardo, più consapevole e chiaro. E così facendo, rimette in prospettiva alcune tematiche care, fa acquisire un nuovo significato a certe battute e a certi personaggi, mette in mostra quel legame che sembra legare tutta la sua produzione attraverso una precisa poetica.
Per questo, quindi, abbiamo deciso di analizzare le tematiche di È stata la mano di Dio e i collegamenti con gli altri film di Paolo Sorrentino.
“Le radici sono importanti”
Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l’immaginazione.
(La grande bellezza)
Si apriva con queste parole La Grande Bellezza, il film del 2013 che ha visto trionfare Paolo Sorrentino agli Oscar, tratte dal romanzo Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline. Il film ha come protagonista Toni Servillo nel ruolo di Jep Gambardella, scrittore in crisi e divorato dalla dolce vita romana, alla ricerca dell’ispirazione che non arriva mai per un nuovo libro. “Ho cercato la grande bellezza e non l’ho mai trovata” confesserà parlando con la Santa, una missionaria anziana che riuscirà finalmente a sbloccare Jep con una frase. Le radici sono importanti: è questo il momento in cui Jep vive un’epifania che lo farà uscire da quel limbo esistenziale in cui per troppo tempo è stato prigioniero. Jep torna alle sue radici, a quel momento di una notte d’estate in cui Elisa, la ragazza che amava, gli ha mostrato i seni. La scintilla che l’ha forgiato e da cui scaturisce il suo talento nasce da lì, da quel momento nel passato della sua giovinezza. Ed è un viaggio nel passato quello che lo stesso Sorrentino decide di percorrere in È stata la mano di Dio, quasi partendo da quella stessa frase pronunciata dalla Santa. Forse per uscire a sua volta da un limbo artistico che sembrava averlo divorato (nelle ultime opere, sia cinematografiche che televisive, avevamo assistito a uno stile sorrentiniano che appariva sempre più vuoto, seppur formalmente impeccabile), forse per poter raggiungere finalmente una maturità e crescere davvero.
“Non ti disunire”
Crisi esistenziali, percorsi di maturazione, giovinezza e vecchiaia, stasi e rinnovamento: in questi elementi si trova il percorso di Fabietto, il protagonista del film interpretato magistralmente da Filippo Scotti, ed è ciò che il cinema di Paolo Sorrentino ha nascosto sin da L’uomo in più, fino a questo momento l’unico film ambientato a Napoli. “È tutto sedimentato […] Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo” dirà Jep nei momenti finali de La Grande Bellezza.
I protagonisti dei film di Paolo Sorrentino vivono nell’apatia, prima di potersi sbloccare e ritrovare sé stessi. Solo prendendo spunto dalla seconda metà della filmografia troviamo l’ex rockstar Cheyenne in This Must Be The Place, quasi un revenant alla ricerca di una nuova fiamma di vita similmente a Jep Gambardella, smarrito nella mondanità romana. Soffre di apatia Fred Ballinger, il protagonista di Youth – La giovinezza che non riesce a ritrovare la gioia di vivere attraverso l’arte dopo la malattia della moglie (e che si sbloccherà solo attraverso la morte dell’amico Mick). A suo modo, seppur più complesso, lo stesso discorso si può trovare anche in Loro, titolo che denota come il protagonista sia la collettività del Paese italiano che si risveglia dopo anni di berlusconismo ormai al tramonto.
Arriviamo fino a Fabio di È stata la mano di Dio, che prende a cuore l’insegnamento del regista Capuano per cambiare vita e uscire da quella stessa apatia che lo stava imprigionando a Napoli. “Non ti disunire” diventa l’enigmatico consiglio che accomuna tutti i protagonisti delle storie di Paolo Sorrentino (e il regista stesso), un invito a ritrovare e rimanere la versione migliore di sé stessi, per poter continuare ad esprimersi.
“L’odore delle case dei vecchi”
Era la risposta di Jep Gambardella alla domanda “Che cosa ti piace di più veramente nella vita?“, al contrario dei suoi compagni di classe che rispondevano citando il sesso femminile. Una battuta iniziale che trova nuova interpretazione grazie alla vicenda di Fabietto con la Marchesa, in cui le due cose coincidono. Distante dall’essere un legame volgare, quella scena in È stata la mano di Dio, in un dialogo tra due film a distanza di otto anni, sottolinea non tanto la “prima volta” ma il passaggio dalla giovinezza all’età adulta del protagonista (“Ora sei diventato grande” gli dirà la Marchesa), il momento più bello della vita.
L'”odore delle case dei vecchi” simboleggia un tempo appartenente al passato, similmente alla madeleine proustiana (lì era il gusto, qui l’olfatto) che nel mezzo cinematografico viene rappresentato attraverso la costruzione filmica di immagini e suono. In Youth – La giovinezza viene citata una frase di Novalis che recita così: “Sto sempre andando a casa”.
In qualche modo, Sorrentino ha sempre raccontato la sua casa, ma stavolta ci è tornato davvero. La prima inquadratura di È stata la mano di Dio, sopra il mare, con il rumore dei motoscafi e delle pale dell’elicottero a costruire una sinfonia di suoni naturali mentre gli occhi si riempiono della visione della città di Napoli, costruisce questo viaggio a casa che serve allo stesso regista per crescere di nuovo e non disunirsi. Come i protagonisti dei suoi film.
Il tempo che scorre e la vecchiaia che avanza. Gran parte dei conflitti presenti nella filmografia di Sorrentino si basano su queste forze inesorabili, rappresentate spesso e volentieri con la città di Venezia. Specchio di una città bagnata dal mare come Napoli, ma anche luogo destinato a essere sommerso dalla marea, Venezia è presente in Youth – La giovinezza, in una sequenza quasi onirica in cui Fred annega dopo aver incrociato il cammino di Miss Universo, la giovane ragazza simbolo di perfezione giovanile. Piazza San Marco è presente in The Young Pope come luogo in cui Papa Pio XIII rivede i suoi genitori nella folla prima di svenire, in un luogo magico in cui presente e passato si mescolano e tornano a dialogare tra loro. Appare, quindi, quasi un segno del destino aver presentato in anteprima È stata la mano di Dio, un film in cui presente e passato, finzione e realtà si intersecano, proprio al Festival di Venezia.
La mano di Dio
Dio è come certe donne che da ragazzi abbiamo solo sognato.
(This Must Be The Place)
La presenza del divino nella filmografia di Paolo Sorrentino non è una novità. Solitamente Dio appartiene all’universo femminile, risultando intoccabile e superiore proprio a causa della sua natura onirica. A questa dimensione appartiene Elisa de La Grande Bellezza, musa e grande amore irraggiungibile di Jep; è Miss Universo che entra in piscina lasciando basiti Fred e Mick, ricordando loro una bellezza e un passato ormai perduto (tanto che viene pronunciata la battuta: “É Dio” riferendosi alla donna); è una figura materna e femminile che Pio XIII ha bisogno di ritrovare per sentirsi in pace (“Dio sorride“); ed è la zia Patrizia, ancora una volta musa per il protagonista del film che, come Jep, ha bisogno di raccontare storie per vivere.
La mano di Dio del film non si riferisce solo al celebre gol di Maradona, assunto però come essere divino, salvatore della vita di Fabio/Paolo (è a causa della partita del Napoli, per vedere il calciatore, che Fabio non raggiunge i genitori a Roccaraso e si salva dalla morte, da qui la spiegazione di quello che sembrava una strambo discorso di ringraziamento agli Oscar 2014 da parte del regista: Maradona gli ha inconsapevolmente salvato la vita). Se Dio è donna, allora la mano di Dio del titolo che riesce a spronare Fabio a lasciare Napoli e raggiungere Roma per iniziare la sua carriera di regista è quella della zia, che dall’alto benedice la scelta del nipote.
Young Paolo/New Paolo
È stata la mano di Dio è un film che potrebbe avviare una nuova fase di carriera del regista, diversa dal resto della sua produzione. Forse con quest’opera Sorrentino smette di essere a sua volta “giovane” per maturare e cambiare in qualcosa di “nuovo”. È quasi lo stesso percorso che Lenny Belardo percorre all’interno delle due serie televisive, The Young Pope, in cui è combattuto, e The New Pope, in cui grazie a un dialogo con Giovanni Paolo III (un mentore dello stesso valore di Antonio Capuano?) riesce a far pace con sé stesso.
La storia del cinema inizia idealmente con un treno, quello dei fratelli Lumière. La storia del cineasta Sorrentino inizia a sua volta con un treno. Simbolo di un viaggio, di un percorso e di un cambiamento, il treno in cui è seduto Fabio, e che noi vediamo in primo piano mentre il paesaggio riflesso sul vetro scorre come i fotogrammi della pellicola, simboleggia la nascita di una nuova persona, e lascia lo spettatore incuriosito sul futuro dello stesso Sorrentino. Il cambiamento è duplice perché si riflette sia all’interno dell’universo di finzione del film, sia al suo esterno nei confronti del vero regista.
Un nuovo viaggio è iniziato: per arrivare al posto giusto, per rivivere una nuova giovinezza, per ritrovare la bellezza della vita. Senza mai dimenticare la propria casa.
D’altronde, si torna sempre a casa.
Napule è na’ camminata
Int’e viche miezo all’ate
Napule è tutto nu suonno
E a’ sape tutto o’ munno
Ma nun sanno a’ verità