Christopher Nolan, con Dunkirk, suo primo progetto ad alto budget, racconta l’evacuazione dell’omonima cittadina francese, da parte delle truppe alleate, assediate per terra e per aria dalle truppe naziste dopo la disastrosa battaglia di Francia del 1940. Il film affronta la gigantesca operazione di ritirata alternando tre prospettive: quella dei soldati di terra, le cui vicissitudini, all’interno della pellicola coprono una settimana; quella del mare, laddove piccole imbarcazioni civili venivano sequestrate dalla Marina per fungere da veicolo di trasporto soldati; infine, quella dei piloti della RAF, chiamati ad opporsi ai bombardamenti della Luftwaffe.
In occasione dell’uscita del film, nel 2017, alcuni superstiti di quella epica battaglia, hanno lasciato le loro testimonianze su quello che uno di loro, Garth Wright, soldato impegnato nella ritirata via terra, ha definito “un inferno”: “La gente deve conoscere questa storia, noi abbiamo passato l’inferno e siamo rimasti in pochi a poterla raccontare”. George Wagner, anch’egli impegnato nella difesa via terra, rincara la dose: “Molti oggi non sanno nemmeno dove sia, Dunkirk; ma questi non si rendono conto di quanto vicino siamo arrivati a diventare uno stato satellite della Germania.”
L’esperienza dei due veterani, pur analoga nella sofferenza, assume contorni diversi: Wright, ventenne, infatti, serviva come artigliere nel 51° reggimento della Royal Artillery, e si occupava di contrastare i bombardamenti dei velivoli tedeschi: “Arrivavano ogni mezz’ora… Stuka 87 e ME 109, a frotte. Dopo ogni attacco, era tutto tranquillo, ma quando scoccava la mezz’ora, gli squadroni rastrellavano la spiaggia col fuoco delle mitragliatrici; gli aerei tedeschi procedevano in linea retta verso di noi, mitragliando a tutto spiano, e prima di arrivare ad altezza uomo, sganciavano le bombe, a colpo sicuro; tu da artigliere, l’unica cosa che potevi fare era mirare alla scia creata dal fumo; vedevi chiaramente le bombe sganciate dall’aereo, che venivano verso di te, e non avevi alcun tipo di protezione.”
Wright racconta poi le circostanze del suo salvataggio: “A un certo punto, decido di allontanarmi dalla spiaggia, dove sarei stato come selvaggina, e mi preparo una trincea di fortuna all’interno di una duna; sono rimasto lì due giorni a osservare quello che succedeva… era l’inferno in terra. Una volta tornato sulla spiaggia, Wright si arruolò come barelliere volontario per il trasporto dei feriti sulle navi che li avrebbero riportati a casa: “Salgo a trasportare un ferito su una nave – ospedale, e mentre faccio per scendere, mi dicono che posso restare; ero stato davvero fortunato.”
Wagner, invece, all’epoca 19enne, faceva parte delle truppe di ritirata incaricate di rallentare l’avanzata nemica tramite l’installazione di esplosivi: “Era stato appena abbattuto un aereo, e credevo mi sarebbe finito addosso… in quel momento ero davvero terrorizzato”. Dopo due giorni, Wagner si aggregò a un gruppo di soldati che cercava di raggiungere le navi su scialuppe di salvataggio: “Un marinaio ce le aveva portate lì… mi ha chiesto se sapevo remare, io sono salito sopra e siamo partiti; lungo la via, abbiamo incrociato una nave dragamine e siamo saliti a bordo. In pratica siamo andati via da lì solo il giorno dopo.” A proposito del film, Wagner ha dichiarato: “Quando l’ho visto, è stato come un ritorno al passato; il tempo aveva ucciso i ricordi, ma il film è molto realistico, ti sembra davvero di essere là.”
Il rapporto con i veterani è stato molto importante per Nolan nella progettazione del film; durante un Q&A tenutosi al Lincoln Centre a ridosso dell’uscita, il regista di Dunkirk aveva ricordato: “Ho incontrato alcuni veterani durante la stesura della sceneggiatura, e ho incorporato alcuni dei loro racconti nello script… sono molto felici del fatto che la loro storia finalmente venga raccontata.”