Negli ultimi giorni Dune – Parte Due è sulla bocca di tutti. L’ultima creatura del francese Denis Villeneuve sembra rappresenti una di quelle occasioni imperdibili per cinefili e non; un appuntamento con la sala cinematografica al quale è obbligatorio presentarsi, così da poter essere presenti ad uno dei momenti che, si dice, farà la storia della settima arte.
Acclamato da critica e pubblico, l’adattamento di uno dei romanzi sci-fi più importanti dell’epoca moderna raccoglie attorno a sé un cast di primo ordine e dei valori produttivi che oggi ad Hollywood è paradossalmente difficile trovare. Tutto è pensato per stupire, lasciare a bocca aperta, lasciare un segno; a partire dai primi secondi di proiezione, dove i gorgoglii sempre inquietanti dei Sardaukan anticipano addirittura i titoli di testa, giusto per ricordarci che Dune – Parte Due è un film molto serio e che, soprattutto, si prende sul serio.
Un prodotto costruito con così tanta maestria quanto passione, che si potrebbe addirittura definire antitetico al cinema popolare moderno. Non è un film per tutti, anzi, è un kolossal impegnato ed impegnativo, che incarna probabilmente il punto più alto nella carriera del suo regista e un punto di svolta per tutti gli attori coinvolti. Difficilmente raggiungerà il miliardo di dollari al botteghino, ma certamente sarà uno spartiacque per tutto il futuro del genere. Chiunque, da domani, vorrà produrre una pellicola fantascientifica dovrà fare i conti con Dune – Parte 2. Un film “sicuramente” non perfetto ( qui entra in campo la soggettività) ma indubbiamente il maggior esponente del genere di appartenenza, reinterpretato in chiave moderna.
Cinema di immagini
Basta dare una rapida occhiata alla filmografia di Denis Villeneuve per capire che il francese “esportato” in America è un esteta del cinema. In tutti i suoi film, le immagini giocano un ruolo chiave. Una ricerca quasi maniacale della perfezione estetica e della fotografia migliore, così ricercata che in certi punti soppianta anche l’utilità e la carica emotiva dei dialoghi. Nei film di Villeneuve, le sequenze e le inquadrature parlano più dei personaggi, più della storia stessa.
Ognuno di noi può decidere se questo sia un bene o un male, ma è impossibile non osservare come in Dune – Parte Due questo suo tratto distintivo raggiunga il massimo. Come detto in apertura, il film non è perfetto: in alcuni punti soffre di ritmo, in altri manca forse un po’ di carica emotiva e in determinati momenti vengono raccontate tante cose in poco tempo. Insomma, forse chi grida alla perfezione cinematografica ha subito troppo il fascino di Arrakis, ma quel che è certo è che dal punto di vista del filmmaking puro, Dune – Parte Due è un capolavoro.
Si può tranquillamente perdonare una narrativa che sacrifica un pelo di emozioni per puntare tutto sulle immagini, quando queste sono tra le migliori mai viste su uno schermo negli ultimi dieci anni. Così come i combattimenti, perfetti e palpitanti, con un paio di sequenze già iconiche e che rivedremo per anni e anni come esempio di “duello perfetto”. La scala di questo film è disarmante, mette in scena una fantascienza drammatica che mai aveva raggiunto queste vette nella cinematografia moderna: uscendo dal cinema, si ha davvero la percezione di aver assistito a qualcosa di importante e forse irripetibile.
Un coacervo magistralmente assemblato di suoni, immagini, colori che crea un quadro in movimento dalla durata di 2.46 ore, nonché (forse) uno degli adattamenti romanzo – film migliori in assoluto. Fantascienza di nuova generazione, per l’appunto. Per fare un paragone, Il Ritorno del Re fu la massima espressione del fantasy, una chimera con cui qualsiasi altro autore è stato obbligato a confrontarsi negli anni successivi. Così Dune – Parte Due lo è per la fantascienza, dimostrando come sia possibile realizzare dei kolossal nel 2024 all’interno di un mercato che, da quel che si dice, sia guidato da logiche puramente popolari. Qui Villeneuve invece decide di non sottovalutare il pubblico, bensì di esprimere al massimo la sua idea di cinematografia, ed il risultato è strabiliante.
La nuova generazione
Impossibile non menzionare anche il cast, soprattutto quello principale. Se alcune figure più o meno storiche di Hollywood impreziosiscono l’amalgama, è la “new age” a fare da padrone. Timothée Chalamet, Zendaya ed Austin Butler sono certamente tre dei volti più gettonati della nuova Hollywood, quella fatta di ragazzini carismatici, talentuosi e che bucano lo schermo. Chalamet qui dimostra sostanzialmente due cose: di non essere un attore bidimensionale e di essere in grado di reggere da solo la pressione di un kolossal come questo. La sua interpretazione ricalca molto bene il personaggio descritto nel romanzo, e nel momento di svolta il giovane attore mette in campo un range di emozioni e un’attitudine fisica che francamente lasciano a bocca aperta. Non solo un bel visino, quindi. Al contrario, in questo ruolo riesce anche a spaziare e mostrare qualcosa di nuovo.
Zendaya è perfetta, forse il personaggio migliore del film per interpretazione. Selvaggia, molto fisica e straordinariamente fedele, è una giovane donna Fremen che combatte ed è disposta a tutto per il suo popolo. Sempre al fianco di Paul durante tutto il suo percorso. fa ricorso ad un’espressività che in certi momenti soppianta totalmente la necessità di parola. Austin Butler è sensazionale. Folle, perverso, ambizioso, letale; il suo personaggio è un Harkonnen schizofrenico che nonostante il “poco” tempo in cui lo vediamo a schermo, diventa già iconico. Ricorda un po’ la parabola di Darth Maul in Star Wars, un villain quasi “di passaggio” ma talmente potente da catalizzare l’attenzione. Impossibile sintetizzare quello che Dune – Parte Due lascia in eredità dopo la visione. Un film sicuramente unico nel suo genere, potente, immersivo, ambizioso, follemente curato e di grande impatto culturale – sia per il presente che per il futuro.
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