Può un colossale, gigantesco fallimento diventare la scintilla vitale di un’intera generazione di grandi storie? Forse, se tutto nasce da una delle saghe sci-fi più barocche della letteratura, ossia Dune, e se una mente lisergica come quella di Alejandro Jodorowsky convergono, anche un debacle milionaria può rivelarsi un grande successo.

Parlando di Dune sul grande schermo si pensa alla trasposizione di David Lynch, flop al botteghino odiato dal suo stesso regista e divenuto solo in seguito un cult, e alla recente visione di Denis Villeneuve. Opere a modo loro seminali, titaniche nella volontà di rendere la pienezza del concept di Frank Herbert, ma non così folli e sregolate come il progetto avviato da Jodorowsky, mai arrivato in sala ma considerato, a pieno titolo, un momento centrale della pop culture.

Reinterpretare un cult

Bozzetto preparatorio di Moebius per Dune
Bozzetto preparatorio di Moebius per Dune

Un esperimento cinematografico che poteva nascere solo dal vulcanico estro di Jodo, che nella visione di Herbert vide un qualcosa di affine, su cui potere lavorare per creare un kolossal faraonico, puro sfarzo su pellicola. Peccato che il regista avesse solo scalfito l’essenza della saga di Herbert: non è un mistero che Jodorowsky non avesse una conoscenza di Dune tale da averne assimilato i concetti essenziali, come dimostrato dallo sregolato progetto di trasposizione.

Per Jodorowsky, infatti, erano seducenti le possibilità visive offerte dalla saga. La concezione del Landsraad, questa società feudale in cui potersi sbizzarrire nel trovare richiami alla narrativa dei peplum degli anni ’50 era una tentazione. L’essenza socio-politica della narrativa di Herbert, la sua disanima sul rapporto religione-società e lo slancio ecologista non erano interessanti per il regista sudamericano, la sua attenzione era rivolta solamente alla potenziale maestosità della saga di Paul Atreides.

Del corpus letterario di Herbert, solo un aspetto aveva realmente sedotto Jodorowsky: l’aspetto messianico. Non è un caso che in Jodorowsky’s Dune, documentario su questo kolossal mai nato, lo stesso regista enfatizzi spesso l’aspetto profetico della sua reinterpretazione, che voleva essere il fulcro della pellicola. Ma anche in questo, quel gigantesco progetto non riusciva a trovare un’identità sufficientemente solida per prendere forma.

Un cult mai nato

Immagine dal set di Dune
Immagine dal set di Dune

Colpa (o merito) dell’estro di Jodorowsky, simbolo di una controcultura che ha trovato piena espressione in El topo o La Montagna Sacra. Un linguaggio lisergico e fortemente simbolico, criptico nella sua essenza, che lascia intendere come in una mente così visionaria e irrequieta la saga di Paul Atreides potesse avere facile presa.

L’errore di Jodorowsky fu di rimanere schiavo della sua concezione gargantuesca, uno slancio kitsch che aveva avvicinato al progetto personalità allora emergenti del cinema, che in seguito, proprio grazie a questa esperienza, avrebbero contribuito enormemente alla sci-fi successiva, cinematografica e non.

Jodorowsky raccolse attorno a sè personalità del calibro di Orson Welles, Salvador Dalì e Mick Jagger, pronto a concedere loro ogni capriccio pur di averli nel suo film. Anche l’arte di un maestro del fumetto transalpino come Moebius venne adattata alle sue necessità, lavorando su storyboard iperdettagliati che vennero poi filtrati e rielaborati da artisti come Dan O’Bannon.

La produzione di quel Dune divenne un think tank artistico senza eguali, a cui si unirono anche estrosi artisti come H.R. Giger. Grazie a questa convivenza vennero a crearsi conoscenze e scambi di idee che portarono, negli anni successivi, alla nascita di cult che hanno segnato il gusto culturale e l’immaginario fantascientifico seguente.

L’eredità del Dune di Jodorowsky

Il castello degli Harkonnen immaginato da HR Giger
Il castello degli Harkonnen immaginato da HR Giger

La visione tecno-organica di Giger per la costruzione del mondo degli Harkonnen, in cui carne e metallo si fondevano in strutture caratterizzate da elementi di matrice sessuale, trovarono poi piena realizzazione nel lavoro dell’artista svizzero per Alien. Lo xenomorfo e quella che con Prometheus avremmo scoperto essere la civiltà degli Ingegneri nascono dai bozzetti preparatori di Giger per Dune.

Allo stesso modo, durante i tempi morti della lavorazione, O’Bannon e Moebius diedero vita al racconto breve The Long Tomorrow. Un piccolo cult, che in seguito avrebbe ispirato la visione di città tentacolare e multivello tipica del cyberpunk, impattando nella fantasia di cineasti come Scott. Non solo, da questo esperimento fumettistico sarebbe nato in seguito uno dei lavori più amati del fumettista francese, L’Incal, realizzato proprio assieme a Jodorowsky.

Leggendo L’Incal si percepisce quanto la delusione della mancata realizzazione di Dune abbia trovato sfogo in questo racconto. Ancor più evidente è il recupero della componente messianica di Dune, così fortemente voluta da Jodorowksy, all’interno de La Casta dei Meta-Baroni, opera spin-off de L’Incal che il regista realizzò successivamente.

La rilevanza del mai realizzato Dune di Jodorowsky è, probabilmente, ancora oggi non pienamente esplorata. Gran parte del lavoro fatto durante quel titanico slancio venne comunque recuperato per la realizzazione del Dune di Lynch che, pur essendo maggiormente fedele al romanzo – specie nella versione Alan Smithee – pagò con l’insuccesso l’aver sperimentato soluzioni narrative vicine alla visione di Herbert, ma di complessa realizzazione sul piano cinematografico.

Scoprire Jodorowsky’s Dune

Studio di Moebius sui personaggi di Dune
Studio di Moebius sui personaggi di Dune

Al netto delle influenze dirette su successivi cult come Blade Runner o Alien, grazie alla presenza di figure come O’ Bannon e Giger, il maggior successo dello sforzo produttivo di Jodorowsky è stato il segnare un modo diverso di intendere la sci-fi. Prima ancora che Star Wars si imponesse come un nuovo linguaggio per la fantascienza cinematografica, la sfrenata fantasia di Jodorowsky aveva intuito una nuova identità per la sci-fi, non più semplice intrattenimento ma messaggio strutturato.

Un aspetto che risulta evidente vedendo il documentario Jodorosky’s Dune – disponibile gratuitamente su YouTube – che offre uno sguardo privilegiato su uno dei miti del cinema contemporaneo. La presenza di uno sfrenato Jodorowsky, che non manca di esaltare la potenza della sua visione, spesso trascende e lascia emergere anche le sue deliranti idee, come testimonia il figlio del regista, correndo anche il rischio di urtare la sensibilità degli spettatori riportando aberranti dichiarazioni di Jodo, che sorridendo non si fa problemi a paragonare il suo lavoro sull’opera di Herbert come un necessario stupro ‘ma con amore’.

Anche in questo disturbante commento si ritrova uno dei motivi dietro il fallimento della prima trasposizione cinematografica di Dune, un’assenza di controllo sacrificata in nome di una libertà artistica sin troppo dirompente. La visionarietà di Jodorowsky ha scalfito la profondità di Herbert, ne ha percepito la superficie ma non ha appreso la sua essenza, perdendo la lucidità che ha invece caratterizzato in tempi recenti l’interpretazione di Villeneuve.

Ma anche nella sua anarchica follia, nei suoi barocchi eccessi, Jodorowsky ha segnato con il suo colossale fallimento la storia del cinema e non solo.

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Classe '81, da sempre appassionato di pop culture, con particolare passione per il mondo dei comics e la fantascienza. Dal 2015 condivide queste sue passioni collaborando con diverse testate, online e cartacee. Entra nella squadra di ScreenWorld come responsabile dell'area editoria con una precisa idea: raccontare il mondo del fumetto da una nuova prospettiva