Agli amori che abbiamo solo sfiorato. A tutti quelli che ci hanno cambiato. Ai sogni che non abbiamo potuto carpire, ma che hanno accompagnato il nostro dolce sentire. Nella sua tumultuosa ispirazione emotiva, la trilogia Sex, Dreams, Love di Dag Johan Haugerud si è confermata un esperimento rivelatorio. Un piccolo e dolce fenomeno capace di aprire gli occhi del mondo, volgendoli verso un romanziere di Oslo divenuto cineasta – un regista norvegese che ha tutto per fregiarsi del titolo di autore nel cinema europeo contemporaneo. Fresco di vittoria come miglior film all’ultima Berlinale, Dreams chiude l’ideale trilogia delle relazioni con una storia purissima che arde di vita e passione. Un’ode tanto autentica quanto poetica, analisi profonda di quei tumulti silenti, spesso tormentati, che trovano sfogo nelle ossessioni giovanili e negli amori sussurrati.

L’idea di Haugerud parte dal concetto per raggiungere l’esistenza e osservarla da vicino: la chiusura del trittico si rivela una contemplazione del desiderio, del sentimento e dello stesso sentire che trova ampio spazio di dibattito attraverso tre generazioni. Il regista cattura lo sguardo femminile dalla gioventù alla senilità, alternando i brividi di esperienze mai vissute alla determinazione di chi non ha mai smesso di sognare. Una struttura tripartita, una conversazione a tre voci: tre riflessi di donne che si scrutano, lottano, stridono per capirsi (e capire). Dreams rifugge le dinamiche del desiderio classico: la sua storia, quella di un’adolescente innamorata della scrittura che si invaghisce perdutamente di un’insegnante, sfrutta il turbamento trasfigurandolo tra le pagine di una fantasia più reale che mai. Un sogno a occhi aperti da cui, in fondo, è davvero un peccato separarsi.

Dreams (Sex, Love)
Genere: Drammatico
Durata: 110 minuti
Uscita: 13 Marzo 2025 (Cinema)
Regia: Dag Johan Haugerud
Cast: Ella Øverbye, Selome Emnetu

Voci e parole

una scena di Dreams
Una scena di Dreams – ©Wanted Cinema

Il cinema di Haugerud è un’arte verbosa, fondata sullo scambio reciproco di rappresentazioni parallele. La ragione più evidente per cui Dreams sia l’opera più riuscita della sua trilogia si cela proprio in quell’estasi che nasce tra le pagine. La passione della protagonista per la scrittura (una chiara eredità familiare) permette all’autore di irradiare la sua opera con rappresentazioni brillanti dell’inverosimile: le parole si legano all’archetipo del sogno, danno fiato al desiderio, profumo inebriante alla carne e al cuore. L’idealizzazione di Johanne è un delirio verticale: frustrazioni, angosce, speranze e brame si cercano fra gli angoli distorti del desiderio, puntando verso il cielo in un’irraggiungibile fascinazione.

Lo Sapevi?

In un anno solare, Haugerud ha presentato l’intera trilogia (Sex, Love e Dreams): Berlino 74, Venezia 81, infine Berlino 75. Un viaggio culminato con la vittoria dell’Orso d’Oro.

L’apertura di Dreams non è casuale, così come non lo è neppure il suo finale complesso. Dal cielo, regno dei pensieri effimeri, alla terra, prigione delle ragioni, i sogni di innamoramento si fanno sempre più distanti, ancorati all’apice di una scalata senza fine. La scrittura si fa specchio delle passioni nel tempo, accompagnando dolcemente chi osserva in un coming of age più consapevole del normale: alle tonalità delicate di una fotografia avvolgente si contrappone il progressivo ritorno a una realtà disincantata. Un processo che trova pieno sfogo, ironico e arguto, nello sferzante dialogo tra figlia, madre e nonna: le donne di Dreams si fanno parche del moderno vivere, sguardi complementari in costante confronto su amore e identità.

Oslo e l’idillio

Figlia, Madre, Nonna in Dreams
Dreams, un dibattito a tre voci – ©Wanted Cinema

Con una maestria sorprendente, lo stile di Haugerud si lega a un Cinema di grandi pensatori: tra digressioni allenniane, con Bergman e Rohmer ad accogliere lo sguardo di Trier, Dreams trae linfa da riferimenti iconici per creare una Oslo alveare – teatro di bellezze e utopie. Il maschile è relegato allo sfondo, ma il suo peso sociale è sempre presente: mentre le donne riempiono le strade dei loro io, l’intero spazio è dedicato a chi deve ancora scoprire chi essere in un oceano di dominanti. Il film prova spesso a usare la sua voce fuori campo (perenne, a tratti ingombrante) per trasmettere il più possibile il peso influente di una mente che si affaccia al mondo moderno con forza e creatività, giocando con le sue forme finché trova l’ispirazione per farlo.

Oslo stessa si fa alleniana, sbirciando le vite degli altri per percepire il tempo che resta. Si può discutere parecchio sul modo in cui il regista decida di approfittare di quegli sguardi rubati, giungendo a conclusioni ben lontane dall’essere originali. Tuttavia, la chiusa di Haugerud trova sempre lo slancio per lasciare allo spettatore il compito di scavare. Il ritratto finale di Dreams è raffinato e autentico, al netto di qualche didascalismo: un film di (e sulle) donne che analizzano lucidamente i contorni di una libertà ingannevole – quella di sentire (e pensare) davvero per sé, da sé, quando persino i tumulti di un giovane cuore sognante devono lottare per sopravvivere.

Coming of Life

Una scena di Dreams
Una scena di Dreams – ©Wanted Cinema

Sex, Dreams e Love hanno saputo giocare con i generi e i sentimenti per raccontare il presente da una prospettiva sincera. In quegli istanti sfuggenti in cui le pagine si fondono alla celluloide, il piacere effimero del Cinema rispecchia quello di un idillio incosciente – dagli impulsi alla razionalizzazione che li rende nostalgia. Qui Haugerud emerge in tutta la sua sensibilità, ragionando lungamente sul senso delle illusioni per accorgersi che non può esserci coscienza senza un pizzico di dolorosa follia.

Un teorema che può rivelarsi distruttivo, da coming of age a coming of life, ma che mantiene nel suo schema un coinvolgimento che fa da collante. Nell’eco di sofferenze e fragilità mai vissute davvero, si torna sempre alle parole: dalle pagine allo schermo, Dreams culla lo spettatore attento e lo porta verso nuove ispirazioni dettate da esperienze condivise. Haugerud non è un pragmatico, né un popolare – probabilmente non lo sarà mai – ma ha trovato la propria autorialità: una voce che parla direttamente a quei mondi interiori, persi tra sogni e desideri.

Conclusioni

7.5 Incantevole

Dopo aver incuriosito con i due precedenti lavori, Dag Johan Haugerud trova con Dreams il modo migliore per chiudere la sua trilogia e aprire le porte a un futuro autoriale ben più radioso. Il regista norvegese porta in sala un'opera che gioca con i generi per parlare del femminile, ma soprattutto del valore dei desideri più effimeri. Un'ode poetica, a tratti sconnessa, all'amore che vive di eterne fantasie interiori.

Pro
  1. Una scrittura a tratti sublime, arguta e ispirata
  2. Un legame tra personaggi e città che si fa sempre più magico
  3. Le donne della famiglia sono interpretate benissimo e brillano nelle interazioni
Contro
  1. I toni del film sono difficilmente adattabili a un pubblico generalista (ed è giusto così)
  2. L'utilizzo del voice over rischia di apparire eccessivo in certi frangenti
  3. Qualche eccesso didascalico sfugge all'intimo fluire del racconto
  • Voto ScreenWorld 7.5
Condividi.

Classe '94. Critico e copywriter di professione, creator per passione. Ha scritto e collaborato per diverse realtà di settore (FilmPost.it, Everyeye) con la speranza di raccontare il Cinema e la cultura pop per il resto della sua vita.