Nella pioggia di elogi a Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno non sono mancate le critiche, con alcuni pareri negativi che si sono soffermati su un aspetto in particolare: l’uso della tecnica narrativa nota come fridging, ossia quando un personaggio femminile – solitamente la compagna del protagonista – viene messa in pericolo o uccisa solo per far progredire l’arco narrativo di lui.
Un elemento che nella saga spionistica con Tom Cruise è già stato usato nel terzo capitolo (dove lui deve consegnare il MacGuffin di turno al cattivo, pena l’uccisione della moglie), e che in questa sede diventa addirittura parte integrante della backstory di Ethan Hunt: l’antagonista Gabriel avrebbe infatti ucciso la compagna di Ethan anni addietro, dando inizio agli eventi che lo portarono a diventare agente dell’IMF, e nel presente il villain dice apertamente sia ad Ilsa Faust che alla nuova arrivata Grace che solitamente quando Hunt si affeziona a una collega donna, quest’ultima farà una brutta fine.
Partiamo da qui per approfondire la questione del fridging, dalle origini del termine al suo uso attuale nei blockbuster di matrice statunitense. Attenzione, l’articolo contiene numerosi spoiler!
In principio fu la DC Comics
Il termine fridging è un colloquialismo derivato dal nome del sito Women in Refrigerators, un portale creato nel 1999 dalla fumettista Gail Simone con alcune colleghe per commentare il trattamento riservato alle donne nei fumetti di supereroi. Il nome è dovuto a un numero del mensile di Lanterna Verde, dato alle stampe nel 1994, in cui l’eroe Kyle Rayner torna a casa e scopre che il villain Major Force ha ucciso la sua ragazza, lasciando il cadavere all’interno del frigorifero. Forse la versione più estrema – almeno ai tempi – di una convenzione letteraria ben nota agli appassionati di fumetti, sia Marvel che DC. Basti pensare a Gwen Stacy (su cui ritorneremo per una discussione a parte), Jean Grey, Elektra e Karen Page, solo per fare i nomi più noti. Per non parlare di Barbara Gordon, la prima Batgirl (un personaggio a cui, guarda caso, ha lavorato anche Gail Simone), che in The Killing Joke di Alan Moore e Brian Bolland viene paralizzata dal Joker tramite un colpo di pistola (e viene anche lasciato intendere che il clown abbia abusato di lei subito dopo).
Una condizione che è rimasta invariata per decenni, mentre Batman, anch’egli paralizzato per mano (anzi, ginocchio) di Bane, è tornato a camminare nel giro di un anno. Questo perché, come emerso dalle ricerche delle creatrici del sito, gli eroi maschi, in situazioni analoghe, tendono a uscirne più o meno intonsi.
Il curioso caso di Gwen Stacy
Emblematico, appunto, l’esempio della prima compagna di Peter Parker, evocato indirettamente anche nel recentissimo Spider-Man: Across the Spider-Verse (“Negli altri universi, Gwen Stacy tende a innamorarsi di Spider-Man. E non finisce bene.”). Uccisa nel 1973, in quello che molti esperti in materia considerano l’albo che ha segnato la fine della Silver Age del fumetto supereroistico statunitense, è forse la più nota tra le donne “finite nel frigorifero”, al punto che quando appare nei vari adattamenti è automatico aspettarsi che tiri le cuoia. Gli autori della serie animata del 1994 la omisero apposta proprio per questo motivo, perché sapevano che i fan si sarebbero aspettati che morisse e non volevano introdurla per poi doverla uccidere (dato anche il target dello show).
E poi, nel 2012, commentando il primo The Amazing Spider-Man (in cui Gwen ha le fattezze di Emma Stone) in un podcast della rivista Empire, il produttore Avi Arad ammise candidamente che era già previsto che lei morisse nel secondo film, dicendo “L’unico motivo per cui non l’abbiamo ammazzata nel primo è perché era troppo presto”. Detto, fatto: in The Amazing Spider-Man 2, come promesso, Gwen muore per mano di Harry Osborn (figlio di Norman Osborn, assassino della ragazza nel fumetto originale).
E quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso per la scrittrice Catherynne M. Valente. Furibonda all’uscita dalla sala (in parte perché, come molti fan, si aspettava che la morte di Gwen venisse rimandata almeno all’allora annunciato terzo film), l’autrice ha deciso di dare sfogo alla sua ira funesta scrivendo un romanzo, The Refrigerator Monologues: dato alle stampe nel 2017, il libro è ambientato in un aldilà chiamato Deadtown, i cui abitanti (per lo più uomini) vanno e vengono poiché sono tutti personaggi di fumetti di supereroi. Tra coloro che non tendono a tornare nel mondo dei vivi ci sono le sei protagoniste, che si incontrano regolarmente per parlare di come sono finite a Deadtown e gradualmente si rendono conto di essere solo delle pedine nell’evoluzione psicologica di un eroe maschio. Ciascuna di queste sei donne è una parodia riconoscibile di un personaggio Marvel o DC, a cominciare proprio da Gwen Stacy che in questa sede è stata ribattezzata Paige Embry per motivi legali. Nel 2018 Amazon aveva annunciato la realizzazione di un pilot basato sul romanzo, con il titolo Deadtown, ma da allora non se ne hanno più notizie.
Non solo supereroi
Tradizionalmente il fridging è associato a figure in calzamaglia, anche in progetti non realizzati (il sequel di Zack Snyder’s Justice League prevedeva che Superman diventasse il galoppino di Darkseid in seguito all’uccisione di Lois Lane), ma è un fenomeno che emerge nei blockbuster in generale. Basti pensare al cinema di Christopher Nolan, talmente abituato a protagonisti che o hanno già perso la compagna a inizio film o la perdono in corso d’opera che è quasi scioccante scoprire che alla fine di Tenet lei è ancora viva (e quando è stato annunciato il cast principale di Oppenheimer, non sono mancate le battute su Emily Blunt che avrebbe interpretato la bomba atomica).
O, come già detto, a Mission: Impossible, che più o meno dal 2006 ha trasformato Ethan Hunt nell’emblema del “mai una gioia” nel genere spionistico (e lo stesso per Jason Bourne a partire dal 2004). E nello stesso anno c’è stato Casino Royale, dove la morte di Vesper Lynd è parte integrante della trasformazione di James Bond nell’agente 007 che tutti conosciamo.
Un trend sempiterno?
La pratica è talmente diffusa che spesso gli autori dei film non ci pensano due volte, come accaduto nel caso di Deadpool 2, i cui sceneggiatori sostengono di non essere stati al corrente della nozione del fridging quando hanno deciso di far morire la compagna di Wade Wilson prima dei titoli di testa (per poi resuscitarla durante i titoli di coda tramite viaggio nel tempo). E forse anche per questo non sparirà mai del tutto, perché prima dei fumetti di supereroi c’erano altre variazioni sul tema (non a caso, forse, con Nolan la cosa è iniziata con Memento, un film che si rifà in parte agli stilemi del noir).
Quello che si può eventualmente fare è riequilibrare i giochi, come sta facendo, per esempio, la trilogia dello Spider-Verse con la nozione dell’evento canonico, che nel caso specifico è una morte, ma questa volta di un personaggio maschile (un poliziotto, solitamente George Stacy ma la sua identità cambia a seconda dello Spider-Man coinvolto). Gwen, invece, è viva e vegeta, poiché proviene da un universo dove a morire è stato Peter Parker. A meno che, ovviamente, il terzo episodio non abbia in serbo un frigorifero a sorpresa…