C’è poco che spaventi di più gli esseri umani rispetto alla sensazione di non avere il controllo sulle proprie vite. Hereditary esplora questa paura e si apre con Annie (Toni Collette), madre di un figlio e una figlia, che presiede il funerale della propria madre. La famiglia di Annie non è esattamente quella del Mulino Bianco: suo figlio è un adolescente un po’ strano che ama sballarsi e sua figlia Charlie è un’emarginata, che costruisce bambole con animali morti. Charlie crede che sua nonna avrebbe voluto che lei fosse un maschio. In effetti c’è un netto rifiuto della femminilità in Hereditary, poiché le donne sono pensate come indifese, deviate o “pazze”, e mai davvero adatte a ruoli di potere. È sorprendente come Collette riesca a passare dall’iniziale amarezza verso la madre ormai defunta, e da cui era stata separata in passato, a un’esplorazione selvaggia del dolore e della paura. Aster, al suo primo lungometraggio, è magistrale nell’appropriarsi della spazialità paesaggistica dello schermo: il suo uso di lunghe panoramiche non è solo rappresentativo delle miniature realizzate da Annie, ma anche dell’arazzo religioso medievale. Sia il paesaggio dello schermo che il ricorso a quel tipo di arazzo danno un senso di claustrofobia, ma allo stesso tempo di ordine.
Vasi di carne
Hereditary è insomma prevalentemente fondato sul rifiuto del corpo femminile. D’altronde, la maggior parte delle religioni si basa sull’elevazione della forma maschile, mentre le donne vengono usate esclusivamente come mezzo di procreazione. Come altri/e hanno già sottolineato, paragonare Hereditary a Rosemary’s Baby di Roman Polanski è molto appropriato. Entrambi i film usano la maternità, la famiglia, le ambientazioni domestiche e una cospirazione di culto per mostrare come, soprattutto per le donne, la vita di tutti i giorni sia piena di pericoli. Entrambi hanno una protagonista femminile il cui personaggio esiste al centro di un complotto per manifestare il diavolo sulla Terra. La svolta di Aster rende la cospirazione multi-generazionale, radicata nella famiglia e nel cosiddetto “imperativo biologico” delle donne.
A differenza di Rosemary, Annie ha già figli, ma la sua maternità è stata manipolata e controllata in misura ancora maggiore rispetto a quella della sua predecessora cinematografica. Ironicamente, in termini di rappresentazioni di genere e di famiglia, gli uomini di Hereditary non vivono a lungo. Il padre di Annie muore quando lei è giovanissima, mentre la madre fredda, distante e altezzosa spinge il fratello adolescente al suicidio “mettendo delle persone dentro di lui”. L’amica di Annie, Joan (Ann Dowd), afferma di aver perso sia il figlio che il nipote annegati. Proprio come zia Lydia in The Handmaid’s Tale (interpretata dalla stessa attrice), Joan è devota sia alla sua fede che alla preservazione di una famiglia nucleare per uno scopo nefasto. La donna è anche la catalizzatrice che collega Annie – e, per estensione, l’intera famiglia – al regno degli spiriti.
Nel mondo di Hereditary, padri e fratelli muoiono, ma non ci si può fidare neanche delle madri. L’America, d’altronde, diffida delle donne che non partoriscono: le donne nullipara sono viste con sospetto, come se potessero contagiare la popolazione generale con la loro devianza. Annie è una madre, ma in una sequenza onirica dice a Peter che non lo ha mai voluto.
Questione di eredità
Dopo la morte del fratello, Annie sostiene che sua madre l’abbia manipolata per farle avere figli maschi, il che ha senso, dato il ruolo di leadership della nonna nel culto di Paimon, l’Ottavo Re dell’Inferno. Non è chiaro se ci siano almeno altri sette re attivi o se Paimon sia l’ultimo di una qualche linea di successione degli inferi. Riconoscendo la natura minacciosa della nonna, Annie protegge Peter da lei, ma afferma di aver “affondato gli artigli” in Charlie, la figlia i cui disegni sono grotteschi e distorti e che decapita un uccello morto.
Lei è, infatti, la manifestazione umana di Paimon, il corpo femminile di cui il culto si accontenta perché non ci sono maschi disponibili. Paimon è stato storicamente raffigurato come una figura maschile con alcune qualità tradizionalmente femminili o androgine, il che rende l’attenzione su Peter un commento a tratti reazionario e ancora più inquietante sull’ascesa maschile nell’America contemporanea. Paimon, apparentemente furioso e sessista, non può o non vuole tollerare il corpo di una donna.
In un incidente stradale, Charlie viene decapitata. Questo atto libera l’essenza di Paimon dal corpo femminile “disgustoso” di Charlie e devasta emotivamente l’intera famiglia, consentendo a Joan e Paimon di preparare Peter alla condizione di vaso contenitore. Annie è la fattrice, la Rosemary, un’epitome vivente delle ipotesi dell’America patriarcale sul perché le donne dovrebbero avere figli per preservare la linea di sangue di un maschio.
Peter è l’erede. Charlie era semplicemente un guscio, forse persino un ostacolo, all’ascesa maschile. Questa storia solleva questioni su cui critici e critiche culturali potrebbero dibattere a lungo. Le ipotesi e le prescrizioni patriarcali possono ridurre i bambini e le bambine a meri prodotti di un obiettivo familiare o sociale? Si potrebbe sostenere che ciò sia vero nel film, dove l’esistenza stessa dei/delle bambini/e serve solo allo scopo di portare Paimon sulla Terra. “Non ho mai voluto essere tua madre”, dice Dream Annie a Dream Peter, eppure lui esiste e alla fine viene esaltato e incoronato.
Tre teste per tre donne
In questa storia di fantasmi, i personaggi non si trasferiscono in uno spazio infestato perché gli spiriti provengono dalla loro stessa famiglia e rendono la loro dimora sicura e allo stesso tempo pericolosa e aliena. Cosa potrebbe allora comunicare Hereditary sulla domesticità americana, il suo fascino, i suoi pericoli, i suoi spazi di genere, le sue illusioni? E che dire del concetto di decapitazione? Charlie muore decapitata. Più tardi, il corpo della nonna viene dissotterrato e decapitato anch’esso. La testa di Charlie è attaccata a un’effigie di Paimon, mentre il cadavere della nonna attira le mosche in soffitta, lo stesso posto in cui, sotto l’influenza di Paimon, Annie si decapita a sua volta. Tre generazioni di donne perdono letteralmente la testa affinché un essere maschile possa esistere e governare. Le donne qui hanno un’agency, ma la usano per servire il dio infernale maschile o per manipolare altre donne. I loro sacrifici portano alle loro morti raccapriccianti o alla profanazione. Quindi, cosa hanno davvero ereditato?
Midsommar – dal nichilismo al femminismo
Non sorprende che Midsommar, il secondo lungometraggio di Aster, riprenda alcuni temi del film precedente, come quelli sull’empatia, la famiglia e un’interessante meditazione sulla dipendenza tossica, oltre che simbiotica. Tuttavia, si potrebbe dire che la linfa vitale di Midsommar risieda in un elemento meno ovvio: il film, questa volta, è sfacciatamente femminista e decisamente meno nichilista. Una coppia in subbuglio e sull’orlo della rottura viaggia in Svezia con i loro amici per vivere le feste di mezza estate di una comune rurale. Quello che inizia come un ritiro idilliaco si trasforma rapidamente in una competizione sempre più violenta e bizzarra per mano di un culto pagano. Aster, finora, ha dimostrato un’attitudine sorprendentemente efficace ad abitare gli aspetti più sacri e distinti della femminilità. Hereditary è tanto un film sulla maternità e tutta la sua angoscia e le sue dicotomie compromettenti quanto un film sul trauma familiare e l’occulto.
In Midsommar abbiamo invece una vera e propria “coven” femminile di streghe in cui le donne si sostengono a vicenda e riescono a esprimersi le une con le altre. Si sente spesso nello Zeitgeist culturale, nel bene e nel male, che le donne sono più emotive. Questa nozione è coltivata e celebrata nel film che ribalta lo stereotipo misogino rendendo l’emotività delle donne una forma di immenso potere. Barbara Ehrenreich e Deidre English discutono il ruolo storico delle donne come guaritrici e autorità del popolo. Le donne – in particolare le “donne sagge” – occupavano un’interessante posizione di autorità spirituale e fisica attraverso la tradizione unicamente femminile della guarigione. Solo quando la pratica della medicina fu conquistata dalla logica e dal mondo guidato dalle istituzioni degli uomini, le donne furono spodestate da questa posizione di autorità e collegamento con le loro comunità.
Terra, sorellanza e comunità
Nella storia delle donne, sia quella veritiera che quella sensazionalistica, le loro capacità di connettersi e guarire con la natura sono state tutte intrecciate, e ciò è di vitale importanza per comprendere la comunità al centro di Midsommar: l’Hårga. Nel film, le donne che la abitano vengono riportate a una posizione di autorità. Una “donna saggia” che guida tutto, dall’integrazione dei/delle nuovi/e arrivati/e alle cerimonie religiose e culturali, e persino alla selezione delle coppie. È interessante non solo vedere una donna guidare una comunità così violenta, ma anche notare come ella governa da una posizione di cura. La donna saggia è raffigurata come gentile e comprensiva, nonostante l’orrore che sta portando avanti. Oltre alla leadership in senso tradizionale, le donne nell’Hårga occupano una posizione di agency e detengono tutto il potere sessuale: scelgono i loro compagni e usano l’antica magia per influenzare i risultati.
L’esplorazione più affascinante della femminilità in Midsommar va oltre i personaggi e i rituali specifici ritratti. C’è in esso una tradizione che venera la femminilità come sacra. La mitologia del film è intrinsecamente femminile e si basa su una nozione di femminilità molto antica e senza censure. Le donne e la natura condividono un legame che è in parte basato su verità storiche e culturali, ma anche parzialmente radicato nella falsità e nella finzione. A diversi intervalli nel film, Dani vede nelle sue allucinazioni che l’erba cresce attraverso di lei, o che gli alberi hanno un volto, o che il paesaggio intorno a lei pulsa di respiro e si protende verso di lei. Ciò simboleggia la connessione primitiva della donna con la Terra, che si rivela di grande importanza per il culto in questione. Nella loro incoronazione della Regina di Maggio, il culto riconosce questa triade di donna come portatrice di vita (letteralmente attraverso il suo grembo), connessione con la Terra (tramite i doveri di Regina di Maggio di Dani di benedire i raccolti), e una posizione esaltata come autorità spirituale e comunitaria. Questa riverenza della connessione corporea della donna con la Terra è affermata dalla prevalenza del salasso e del sangue delle donne nei rituali e nelle storie del culto. Le mestruazioni hanno una magia e un potere in Midsommar che vanno di pari passo con questi altri elementi.
L’empatia della Regina di Maggio
Quando Dani scopre che il suo fidanzato le è stato infedele, urla. Si tratta di urla strazianti, gutturali. È uno dei momenti più potenti del racconto, offerto da un personaggio che ha letteralmente ingoiato la sua angoscia per tutta la durata del film fino a questo punto. Notiamo che Dani cerca spesso di mascherare il suo trauma, facendo finta che le cose non la infastidiscano e soffocando il suo orrore con un gemito e una mano sulla bocca. Ma alla fine, riesce a urlare: si lamenta con questa nuova famiglia che si lamenta al suo fianco. Le donne del culto gridano come se la sua angoscia fosse la loro. È un momento dannatamente potente, ed è adesso che Dani accetta il suo nuovo ruolo in questa comunità. In un certo senso, l’intero rituale della Regina di Maggio è una perfetta allegoria della capacità di Dani di trovare pace attraverso un’empatia femminile condivisa. A un certo punto, l’abito floreale della Regina di Maggio di Dani è così grande che sembra quasi inghiottirla e lei inciampa sotto il peso.
Ma lei si erge e lo porta: porta il suo posto tra queste donne, fatto di fiori che simboleggiano l’opportunità di rinnovamento. Proprio come Midsommar celebra l’empatia e la comunicazione condivisa dalle donne, esso altresì punisce un’idea più maschile di mancanza di empatia. Christian, il fidanzato che diventa il traditore, e che è incapace di provare empatia per Dani e la sua perdita, diventa la bestia sacrificale. Per tutte queste ragioni, Midsommar è un viaggio esaltante nella rabbia femminile e una celebrazione della femminilità come qualcosa di sensuale e mostruoso e forse diventa la risposta alla domanda precedente sull’eredità di Hereditary. Forse, nonostante tutto, il mondo e gli esseri umani hanno una possibilità di salvezza.
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