Quei bravi ragazzi non ci sono più. Ora sono due anziani signori di 80 anni. Due vecchi maestri non ancora stanchi, che hanno ancora qualcosa da dire. Martin Scorsese e Ridley Scott restano duellanti combattivi. Il primo ha abbracciato le piattaforme streaming per dare libero sfogo al tramonto del suo amato gangster movie. Il secondo, sempre più prolifico (tanto da dire “mentre Scorsese gira un film, io ne faccio tre”), si imbarca ancora in impresa titaniche, abbracciando con sfrontata ambizione la grande Storia. Curioso come due grandi autori come Scorsese e Scott, entrambi prodotti da Apple, si siano rifugiati nel passato per deridere gli uomini di potere. Come se la vecchiaia avesse sminuito ai loro occhi il mito del maschio dominante. E allora ecco perché Killers of the Flower Moon e Napoleon si assomigliano parecchio.
Il potere degli uomini
Da Waterloo all’Oklahoma il passo è breve. Perché in entrambe le terre c’è fame di conquista. Da una parte un instabile generale pronto a un’incredibile scalata verso il potere. Dall’altra un gruppo di infami criminali che vuole spodestare gli Osage ammazzandoli uno alla volta. Il fine è lo stesso: ottenere qualcosa strappandola di mano agli altri. Il come avviene questo strappo fa tutta la differenza del mondo. Napoleon e Killers of the Flower Moon sono entrambe storie di un potere imposto in modo violento, scoordinato, brusco. Senza prestigio, senza valori, senza stima per le loro imprese. Sono storie di uomini piccoli che si credono grandi, e per dimostrarlo (agli altri e sé stessi) si impongono nel mondo con una violenza mai così vile. Scorsese e Scott non si affidano a personaggi privi di fascino, senza nobiltà d’animo e moralmente miserabili. Uomini che non cercano di dominare con intelligenza o merito ma attraverso scorciatoie sempre più meschine.
Il grottesco
Questa volta Scorsese e Scott non erano in vena di epica. Due registi che l’epica la sanno mettere in scena alla grande, ma non è questo il caso. No, perché Napoleon e Killers of the flower moon sono scritti e girati a immagine e somiglianza dei loro protagonisti. Sono uno specchio sporco di sangue, fango e petrolio. E allora, considerando la statura morale del Napoleone di Joaquin Phoenix e dell’Ernest Burkhart di Leonardo DiCaprio, ecco nascere due film molto grotteschi. Non c’è gloria nelle loro conquiste, ma gente ridicola che si comporta in modo goffo. Non c’è più fascinazione per questi maschi dominatori, perché fanno soltanto pena nella loro ridicola ricerca di sopraffazione.
Attraverso il filtro del grottesco Scorsese e Scott si sono dimostrati coraggiosi. Perché il grottesco non sempre viene compreso, anzi. Il grottesco stride, è di per sé straniante, e per questo rischia di allontanare il pubblico (cosa successa in entrambi i casi). Però non c’era altro modo per dipingere questi uomini piccoli piccoli. Scorsese ci ha regalato una mandrie di cowboy fuori tempo massimo, che non accettano la civiltà che avanza. Scott, invece, ha tradito ogni aspettativa possibile su Napoleone. Non lo ha raffigurato autorevole, carismatico e valoroso come ci saremmo aspettati, ma lo ha trasformato in un uomo insicuro e fragile, fagocitato dalla sua bizzarra mania di grandezza. Ed eccoli qui: due vecchi signori che al tramonto delle proprie carriere riflettono sulla caducità del maschio contemporaneo.
Come bestie
Mariti terribili, uomini senza scrupoli, persone fragili al limite dell’inettitudine. Così sono Napoleone ed Ernest in questi film. Due relitti umani affetti da insicurezza cronica. Un manipolatore (il primo) e un manipolato (il secondo) che Scorsese e Scott hanno alterato fino a renderli quasi animali. In Killers of the Flower Moon DiCaprio è quasi irriconoscibile, imbastardito, vile, inetto e lontano dal volto angelico di un tempo. Il suo Ernest ha sempre una smorfia riluttante stampata in faccia. Come di chi si fa schifo da solo. Come un uomo regredito a scimmia, con un grugno bestiale che gli altera la faccia.
Una metafora animalesca presente anche in Napoleon, dove Ridley Scott descrive un Bonaparte preda degli stinti più bassi e ferini nell’intimità. Non a caso nella scena più grottesca (e maldestra) del film, Bonaparte sembra quasi un coniglio arrapato (con tanto di versi), pronto ad accoppiarsi con Giuseppina senza sentimento alcuno.
Ed eccoli qui. Due uomini ridicoli, due uomini simili a bestie raccontati da due film che hanno ridimensionato l’ego di generali, imperatori, capi e maschi consapevoli di non valere niente.
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