Un eroe di guerra fascista. Un personaggio controverso. Questo è stato Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini durante la Seconda Guerra Mondiale, passato alla storia per un nobile gesto. Materia difficile da maneggiare senza cadere nella retorica o farsi tentare da un patriottismo facilmente fuori luogo. Almeno sulla terraferma. Per fortuna, però, il nuovo film di Edoardo De Angelis, che ha aperto il concorso dell’80esima Mostra del Cinema di Venezia, è ambientato in mare. Un mare che inghiottisce confini, risucchia bandiere e ammorbidisce il cuore degli uomini. Un mare che impone le sue leggi.
De Angelis, per fortuna, ha seguito il flusso senza rigidità e si è lasciato andare in un film dotato di grande tatto. Apriamo la nostra recensione di Comandante dicendo subito che Venezia 80 si è aperta con una bella cartolina per il cinema italiano. Un film dalla confezione internazionale (infatti è costato ben 14 milioni di euro), curato nella messa in scena e impreziosito da una regia accurata che riporta a galla un evento storico significativo come non mai. Soprattutto in questi tempi in cui tanti cercano di costruire confini anche in mare.
Genere: Storico, guerra
Durata: 120 minuti
Uscita: 30 agosto 2023 (Festival di Venezia), 1 novembre 2023 (Cinema)
Cast: Pierfrancesco Favino, Massimiliano Rossi, Gianluca Di Gennaro, Johan Heldenbergh
Dentro la bara di ferro
1940. Siamo nel cuore della Seconda Guerra Mondiale, chiusi nella pancia del Comandante Cappellini, l’orgoglio dalla Regia Marina italiana. Guidato dal carismatico Salvatore Todaro, uomo ligio al dovere, il sommergibile è diretto verso le profondità dell’Atlantico per un agguato alle forze britanniche. Un manipolo di giovani uomini quasi condannati a morte agli ordini di un comandante dall’atteggiamento quasi inespugnabile, difficile da decifrare. Tiranno o padre protettivo? Fanatico o militare dotato di empatia? Comandante risponde a questa domanda dando voce ai fatti della storia, mettendo in scena il nobile salvataggio ordinato dallo stesso Todaro. Un gesto di insperato altruismo e pietà, che getta nuova luce su un militare fascista che se ne infischiò di divise, bandiere e schieramenti. Come se di colpo la morte sbattuta in faccia dalla guerra fosse servita come epifania per ridare valore alla vita.
I sommergibili arrivavano in orario
Bisogna carburare prima di immergersi in mare. E lo stesso vale per questo film. Comandante parte piano, molto forzato nelle interpretazioni e troppo carico nell’uso delle voci fuori campo, che appesantiscono la narrazione in modo didascalico e poco sincero. Poi l’equipaggio salpa e il film si lascia andare, con De Angelis che guida il suo sommergibile con mano sicura. Il regista napoletano alterna fredde inquadrature geometriche a scene più viscerali, sporche di olio motore, sangue e sudore. Perché Comandante, a tratti, riesce a essere davvero asfissiante e claustrofobico, dando forma a microcosmo subacqueo a sé stante, fatto di riti, isterie ed equilibri tutti suoi. Tutto senza rinunciare a una ricostruzione storica certosina (il sottomarino è stato ricostruito nella sua interezza partendo dallo stesso modello usato nel film U-571), dove macchinari, oggetti e costumi portano addosso i segni dell’usura e profumano davvero di Storia.
Comandante sembra dedicato a un uomo solo, ma in realtà è corale nella vocazione. Sostenuto da un gruppo di giovani uomini venuti da tutta Italia con accenti diversi, valori diversi, credenze diverse, uniti da speranze, canzoni e cibo. Direttore d’orchestra quel Todaro a cui Pier Francesco Favino regala una presenza scenica a tratti fin troppo ingombrante (con l’attore che ogni tanto copre il personaggio), ma che intriga con lo svelarsi di quest’uomo conflittuale e contradditorio. Un mistero che alleggia nel sommergibile tutto il tempo, stampato sul volto di uomo che si interroga da solo e risponde con i fatti, con le scelte, con l’istinto. È questo a definire la cifra morale di Todaro, capitano esemplare perché preferisce fidarsi e affidarsi invece di comandare.
La legge del mare
Nonostante qualche sbavatura nella scrittura, a tratti troppo ridondante e forzata nel mettere in bocca ai soldati parole che sembrano uscite da un romanzo, Comandante riesce a fare bene la cosa più difficile: rendere questa storia attuale, significativa e potente. Schivando ogni controversia. Perché anche quando Todaro pronuncia frasi “sospette” e impregnate di patriottismo come “Noi siamo italiani”, Favino ha il talento necessario per declinarle nel modo giusto, colorando le parole con sfumature piene di empatia.
Emerge così un film in cui la legge del mare mette tutti sullo stesso piano: alleati e nemici, morti e vivi, gente che parte e gente che aspetta. Come se l’acqua fosse una specie di purgatorio in cui salvarsi dall’inferno della guerra tornando umani anche solo per qualche ora di tregua. Lo stesso che accade guardando Comandante, un film politico nella misura in cui ci ricorda la legge del mare. Quella che impone l’accoglienza, e non guarda in faccia a nessuno. Perché preferisce tendere le mani a tutti.
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La recensione in breve
Accurato nella ricostruzione storica e dal grande impatto visivo, Comandante rievoca un grande gesto di umanità con estremo tatto. Senza mai diventare retorico, De Angelis dirige un film bellico in cui il valore umano si trasforma in arma politica.
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Voto ScreenWorld