Inauguriamo oggi una nuova rubrica dedicata prevalentemente al cinema d’azione, ma non solo. Se pensate che il corpo e il cinema abbiano dei limiti fisici difficili da superare, vi state sbagliando di grosso e qui a Screenworld ve lo dimostreremo: Cinema Circus è la nuova rubrica mensile che vi racconta il meglio del cinema d’azione e in generale di quei film in cui le acrobazie e le possibilità infinite dei corpi abbattono ogni barriera e ogni regola – in cui, proprio come al circo, le attrazioni, i numeri, le sensazioni primarie contano più di ogni altra cosa.
Perché ci abbiano impiegato sei anni per dare un seguito a Nella tana dei lupi, successo a sorpresa del 2019, bisogna chiederlo alla sorte: tra le motivazioni del ritardo ci sono la pandemia, la guerra in Ucraina e i conseguenti profughi che hanno bloccato la preparazione a Belgrado, il tasso di cambio in Francia. L’originale è un B-Movie per spirito e personaggi che però si ispirava a Heat, il capolavoro di Michael Mann (il più grande film di tutti gli anni ’90), costato 30 milioni di dollari e capace di incassarne 80 solo in sala, generando uno stuolo di affezionati pronti a dar nuova vita alla carriera di Gerard Butler. Un altro attore che come Russel Crowe ha deciso di vivere di rendita, godersi la vita e recitare in film spassosi e senza pretese.
B is for better

Il regista di quel film e di questo seguito è uno sceneggiatore, Christian Gudegast, che nel corso degli anni ha progettato questa trilogia di film di rapina (il cui epilogo è annunciato dal finale di quest’opera) mentre scriveva progetti più o meno fortunati, sempre intorno alla serie B o agli straight to video. Quando nel 2006 scrive Attacco al potere 2 e incontra Butler il gioco è fatto: il corpo, il volto, la parlata dello scozzese sono l’ideale per dare vita a Big Nick, il poliziotto al confine con la legge al centro della serie.
Se il primo, come detto, vedeva uno scontro tra due “squadre” (le guardie e i ladri) in cui alle finezze psicologiche e alle complessità narrativa del film di Mann si sostituivano personaggi più grevi e atmosfere più rudi, in questo seguito la prospettiva si ribalta, ma non troppo: Nick non è più un poliziotto, il dipartimento di Los Angeles lo ha fatto fuori e lui entra in contatto con Donnie (O’Shea Jackson Jr.), il criminale a cui aveva dato la caccia anni prima, per chiedergli di entrare con lui e partecipare alla rapina del World Diamond Center di Nizza.
Guardie e ladri: chi l’ha detto che non si può?

Ispirato a un vero furto (che però si svolse ad Anversa, in Belgio), questo Nella Tana dei Lupi 2: Pantera sembra avvicinarsi a un altro punto fermo del cinema d’azione contemporaneo: se i film del genere vedono protagonisti particolarmente cool o duri di poche parole, il mondo di Gudegast è popolato di tamarri sboccati e chiacchieroni, rozzi e sarcastici, che menano come fabbri ma sono anche abili in irruzioni silenziose. E così, in questo secondo film che Gudegast scrive da solo (senza la collaborazione di Paul Scheuring, il creatore e showrunner di Prison Break), gli orizzonti si allargano, Heat si mescola con Miami Vice (guarda caso, sempre con lo zampino di Mann), Ronin e Fast and Furious – che sembra l’ispirazione anche per l’ipotetico sviluppo di una serie, ambientata in continenti diversi e ogni volta ispirata a un furto diverso.
A questo cambio di rotta, più o meno, corrisponde un tono diverso, vicino alla buddy comedy, con Butler sempre più gigione e gli altri a reggergli il gioco. Ad aumentare sono soprattutto le sequenze di azione e suspense, coordinate – assieme a Gudegast – da Dan Adams, Miguel Arregui e José Antonio Oña Sánchez con Lee Huang come coreografo dei combattimenti. In particolare, meritano la citazione l’ingresso al centro tramite bastoni usati come ponti tra due palazzi e un inseguimento stradale per le vie di una Nizza notturna.
Certo, dura troppo visto il materiale e a disposizione, proprio come il prototipo, e la struttura rischia di incartarsi, ma Butler e soci – tra cui Salvatore Esposito nei panni di un criminale slavo e Fortunato Cerlino mafioso al soldo dei sardi – valgono l’attesa e Gudegast, assieme ai suoi operatori (capeggiati dal direttore della fotografia Terry Stacey), sanno gestire la suspense riuscendo persino a camuffare quell’odore di birra e costine di maiale fritte che aleggia lungo le coste di Tenerife, travestite da Costa Azzurra.