Mamma mia!
Non c’è espressione migliore per descrivere il fenomeno che è stato Super Mario Bros. – Il Film al suo primo weekend nei cinema di tutto il mondo. Record di incassi per un film d’animazione (si parla di 375 milioni in tutto il mondo) e un entusiasmo, da parte della maggior parte del pubblico, che ha dato vita a veri e propri tormentoni (come la canzone Peaches cantata da Jack Black, già si parla – in maniera semiseria – di Oscar 2024).
La trasposizione cinematografica e animata del celebre idraulico di casa Nintendo è già un successo, eppure non possiamo che ripensare a quella tipica espressione che il baffuto eroe pronuncia spesso per descrivere anche il rovescio della medaglia.
Come succede sempre più spesso, anche Super Mario Bros. – Il Film ha diviso pubblico e critica. Se gli spettatori paganti sembrano adorare l’avventura animata di Mario, Luigi, Peaches, Toad e Donkey Kong, la critica (soprattutto quella statunitense) si è dimostrata più fredda del previsto, ritenendolo a conti fatti un film colorato, pieno di easter eggs ma troppo vuoto e superficiale. Pare esserci poco di interessante nel film diretto da Aaron Horvath e Michael Jelenic, così poco da far provare un brivido di nostalgia per l’adattamento cinematografico del 1993, ora considerato originale, incompreso, pronto a essere rivalutato.
E non possiamo che pronunciare “Mamma mia!” pensando a questa frattura tra addetti ai lavori e spettatori generalisti (che poi si ripercuote anche in una bolla di giovani cinefili pronti a snobbare i grandi successi al botteghino, qualsiasi sia il titolo o la tipologia di film) che mette in luce, se mai ce ne fosse uno, il problema di Super Mario Bros. – Il film.
Anzi, se proprio vogliamo, noi di problemi ne abbiamo trovati tre.
Il problema della qualità
Siamo sempre più polarizzati, sempre più estremisti. Nell’immagine di noi che vogliamo dare al mondo, attraverso il web e i social, abbiamo aumentato così tanto il valore del contrasto che abbiamo perso ombre e sfumature. Ed è così che, sempre più spesso, elogiamo il post-prodotto e non apprezziamo il valore della semplicità. Quello che ascoltiamo, che facciamo, che vediamo, può essere posto solo ai due estremi: quello della schifezza e quello del capolavoro. Ne facciamo una questione di qualità, perdendo di vista proprio il significato della parola.
Super Mario Bros. – Il film non è un capolavoro, e va bene così. È “semplicemente” un bel film, capace di catalizzare l’attenzione di un pubblico eterogeneo in tutta la sua (esigua? giusta?) durata. Perché sì, il tono è a misura di bambino, le citazioni e i riferimenti sono per gli adulti che con Mario ci hanno passato una vita, joypad in mano, ma il piacere della visione nella sala piena è di tutti.
Era la via più semplice? Forse la più ovvia, ma tutt’altro che facile. Ed è così che il film d’animazione usa proprio questa tecnica per sottolineare la follia e la creatività del mondo creato da Shigeru Miyamoto. Un film che può esistere solo all’interno dei confini dell’animazione, con le sue stranezze, il suo ritmo indiavolato, le sue inquadrature che soffrono di horror vacui e la regia dinamica che va oltre le leggi della fisica, rappresentando un mondo sì tridimensionale e moderno, ma pronto a giocare con la profondità (meravigliose le sequenze in cui si riprende lo scorrimento orizzontale dei videogiochi). Se dobbiamo parlare di qualità, ammettiamo che Super Mario Bros. – Il Film è un piccolo gioiello di creatività, capace di non prendersi mai troppo sul serio.
Il problema della storia
D’altronde, come potrebbe farlo? A Super Mario non servono le storie serie. Il celebre videogioco di casa Nintendo funziona proprio per il suo appoggiarsi a un gameplay puro, rinunciando totalmente alla narrazione e lasciando che siano le dita del giocatore a essere il motore di tutto. Super Mario Bros. non è storia, ma world-building.
Perfettamente consapevole della sua materia ludica, il film non vuole andare oltre una trama semplicissima che richiama l’avventura più classica possibile (un eroe per caso si ritrova in un mondo fantastico e deve aiutare a sconfiggere un pericoloso nemico) perché sa che è l’unico modo per portare a casa il risultato.
Allora poco importa la visione dark del live action del 1993 dimenticato (a ragione) da tutti sino a qualche giorno fa, poco serve aggiungere substrati psicologici o intellettuali per un film che vuole essere schietto e diretto come le vecchie cartucce di una volta, a cui bastava accendere la console, premere Start e iniziare la partita. D’altronde, la storia di Mario è tutta qua: correre e saltare. E come corre questo film nell’arrivare dritto al punto, come salta di personaggio in personaggio senza annoiare mai. Consapevole di dover dialogare con grandi e piccini, Super Mario Bros. – Il Film accoglie a braccia aperte la sua “isola della stupidera”, sperando di farcela risvegliare. Lo fa con gli easter eggs (che non sostituiscono la trama), lo fa con le citazioni della storica colonna sonora di Koji Kondo inserite nelle composizioni di Brian Tyler, lo fa consapevole di trattare una materia che milioni di persone conoscono (a che serve spiegare meglio il potere di un fungo che fa crescere Mario quando fa parte dell’immaginario collettivo della cultura pop?).
Si potrebbe rispondere che i media sono diversi: ciò che funziona in un videogioco platform non è per forza funzionale anche nel linguaggio cinematografico. Ed è vero: il cinema è un’arte decisamente più attenta alla narrazione per immagini e al patto tacito tra schermo e spettatore di poter essere trascinato all’interno di una storia. Ci sono, però, due modi diversi di adattare un’opera da un medium all’altro: rispettarne la trama o rispettarne lo spirito. Super Mario Bros. – Il Film ne onora lo spirito.
Il nostro problema
Allora non meravigliamoci se Super Mario Bros. – Il Film si tratta, in fin dei conti, di un’operazione commerciale che funziona sia come opera audiovisiva che come spot commerciale per Nintendo e i videogiochi di Super Mario (come se fosse un male, non sarà il primo e non sarà l’ultimo prodotto di un’industria culturale che rimane comunque industria). Meravigliamoci, invece, di quanto siamo diventati cinici e insensibili per non rimanere abbagliati dal ritmo indiavolato, dalla ricchezza visiva, dalla comicità scema che sembra provenire dalla genesi dell’umorismo (un marchio di fabbrica per la Illumination, che con i Minions ha riportato al cinema il cinema di Keaton, Chaplin, Lloyd e Langdon) per fare il giro e tornare a noi.
Insomma, non è che abbiamo dimenticato come divertirci apprezzando il grado zero dell’intrattenimento? Che non vuol dire accontentarsi di quello che ci viene proposto (quello non va mai bene e anzi, nel cinema più mainstream e commerciale, sembra che alcune cose stiano cambiando), ma comprendere cos’ha da offrire un determinato film, senza aspettarsi qualcosa di superiore che risulterebbe addirittura contro natura.
Questo forse è il problema più grande di Super Mario Bros. – Il Film, ma non è un problema del film. È un problema nostro. Che ci costruiamo aspettative e guardiamo lo schermo sperando in uno specchio delle nostre idee, senza avere la leggerezza di nasconderci nei confronti dell’opera. È un problema del pubblico (che probabilmente, con l’offerta continua e infinita delle piattaforme streaming, vuole sentire la specialità del cinema) quanto della critica, che si approccia a film come spettatori della prima ora, cadendo in quella stessa illusione che dovrebbe svelare. E certo, è una bella sorpresa, quando il fungo mangiato non è rosso, ma viola, e al posto di sentirsi grandi ci si ritrova rimpiccioliti.
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