È in arrivo, dal 24 aprile in sala per Warner, l’ultima opera di Luca Guadagnino con protagonisti Zendaya, Mike Faist e Josh O’Connor. Challengers era uno dei film più attesi degli ultimi tempi: avrebbe dovuto aprire la scorsa edizione di Venezia ma, a causa dello sciopero degli attori, la proiezione è saltata e solo nelle ultime ore il film è stato presentato in anteprima in tante sale a livello internazionale. Possiamo tranquillamente affermare che l’attesa ne sia valsa la pena.
Challengers è un intenso dramma sentimentale, un triangolo d’amore e di sesso spalmato in diverse linee temporali. Un tesissimo gioco di seduzione, manipolazione e prevaricazione che che utilizza la trans agonistica come principale valvola di sfogo e metafora. È anche una riflessione sulla funzionalità e sensualità dei corpi, i quali vengono usati da Guadagnino anche per raccontare un sottotema omoerotico.
Tashi (Zendaya) è un’ex tennista prodigio che adesso allena il marito Art (Mike Faist), alle prese con diverse sconfitte e nel pieno di una crisi identitaria. Le cose prendono una piega inaspettata quando Art ritrova Patrick (Josh O’Connor), miglior amico di lui e fidanzato di Tashi in età adolescenziale, come avversario sul campo di gioco di un torneo minore. Il nuovo film di Guadagnino è molto sexy e tanto bisessuale: la nostra recensione.
Genere: Drammatico, sentimentale, sportivo
Durata: 131 minuti
Uscita: 24 aprile 2024 (Cinema)
Cast: Zendaya, Mike Faist, Josh O’connor
La tensione, il campo, i corpi
Challengers non è puramente un film sportivo, come accennato, perché non interessato alla centralità del risultato in campo e privo dei tropi narrativi caratteristici dell’impresa sportiva e del viaggio eroico dell’atleta. Il campo, semmai, diventa luogo di scontro e confronto simbolico: arena dove le dinamiche di tensione, controllo e ossessione – quella dei tre protagonisti – trovano la loro espressione più efficace. Il triangolo, che a tratti assume anche forme diverse, si snocciola dunque in 13 anni con continui cambiamenti di prospettiva. Non siamo neanche di fronte a un film erotico: la sessualità gioca un ruolo importante ma rimane tutto sommato piuttosto contenuta. Nulla a che vedere con un Basic Instinct, ad esempio. È ciò che è a fior di pelle, pulsante e mai compiuto, che interessa davvero al regista e che rende il film sensuale e suggestivo.
La riuscita del film, oltre che nelle interpretazioni e nella scrittura, la troviamo soprattutto nella regia di Guadagnino: è, come sempre, estremamente sensoriale ma stavolta anche più dinamica del solito. Il regista di Chiamami col tuo nome propone frequentemente carrellate a entrare e uscire dal campo, lunghissime sequenze di tennis, lunghi rallenty, racchette rotte al suolo, scatti di rabbia e inquadrature soggettive che raccontano i punti di vista dei giocatori. È nella tensione passivo-aggressiva che caratterizza la competizione tra Art e Patrick che troviamo una certa bisessualità, tra la bromance del loro passato fino ad arrivare a rappresentazioni ripetute di sudore sui loro corpi nel campo così come nelle saune.
Tashi, Art e Patrick
Art e Patrick sono amici d’infanzia e compagni di gioco. Quando, a 18 anni, conoscono Tashi il loro rapporto inizia fin da subito a cambiare: vedono in lei, giovane stella del tennis ambiziosa e carismatica, non solo una ragazza interessante per dei giovani ai primi approcci romantici ma soprattutto un’occasione di elevare il loro status da esordienti alle prime palline a uomini compiuti. Per Tashi, Art e Patrick rappresentano una sorta di esercizio di potere e controllo, parallelo ma profondamente legato al suo percorso professionale nel mondo del tennis. Le loro carriere, così come i loro rapporti, prendono parabole diverse ma sempre intrecciate in un rapporto di interdipendenza attraverso il quale esercitare seduzione e prevaricazione.
Il problema del film, forse, lo troviamo soprattutto in lei: rappresenta una sorta di salto di un tappo che comporta la messa in moto del percorso di Art e Patrick, mettendoli di fronte alla loro fragilissima mascolinità e al loro complicato rapporto con sessualità e amicizia maschile. Tashi stessa, però, risulta piuttosto bidimensionale rispetto ai due e tutto sommato relegata un po’ sullo sfondo. Abbastanza statica, soprattutto se confrontata alla dinamica evolutiva dei ragazzi, e un po’ incastrata nello stereotipo della donna emotivamente costipata, sexy e controllante. Di fatto quasi registica nel manovrare le vicende dei suoi co-protagonisti. Il rischio di una rappresentazione misogina viene tuttavia evitato discretamente dall’ottima interpretazione di Zendaya, che riesce a dare profondità e dignità al suo personaggio.
Un film intenso e ricchissimo
La sceneggiatura è abile nel bilanciare i tanti incastri narrativi e continui salti temporali, rischiando a tratti di confondere lo spettatore ma riuscendo alla fine a mantenere controllo e chiarezza, tranne forse in un paio di passaggi meno riusciti. Ma se Challengers alla fine risulta un ottimo film, forse anche un grande film da certi punti di vista, è merito principalmente del signore alla regia. Il soggetto, difatti, tutto sommato non è originalissimo: è, potenzialmente, un triangolo sentimentale come tanti altri, con maschi competitivi e una donna seducente fra di loro. Ma lo sguardo del regista rende il prodotto molto, molto più di questo perché è attraverso la messa in scena che lo spettatore è in grado di assistere a un lavoro meno binario sul piano della rappresentazione dei generi.
Challengers è inoltre un film intensissimo che ignora con successo la regola less is more (meno è di più) riempiendo il film di elementi visivi, cambiamenti di scenari costanti, lunghi incontri sportivi, colpi di scena, un po’ di melodramma. Funziona alla grande la musica elettronica di Trent Reznor e Atticus Ross, proposta e riproposta in modo quasi esasperato; è un po’ folle ma perfetto e quadrato il montaggio del tantissimo materiale girato sul set. Sono di alto livello i costumi, utili a caratterizzare il lucido caos dei personaggi: la più fredda Tashi, il più dimesso Art e il più squallido Patrick.
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Conclusioni
Usciamo dalla visione di Challengers, ultima opera di Luca Guadagnino con Zendaya, Mike Faist e Josh O'Connor, con soddisfazione. Il film, intensissimo, racconta di un triangolo d'amore e di sesso che si basa su seduzione e prevaricazione utilizzando il contesto tennistico come metafora. La regia di Guadagnino, l'utilizzo della musica e dei costumi elevano una sceneggiatura non perfetta valorizzando il sottotema bisessuale e omoerotico del film. Di alto livello le interpretazioni e il coinvolgimento visivo, soprattutto per quanto riguarda le lunghe e spettacolari sequenze di tennis.
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Voto Screenworld